Joe Staley ha deciso di ritirarsi

Joe Staley, dopo 13 anni tutti passati nei San Francisco 49ers come offensive tackle, ha deciso di ritirarsi. Scelto al primo giro del Draft del 2007 Joe si ritira dopo aver giocato 181 partite nella NFL con due partecipazioni al Super Bowl, 6 Pro Bowl ed essere stato selezionato per l’All Rookie Team nel 2007.

Abbiamo chiesto a due tifosi 49ers, Gianluigi e Davide, di raccontarci il loro Joe Staley.

Gianluigi

Non posso credere che una rivista abbia chiesto a due scappati di casa come noi di scrivere un pezzo (per lo meno non ho il coraggio di chiamarlo articolo) sul ritiro di Joe Staley.
Di Joe Staley in squadra ognuno vorrebbe averne due, uno per reparto. Se si è fortunati, se ne riesce ad avere uno, magari solo per qualche stagione.
Da noi questo istrionico e multi-talentuoso ragazzone ha protetto il lato cieco per tredici anni filati. Credo gli sia toccato anche J.T. O’Sullivan, l’ho scritto senza googlare (e non intendo certo farlo)
Che fortuna sfacciata.
Un magnete di allegria e buonumore. Una posata testa di cazzo, sempre in grado di tirare su il morale della squadra, prima ancora di aiutare un compagno.
La sua carriera è iniziata in un’altra era della mia vita, eppure non sembra passato così tanto tempo. L’ho scritto sopra che ha giocato 13 anni, ma quello era un semplice dato statistico. Ora sto cercando di ricordarne qualche gesta particolare, di inquadrare il periodo. E’ andato tutto così velocemente in questi 13 anni di Staley…
E’ arrivato mentre annaspavamo per rifondare senza però riuscirci, quando la franchigia era tutta sbagliata.
C’è stato durante la rivoluzione Harbaugh.
Ha stretto i denti nei due anni successivi al quadriennio di Jimbo.
Lì ha vacillato, ma Kyle lo ha convinto ad un ultimo giro di giostra durato tre anni.
Mi dispiace veramente tanto. Speravo che avesse almeno un altro paio di stagioni in the tank.

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Meritava che la sua maledetta ultima partita finisse in modo diverso. E questo pensiero ha fatto riaffiorare il dispiacere che ho, da mesi, relegato in un angolo buio e profondo della mia mente. Quando ho appreso della trade per Trent Williams ho provato a fantasticare per un attimo che avrebbero spostato McGlinchey (il suo pupillo, il suo erede) all’interno, ma questo illusorio artifizio è durato solo una manciata di secondi.
Da giocatore lo ricordo per due interventi meravigliosi. La pull contro i Saints, nel divisional del 2011, quando bloccò mirabilmente per la keeper di Alex Smith, livellando la Safety dei Saints.
E due anni dopo, nella prima partita di campionato contro i Packers. Soffrì in quella partita, Clay Matthews era un’ira di dio e mise a segno due sacks e mezzo. In quell’azione del secondo quarto è stato Joe ad avere la meglio, poi Kap andrò in scramble sulla sinistra, ma il gorgonzola colpì il 7 ampiamente fuori dal campo. Staley andò a farsi giustizia da solo (come non dovrei dire che è giusto fare), procurandosi una frattura al naso. La sua faccia, col nasone rotto, suturato e sanguinante, resta un’icona nella storia recente della franchigia.

E poi non posso non dare conto delle manifestazioni di affetto dei compagni, primo fra tutti Frank Gore (Jed, pensaci alla statua di questi due fuori casa, please), ma anche di Mc Glinchey (voce narrante del tributo ufficiale della squadra) e, soprattutto, di George Kittle, per quei quaranta secondi finali in cui non riesce a trattenere l’emozione che gli strozza la voce.
Mi auguro che abbia il tempo, oltre che per dedicarsi alla sua bella famiglia (le figlie hanno preso la sua stessa vena ironica), e la voglia di restare in quella che è la sua unica casa, in con un ruolo nel front office o, meglio ancora, sul campo, magari da allenatore, dove la sua sconfinata energia potrà ancora caricare i compagni.

Joe staley retire

Davide

Quando ho letto il nome di J.T. O’Sullivan ho sobbalzato, che flash, e che periodo imbarazzante per i 49ers, periodo che mi ha allontanato da loro, con Nolan che insisteva a scendere in campo in giacca e cravatta, qualcuno doveva avvertirlo che l’abito non fa il monaco. Suvvia.
Eppure in quei bui periodi durati un’eternità qualcuno ha saputo selezionare dei buoni giocatori, alcuni molto, molto buoni.
Staley era tra questi.
Colonna portante della linea d’attacco, hai riassunto la sua prepotente e rassicurante presenza a fianco dei nostri quarterback, sia i più scarsi che quelli che ci hanno portato più lontano sia nei playoff che fino al Super Bowl. E non starò qui ad analizzare come sia andata a finire. E’ andata a finire che per 13 anni ha aiutato sia sui lanci che sulle corse e, soprattutto, negli spogliatoi ergendosi a capitano della squadra, motivatore, esempio.

Che ci sia stata un’affinità speciale con Frank Gore è risaputo, Frank ha fatto molto per i Niners ed è un giocatore che ha dimostrato il suo valore, ma se la linea di attacco non ti supporta, chiunque avrebbe difficoltà ad emergere. Frank è stato fortunato a trovare, tra gli altri, Joe, e Joe è stato fortunato ad aver come compagno un running back dalle capacità di Frank. E anche Alex e (ebbene sì sto per fare il nome di colui che tanti odiano) di Colin.
Negli anni di Harbaugh, Staley ha contribuito a formare una delle squadre più forti e temute nella NFL.
Con Jimmy G. ha avuto più sfortuna, nel 2018 Garoppolo si è rotto e quindi il meccanismo non abbiamo potuto vederlo in azione, nel 2019 invece è toccato a Joe essere a mezzo servizio, se non di meno.
Peccato.

Eppure siamo arrivati lì dove all’inizio della stagione nessuno credeva, a giocarcela in finale con i più forti, contro il talento puro del numero 15 di KC.
Ci siamo andati di prepotenza in finale e sì, anche per Joe, se lo meritava un altro giro sul carosello del Super Bowl.
E’ andata com’è andata.
Sono d’accordo però sull’eredità che lascia, la voglia di vincere che ha instillato nei suoi compagni, la crescita di McGlinchey sicuramente è dovuta anche alla presenza e all’aiuto di Staley.
Se una squadra funziona, funziona perché dalla testa ai piedi è tutto coordinato, non serve a nulla avere un QB o un WR superstar (magari con un carattere iperegoista) se il contorno è insipido, non andrebbero comunque da nessuna parte, certo poi ci vuole il momento in cui il leader fa sentire la sua voce, nei momenti di sconforto, nelle sconfitte, che aiuti la squadra a reagire e rialzarsi.
Quando si trovano queste persone la squadra si rialza. E i tifosi ringraziano.
Grazie Joe.

Gianluigi e Davide fanno parte di 49ers Italian Fan club

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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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