Daniel Jones passeggia sui Bears (Chicago Bears vs New York Giants 12-20)

Sfida tra piccole. Sfida tra deluse. Chicago Bears e New York Giants si affrontano in una quarta giornata povera di emozioni al MetLife Stadium nonostante i rispettivi record dicano 2-1.

Una delle due squadre cederà il passo sprofondando nel baratro (perchè perdere contro Bears o Giants è piuttosto grave oggi giorno) lasciando modo all’altra di incamminarsi verso un 3-1 che porterà più illusioni che gioie.

L’occasione è perfetta per Saquon Barkley, per riaccendere alcune delle sue fiammate più roventi: 31 portate e 146 yard più 16 in ricezione regalano a Barkley una bella domenica, una di quelle che aumentano morale e fiducia a livello personale. Ma il vero protagonista è Daniel Jones.

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Il prodotto di Duke cammina sopra ad una Chicago passiva con la serenità di che sta andando a raccogliere le castagne in montagna per rilassarsi: Jones vince la sua partita completando soltanto 8 dei 13 lanci effettuati ed è bravo ad infilarsi nelle voragini concesse dalla difesa di Alan Williams. Sono 2 i touchdown dell’incontro, ed entrambi portano la firma di Daniel Jones su corsa.

La strategia offensiva di Mike Kafka non è certo tra le più creative, all’offensive coordinator di NY basta mettere palla in mano al running back e farla correre per aver la meglio su questi Bears, poveri sulla carta e nei contenuti.

Chicago non ha alchimia, non ha una linea difensiva all’altezza della NFL e non ha una linea offensiva in grado di proteggere il suo quarterback, ma quest’ultima non è una novità; Fields si ritrova con la schiena sull’erba per ben 6 volte e soppesando la difesa dei Giants, con tutto il rispetto, i 6 sack incassati sono inaccettabili.

Forse, a questo punto, possiamo anche dire che oltre a tutto questo Chicago non abbia nemmeno delle basi solide per potersi rilanciare perchè Eberflus non ha mostrato una virgola in più rispetto a quanto fatto da Nagy nel recente passato, e perchè Luke Getsy non si sta dimostrando all’altezza del compito di sviluppare un giovane QB di prospettiva come Fields.

Facile fare il fenomeno alle spalle di un Aaron Rodgers veterano, non della stessa semplicità invece è il compito di prendere Fields e portarlo a crescere. Poi non credo nemmeno sia corretto addossare tutte le colpe agli allenatori o al coaching staff in generale perchè chi scende in campo ha dei doveri ben precisi e, a prescindere dalle strategie offenvie, dalle linee che ti abbandonano, o dal fatto che non hai un punto di riferimento per il tuo attacco che possiada spalle abbastanza larghe per sorreggere il reparto, contro i New York Giants un touchdown che sia uno in sessanta maledetti minuti lo devi segnare!

Justin Fields è al suo secondo anno, al primo anno le colpe si possono scaricare sugli altri o sull’inesperienza. Al secondo anno no. L’atteggiamento non è quello giusto, il QB rating di Fields in Week 4 corrisponde ad un preoccupantissimo 35,2 ed il fatto che questo ragazzo non sia mai in grado di oltrepassare le 200 yard nella NFL moderna è un problema molto serio. Poi sì, Fields corre quando non lo ammazzano a valanga ma comunque per disporre di certe gambe e di quella velocità fulminante (tra le più impressionanti nella lega) corre troppo poco. Resta da definire se questo sia un problema suo o di chi lo allena, ma per noi che facciamo le valutazioni al lunedì mattina il problema rimane suo.

Dunque pick sprecata, quella di Fields?

No, assolutamente!

Il fatto di aver provato a selezionare il QB più forte rimasto sulla lavagna non si può e non si deve rimpiangere. Ma il fatto di non aver potuto svilupparlo a dovere un talento, o di non essere stati in grado di mettergli intorno gente adatta, allenatori o compagni di squadra che siano, quello sì bisogna recriminarlo. Quello è un problema più che serio, dal quale deriveranno sempre altri problemi. E questo problema è solo e unicamente riconducibile alla società.

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Che la stagione dei Chicago Bears sarebbe stata uno scempio totale lo sapevamo, ma la nostra speranza era quella di intravedere dei cambiamenti nell’approccio e nel sistema; invece siamo qui a domandarci cosa sia cambiato rispetto alle bugie di Nagy, o alle tristi verità di John Fox.

Nessuno fa delle tragedie per una sconfitta, quantomeno non in questa annata balorda e se vogliamo anche poco coinvolgente a livello generale perchè la sensazione è che la NFL, quantomeno per ora, abbia perso un pò di interesse e risulti più leggibile che mai, ma è corretto arrabbiarsi come tifosi per quanto poco si sia visto ieri dai Bears. Nessuno, qui, vuole raggiungere playoff o vette impossibili: conosciamo il nostro ambiente e sappiamo di essere scarsi e senza attenuanti, semplicemente si vorrebbe notare quel cambiamento nella cultura che invece tarda ad arrivare.

Ora il quesito che non trova risposta è se questo cambiamento arriverà con un pò di ritardo sulla tabella di marcia, oppure non arriverà mai. Fino al prossimo cambiamento…

alex cavatton firma area 54

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