Il Riassunto di Week 15 NCAA

Week 15 solitamente coincide con il weekend dei Championship game delle varie Conference, ossia con la prima settimana di post season, che si conclude con la selection sunday. Di fatto, comunque, dei 130 programmi della FBS, 128 hanno già irrevocabilmente chiuso il capitolo “regular season”, e gli altri due sono Army e Navy. Quest’anno, come sapete, è stato tutto diverso, ed è così che in week 15 ci siamo trovati ancora nel bel mezzo della stagione regolare, con l’ “America’s Game” depredato di un po’ del suo fascino catalizzante dalla moltitudine di match giocati in contemporanea ad esso.

E settimana prossima lo scherzo si ripeterà: ci saranno, sì, i Championship game, ma per molte squadre sarà ancora stagione regolare. Una storica week 16 di stagione regolare.

Come avete capito, un bel marasma in salsa 2020. Ma noi siamo qui per fare chiarezza.

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E quindi tentiamo di ricomporre quanto accaduto in week 15, partendo, come da tradizione, dalle vittorie in pantofole, il che significa, almeno in questa stagione, che partiamo da Alabama. I Tide superano agevolmente Arkansas a domicilio 52-3 senza necessità di richiedere straordinari di alcun tipo ai propri gioielli, affidandosi ad un front difensivo autore di 7 sack (e una miriade di pressioni) al povero Feleipe Franks, che ha chiuso con la miseria di 90 yard. Sul velluto la strada dei Tide verso i playoff, anche perché… beh, ci arriviamo.

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Vince facile anche Georgia, 49-14 contro Missouri grazie alle prove impressionanti del RB Zamir White e del WR George Pickens. Vince in scioltezza anche Oklahoma State, che supera con leggerezza 42-3 una Baylor che saluta il QB Charlie Brewer, entrato nel portal. Vittorie facili anche per TCU, per Florida State su Duke (con i Noles che annunciano l’arrivo del QB McKenzie Milton da UCF) e per Northwestern, che batte 28-10 Illinois accaparrandosi il Land of Lincoln Trophy e causando il licenziamento di Lovie Smith. Anche BYU torna alla vittoria dopo lo storico scivolone di settimana scorsa, battendo in casa San Diego State 28-14.

Infine, per chiudere il capitolo sulle vittorie in allegria, dobbiamo citare alemeno altre due gare.

La prima “rullata” da citare è quella di North Carolina, che ha saccheggiato Miami Gardens correndo sopra alla difesa degli Hurricanes come fecero gli Unni ad Aquileia: le 554 rushing yards concesse sono la statistica più elevata della storia di The U. Il palindromo 62-26 finale è davvero un brutto modo per chiudere una stagione regolare da molti etichettata come quella “della rinascita” dei Canes. L’8-2 (che potrà diventare 9-2 o 8-3 dopo il bowl) di quest’anno è comunque un’ottima base da cui partire. Ma quelle 2 L sono state molto, troppo, pesanti, e dovranno essere studiate a fondo dallo staff di Manny Diaz.

L’altra è stata il Duel in the Desert disputato venerdì notte in Arizona, che di “duel” ha avuto ben poco. C’è stata una sola squadra in campo nel vero e proprio senso dell’espressione, ossia che tutti e 22 i giocatori sul gridiron sembravano perseguire lo stesso obiettivo: far segnare Arizona State. Dato abbastanza eloquente è quello dei turnover: 7 (!) per Arizona, nessuno per ASU. 70-7 il finale, peggior sconfitta di sempre per gli Wildcats e licenziamento immediato per Kevin Sumlin. E intanto i diavoletti festeggiano la quarta Territorial Cup consecutiva…

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Arivvando, invece, alle vittorie “normali”, e procedendo in modo più ordinato, ricordiamo in ACC la vittoria di Virginia Tech sui rivali di UVa, vendicando la rocambolesca sconfitta dell’anno scorso e riprendendosi la Commonwealth Cup.

In SEC, oltre alle partite di Georgia e Alabama, si è giocato anche il derby del Tennessee, vinto dai Vols per 42-17 al termine di una partita che sarebbe stata dimenticabilissima non fosse stato per i due extra point segnati dalla kicker di Vandy Sarah Fuller, che dopo essere stata la prima donna ad aver esordito in una gara di football collegiale, diviene anche la prima ad andare a segno, complice anche una pressione solo accennata da parte dello special team di UT, sulle motivazioni della quale preferiamo sorvolare.

Gus Malzahn viene licenziato da Auburn, nonostante la vittoria per 24-10 su Mississippi State, lasciando così scoperta una delle panchine più rilevanti del South East.

E, infine, si è giocata Florida-LSU. In una Gainsville dal clima che sembrava uscito dalla penna di Stephen King, i Gators hanno vissuto una serata storta che ha finito per trasformarsi in un personale horror, vedendoli capitolare a causa di un field goal dalle 57 yard. Fatica Trask (che perde forse la posizione da favorito per l’Heisman) e fatica la difesa che concede 239 yard e 3 TD al QB freshman Max Johnson. Florida ha così gettato (lontano almeno 25 yard) le proprie speranze playoff assieme alla scarpa del TE dei Tigers Kole Taylor. Certo non la giocata dell’anno per il CB Marco Wilson, che ha regalato un primo down cruciale al termine della gara. Ma se LSU alla fine, nel nebbione dello Swamp, ha trionfato, lo deve soprattutto ad un’altra scarpa, o meglio, piede: quella/o del kicker Cade York, autore del decisivo field goal (tra l’altro, il più lungo nella storia dei gialloviola).

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In BigTen la gara di cartello era Iowa-Wisconsin, chiusa 28-7 per gli Hawkeyes. Male, molto male i Badgers, completamente incapaci di produrre alcunché offensivamente. Male Graham Mertz, che dopo l’exploit dell’esordio ha peggiorato di partita in partita il proprio rendimento. Superbo, come al solito, il duo di runningback Mekhi Sargent e Tyler Goodson di Iowa, e da sottolineare anche la prova del WR Ihmir Smith-Marsette. Altra cosa da sottolineare è la “spazzata” del punter di Iowa, liberamente ispiratosi ai peggiori terzini di categoria. Ma gli va dato atto che il clima del Midwest sa essere brutale, e in serate come queste, controllare quei palloni può non essere facile.

Sempre in BigTen vince Penn State, che tenta di chiudere con un minimo di decoro la propria stagione, vince Minnesota su Nebraska e vince anche la mitica Rutgers di Greg Schiano, che trova così la terza vittoria della sua soddisfacente annata.

Nella Pac-12 si ferma la corsa dei Bufali di Colorado, che nella neve di Boulder si fanno rimontare e sovrastare dagli Utes, evidentemente meglio equipaggiati per il clima rigidissimo.

Vince anche Stanford, che supera di misura Oregon State a Corvallis, grazie ad un field goal nel finale.

E, infine, USC-UCLA. Victory Bell che resta in cardinal, al termine di una partita godibilissima. UCLA parte fortissimo, guidata da un Dorian Thompson-Robinson praticamente immacolato fino all’intercetto lanciato a fine terzo quarto (era 22/25 per quasi 300 yard e 4 TD), poi si affievolisce lui, e con lui il suo attacco, e si apre il sipario per la rimonta dei Trojans. Mi verrebbe da dire: la solita rimonta dei Trojans. Dopo aver completato la rimonta nell’ultimo quarto, e aver messo per la prima volta il muso avanti nell’ultimo quarto, i Trojans si son visti nuovamente scavalcati dai Bruins con il field goal del 38-36, e con la miseria di 56 secondi rimasti sul cronometro. Ma questa è quest’anno la “zona Kedon Slovis”, visto che per la terza volta in cinque giornate è riuscito a levare le castagne dal fuoco a pochi istanti dal gong, pescando il solito Amon-Ra Saint Brown per il touchdown che è valso la Campana.

Nella Sun Belt mantiene l’imbattibilità, anche se con un brivido, Coastal Carolina, che ha battuto 42-38 Troy grazie ad un touchdown a 35 secondi dalla fine.

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Resta imbattuta anche San José State, grazie alla rimonta nel secondo tempo su Nevada, e approccia così la settimana del Mountain West Championship forte di un record di 6-0 – miglior “partenza” dal 1939 per l’ateneo. Settimana prossima ospiterà la solita Boise State, che ha superato con fatica Wyoming 17-9, guadagnandosi così l’onore di sfidare gli imbattuti Spartans per il titolo di conference.

E, infine, la MAC. La nostra amata MAC, che anche in questo weekend ci ha regalato alcune perle. La finale sarà, nonostante tutto, tra Buffalo – ancora vittoriosa, record vergine – e Ball State. Il perché del “nonostante tutto” sta nel video qui sotto (giocata, ahinoi, invalidata da un passaggio in avanti illegale).

Non potevamo che chiudere con l’”America’s Game”, tenutosi per la prima volta da oltre 70 anni a West Point, in una cornice perfetta per una gara di questo tipo (condizioni atmosferiche incluse). È stata la solita rievocazione del football anni Settanta, con le due squadre a fronteggiarsi con personali pesanti e formazioni dimenticate, come la flexbone (tanto cara a Jeff Monken) e mettendo in mostra i soliti concetti di triple option e single wing offense (sempre più irrintracciabili oggigiorno). Army ha sfoggiato una divisa camouflage resa ancor più camaleontica dalla foschia di West Point, tanto che a tratti i Knights sembravano davvero spuntare dal nulla, come d’altronde dovrebbero sempre fare i soldati in un campo di battaglia (e quello di sabato, lo era). Grazie anche alle loro divise, alla fine, la vincono i Cadets con un perfetto 15-0, nel quale l’highlight della serata è stato il goal line stand del terzo quarto, che ha tagliato le gambe ai Midshipmen.

La stagione, nonostante per qualcuno sia iniziata di fatto l’altro ieri, è agli sgoccioli. Ma il meglio, statene certi, deve ancora venire!

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