Chi non può vincere il Super Bowl: la regola del 15%

Posso dirvi con assoluta certezza chi non vincerà il prossimo Super Bowl. La Free agency è appena agli inizi e il draft è ancora lontano, ma si può già dire chi non ha le carte in regola per farcela.

Facile direte voi, basta prendere le ultime in classifica come i Jacksonville Jaguars o i Detroit Lions e il pronostico è scontato. Vi ricordo che i Cincinnati Bengals sono arrivati ad un minuto e mezzo dal vincere il Super Bowl e un anno fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di loro, quindi non concordo con la teoria che gli ultimi dell’anno precedente non hanno chance, o meglio i Detroit Lions quasi non ne hanno in effetti, spiegherò poi il perché, ma i Jacksonville Jaguars incredibilmente sì!

I Titans di Tannehill e i Vikings di Cousins non possono farcela e neppure i Kansas City Chiefs di Patrick Mahomes, e non per la cessione di Tyreek Hill, ma tutti gli altri sì, anche se per alcuni di loro è probabile che nel breve questa sia la loro ultima occasione.

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Ok, ho stressato a sufficienza la vostra pazienza ed è ora pertanto che vi spieghi quale sia il dato a supporto di questa tesi: nessuna squadra in tempi recenti ha mai vinto il Super Bowl guidata da un quarterback con uno stipendio che avesse un’incidenza sul salary cap della franchigia superiore al 15% del totale.

Analizziamo allora i vincitori degli ultimi dieci Super Bowl e lo stipendio dei loro QB.

ANNO SQUADRA QUARTERBACK STIPENDIO SALARY CAP %
2012 Baltimore Ravens Joe Flacco 8.000.000 $ 120.375.000 $ 6,65
2013 Seattle Seahawks Russell Wilson 681.085 $ 123.600.000 $ 0,6
2014 New England Patriots Tom Brady 14.800.000 $ 133.000.000 $ 11,1
2015 Denver Broncos Peyton Manning 17.500.000 $ 143.280.000 $ 12,2
2016 New England Patriots Tom Brady 13.764.705 $ 155.270.000 $ 8,9
2017 Philadelphia Eagles Nick Foles 1.600.000 $ 167.000.000 $ 1,0
2018 New England Patriots Tom Brady 22.000.000 $ 177.200.000 $ 12,4
2019 Kansas City Chiefs Patrick Mahomes 4.479.776 $ 188.200.000 $ 2,4
2020 Tampa Bay Buccaneers Tom Brady 25.000.000 $ 198.200.000 $ 12,6
2021 Los Angeles Rams Matthew Stafford 20.000.000 $ 182.500.000 $ 11,0
           
2022 ? ? 31.230.000 $ 208.200.000 $ 15,0

Fonte: Spotrac

Da questa tabella si evince come nessuna squadra che abbia un quarterback con uno stipendio incidente sul cap nel 2022 per una cifra superiore ai 32.230.000 $ abbia la possibilità di aggiudicarsi il Lombardi Trophy.

In questa offseason abbiamo visto Rodgers portarsi a casa un contratto da 150.815.000 $ in 3 anni, con un garantito di 101.515.000 $, seguito a stretto giro da Deshaun Watson che è addirittura riuscito a farsi fare un contratto da 230.000.000 $ in 5 anni dai Cleveland Browns con l’intero ammontare garantito.

Si dice che la NFL sia una Copycat League, cioè che le squadre tendano a copiare le tendenze delle squadre più vincenti o in questo caso dei giocatori più prestigiosi. Se questa tendenza venisse confermata, sempre più quarterback andrebbero a richiedere contratti da almeno 50 milioni di dollari l’anno con degli importi garantiti sempre più alti, come avviene ad esempio in NBA.

Le cifre dei contratti sono in realtà molto più complicate da definire rispetto a come ho banalizzato sopra, perché non bisogna pensarli distribuiti uniformemente sui vari anni ma con un’incidenza maggiore negli anni futuri perché le squadre confidano nell’aumento del salary cap, supposizione rivelatasi errata ad esempio per l’emergenza COVID l’anno scorso.

Per questo se analizzassimo l’incidenza media degli stipendi dei vari QB rispetto alla lunghezza complessiva dei loro contratti, la lista di esclusi dal potersi aggiudicare l’anello aumenterebbe, perché supererebbero la percentuale del 15% anche i Green Bay Packers di Aaron Rodgers, i Buffalo Bills di Josh Allen, i Dallas Cowboys di Dak Prescott, i Cleveland Browns di Deshaun Watson, i Denver Broncos di Russell Wilson e i Washington Commanders di Carson Wentz.

Insomma praticamente la quasi totalità delle favorite al titolo in NFL vedrebbero preclusa ogni possibilità di vittoria, ma i General Manager di queste franchigie, ben sapendo quanto sia importante avere un quarterback talentuoso, ma quanto serva anche affiancargli altri giocatori di talento per raggiungere la vittoria, agiscono sui loro ingaggi in modo da creare spazio nel salary cap per allungare il più possibile la finestra utile ad essere una contender. Da qui la fioritura in NFL in questi anni di ristrutturazioni di contratti in essere che fan sembrare gli articoli sulla free agency più degli estratti dii “Edilizia oggi” che delle notizie sportive, per non parlare dei void year per spalmare i bonus su anni fittizi, che mai verranno giocati da quel giocatore, degni delle discussioni sui mutui subprime.

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La mia impressione è che sempre di più i quarterback si divideranno tra quelli che saranno principalmente alla ricerca di lauti contratti e quelli che invece vorranno vincere un titolo rinunciando a qualche milione di ingaggio per permettere alle proprie società di destinarlo a quei giocatori che li possono aiutare nell’impresa.

Naturalmente il primo nome che viene in mente che per anni ha adottato questa politica è quel “vecchietto” a nome Tom Brady, che ha deciso di ritornare quest’anno per tentare un altro assalto al Lombardi Trophy, con uno stipendio di “soli” 20.270.588 €, undicesimo nella lista dei pari ruolo. Questa attenzione a non erodere eccessivamente lo spazio salariale disponibile è stata anche un’arma in mano alla società per far accettare ad altri giocatori di giocare a stipendi inferiori a quelli che avrebbero potuto chiedere, garantendo al contempo un roster più competitivo e aumentando la possibilità di vittoria. Le vittorie seguenti sono state un ulteriore volano per convincere altri free agent, specie veterani, ad accettare questa filosofia e ad attrarre giocatori talentuosi, perché sappiamo come vincere aiuti a vincere.

Altre squadre, come i Cincinnati Bengals e i Los Angeles Chargers, si sono esposte particolarmente in questa free agency in modo da sfruttare al massimo i restanti anni dei rookie contract dei loro giovani QB, tattica che in passato ha pagato ampi dividendi come nel caso di Patrick Mahomes, Russell Wilson e Joe Flacco. Proprio in questi giorni l’acquisizione da parte dei Miami Dolphins di Tyreek Hill sembra indirizzata proprio in quella direzione.

Alcuni giovani quarterback stanno avvicinandosi alla scadenza dei loro rookie contract, Lamar Jackson e Kyler Murray ad esempio, e credo che i General Manager debbano davvero fare una profonda riflessione su cosa fare: seguire la tendenza di investire gran parte del monte salari per loro oppure valutare soluzioni differenti.

Io sono convinto che dati alla mano ci siano le possibilità di provare a spiegare ad alcuni di quei ragazzi, quelli più affamati di vittorie e meno interessati ai soldi, che forse guadagnare il 20% in più l’anno gli può migliorare la vita nell’immediato, ma rinunciare a quella somma gli consente di aumentare sensibilmente le possibilità di vincere un anello ed entrare nella storia con benefici anche economici in prospettiva nettamente superiori. In quest’ottica credo sia importante per le squadre valorizzare sempre di più, nei loro criteri di scelta, i prospetti che dimostrano anche una maturità e sensibilità maggiore all’aspetto agonistico rispetto alla mera ricerca di grandi contratti per fregiarsi del titolo del giocatore più pagato nel ruolo, anche perché quel titolo verrà polverizzato in poco tempo e sarà dimenticato in fretta, mentre la vittoria del Super Bowl verrà ricordata per sempre. I soldi possono essere portati via, il titolo di campione no e tutti i giocatori che non sono riusciti ad aggiudicarselo ricordano sempre come avrebbero barattato tutti i loro guadagni per ottenere la gloria di quel successo.

Un’analisi dell’esempio di Brady in questi anni può essere la molla per invertire la tendenza che si sta sviluppando e la mia impressione è che la soglia del 15% rimarrà probabilmente la discriminante tra la vittoria e la sconfitta, perché il football sarà sicuramente per molte cose un freddo business, ma il carisma di chi dimostra di preferire vincere rinunciando a una discreta parte dei propri guadagni può contribuire a scaldarlo, perché in fondo sono le motivazioni, non i soldi, le basi di ogni vittoria.

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Giorgio Prunotto

Appassionato da 30 anni di football americano e dei Cincinnati Bengals, stregato dal design del loro casco, dalle magie di Boomer Esiason e dalla Ickey Shuffle.

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