Alla fine Lavonte David ha avuto ragione

Abbiamo già avuto modo di constatarlo qualche settimana fa parlando di Matthew Stafford, la consistente brillantezza di alcuni giocatori viene occultata dalla mediocrità della squadra nella quale – testardamente – militano: ciò, nel mio caso, mi permette di interessarmi a tale essere umano/giocatore in un modo diverso, più sincero e disinteressato.
Lavonte David, dal 2012 ad oggi, è stato uno dei migliori linebacker della NFL, un linebacker moderno e completo in grado di eccellere in ogni singolo aspetto del gioco, sia che si parli di portare pressione al quarterback – 7 sacks nel 2013, 5 nel 2015 -, di correre insieme al proprio ricevitore – sesta miglior valutazione PFF in coverage fra i linebacker – o di fare quello che rimane il lavoro principale di ogni linebacker, atterrare qualsiasi cosa si muova nelle sue vicinanze: sempre dal 2012, anno del suo ingresso nella lega, il buon David ha messo a segno 806 solo tackles, 80 in più del divino Bobby Wagner attualmente in seconda posizione.

Per un motivo o per l’altro, però, la gente continua ad ignorarne la grandezza e dare per scontato, o addirittura non apprezzare, l’encomiabile lavoro: volete un esempio non statistico ma più… emotivo?
A voi.
In questi ultimi giorni di festini alcolici in barca, il focus mediatico ha timidamente accarezzato la difesa dei Buccaneers, un reparto iper-veloce e fisico che ha fatto l’impossibile, ovvero annullare per una partita intera quella macchina perfetta che risponde al nome di attacco dei Chiefs: si è parlato ad nauseam dell’imbattibilità di Pierre-Paul ai playoff, delle pressioni portate da un Barrett voglioso di un lauto rinnovo contrattuale, della stazza di Vita Vea, del fatto che Suh abbia finalmente vinto il primo Super Bowl, del riscatto di Carlton Davis, dell’immenso potenziale di Devin White o delle due provvidenziali dita di Winfield il predestinato…

Non manca qualcuno?
Non manca colui che ha dedicato la propria vita professionale ai Tampa Bay Buccaneers?
Non manca il giocatore da più tempo a roster?
Perché continuiamo a sottovalutarlo, a tapparci gli occhi dinanzi alla sua silenziosa ma irreprensibile grandezza?
Posso accettare che malgrado le statistiche sciorinate poc’anzi sia stato convocato ad un solo Pro Bowl, tanto quello si è trasformato in una buffonata, una gara di popolarità senza particolari motivi d’esistere, anche perché fortunatamente chi di dovere ha parzialmente rimediato nominandolo in tre occasioni All-Pro, però personalmente fatico a rimanere calmo e lucido poiché la mancanza di riconoscimenti individuali potrebbe costargli l’opportunità di essere inserito in Hall of Fame.
È inaccettabile che C.J. Mosley abbia “giocato” in quattro Pro Bowl mentre David solamente in uno.

Questo crimine è però da imputare allo stesso David, “colpevole” di essere rimasto fedele ad una squadra che non troppi anni fa annaspava nelle sabbie mobili della mediocrità: al momento sembra impossibile pensarlo, ma giusto un paio di stagioni addietro il reparto difensivo dei Tampa Bay Buccaneers era fra i peggiori della lega.
Ma cosa sto dicendo, i Buccaneers non erano solamente in possesso di un reparto difensivo tristemente inetto, ma pure di una squadra assolutamente incapace di vincere partite e concludere una stagione con un record positivo: nelle prime quattro stagioni passate in NFL David è uscito dal campo vincente solamente in 19 delle 64 partite giocate, eppure ciò non è bastato a convincerlo a svernare verso altri lidi, anche se a parer mio ne avrebbe avuto motivo.

https://twitter.com/belloe_belloe/status/1360206945374855170

In una NFL nella quale un contratto pluriennale diventa obsoleto alla velocità con la quale i Jets danno il benservito all’allenatore che “avrebbe dovuto cambiare la cultura della squadra”, immaginare un individuo che abbia rispettato fino alla fine il contratto firmato nel 2016 senza adeguamenti o – legittime – richieste di aumenti è semi-impossibile, eppure David si è distinto anche sotto questo punto di vista: ma il ragazzo è in grado di parlare o no?
Come può continuare a tenere la testa bassa e non dire mai niente malgrado l’avvilente mancanza di rispetto nei suoi confronti?
Semplice, stiamo parlando di una persona senza ego, un esempio di “compagno di squadra” perfetto esclusivamente interessato al bene della franchigia, non al proprio tornaconto, un inguaribile ottimista i cui sogni di gloria non hanno mai ostacolato i piani del front office.

Ritengo necessario citare un passaggio di un’intervista rilasciata virtualmente pochi giorni prima del Super Bowl poiché a mio avviso rende bene l’idea della persona di cui stiamo parlando, «Whether you’re underrated or not, no matter what’s going on with your success, the team’s success, just stay the course, everything will turn around eventually»: in poco più di una riga ecco a voi il ritratto di Lavonte David il giocatore, Lavonte David l’uomo e Lavonte David il compagno di squadra, leader che ha permesso al reparto difensivo di compiere il salto di qualità coinciso con la vittoria al Super Bowl.
Just stay the course, una versione meno commerciale di quel trust the process con il quale, volenti o nolenti, abbiamo avuto modo di fare conoscenza seguendo la pallacanestro: David è rimasto fedele alla causa, convinto che prima o poi la situazione sarebbe cambiata e che Tampa Bay, squadra da anni in possesso di ottime individualità dal potenziale in grado di farci salivare come un cane di Pavlov qualsiasi, sarebbe eventualmente riuscita a farcela ed a ricompensare la sua commovente fedeltà.
Everything will turn around eventually.

Certo, a volte nella vita serve anche un po’ di fortuna – in cuor mio aver l’opportunità di accogliere nella propria franchigia Tom Brady è una fortuna – ma se è vero che la fortuna aiuta gli audaci – quanto odio i proverbi – non credo esista qualcuno più audace di lui nella NFL di oggi e faccio fatica a spiegare la gioia che provo nel realizzare che finalmente Lavonte David sia stato in grado di vincere un Super Bowl da protagonista, considerando che ho passato mesi a provare a convincermi che i Buccaneers non avrebbero vinto, che Tom Brady non ce l’avrebbe fatta pure questa volta e che noi come comunità non saremmo stati costretti a parlare di lui a febbraio pure quest’anno: la genuina gioia che provo per il numero 54, però, ha reso tutto ciò estremamente più semplice da digerire, anche se sono esasperato dai vari post sui social che mettono a confronto qualche percentuale di Brady con la percentuale di tiri da tre segnati da Steph Curry.

L’approdo di Brady in Florida ha indubbiamente facilitato il tutto, ma ciò che voglio tentare di farvi capire è che questi Tampa Bay Buccaneers non sono la squadra di Tom Brady, ma la squadra di Lavonte David, di quel leader silenzioso che quando le cose vanno male diventa automaticamente la persona attorno alla quale l’intera squadra si raccoglie per ritrovare la retta via.
La sua testarda fedeltà ha pagato, gli anni spesi a predicare nel deserto di un reparto difensivo che solamente nel 2018 concedeva quasi trenta punti a partita in un istante si sono trasformati in quel background che ha reso infinitamente più soddisfacente la vittoria finale: pazienza se i media stanno celebrando altri giocatori, pazienza se il suo palmares non rispecchia minimamente quanto fatto vedere in campo in questi lunghissimi nove anni e pazienza se cinque anni dopo aver annunciato il ritiro chi di dovere non lo riterrà degno di un busto dorato a Canton, il Lombardi di qualche giorno fa polverizza ogni singola fonte di frustrazione con la quale ha dovuto – o dovrà – fare i conti.

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La necessità di sedersi attorno ad un tavolo per negoziare i termini di un rinnovo contrattuale lo pone automaticamente nella scomoda posizione di trovarsi ad un bivio professionale che potrebbe allontanarlo dalla sua città e squadra, ma in tutta onestà non credo che David abbia particolare interesse a lasciare la squadra nella quale mi piacerebbe concludesse la propria carriera: è qualche milione in più da dei Jets qualsiasi a fare la differenza a questo punto del suo percorso NFL?
David, seppur meno decorato ed oggettivamente “valido”, entrerà in quella stratosfera di bucanieri nella quale troviamo i vari Brooks, Sapp e Lynch, icone di una franchigia che non fosse per quei due Lombardi in bacheca sarebbe vista come la più inetta della storia della lega.

Quasi sicuramente senza Brady non avrebbero nemmeno raggiunto la qualificazione ai playoff, senza l’impressionante e profondissimo corpo ricevitori non sarebbero stati in grado di mettere a segno almeno 30 punti in ognuna delle quattro partite giocate in postseason, senza i pass rusher non avrebbero fatto trascorrere a Mahomes i peggiori sessanta minuti – effettivi – della propria vita e senza quella secondaria Tyreek Hill non sarebbe a conoscenza del significato di ‘karma’, è tutto vero, ma per me questo rimane il trionfo di Lavonte David e la ricompensa ad una fedeltà a tratti confondibile con vera e propria pazzia.

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Mattia Righetti

Mattia, 27 anni. Voglio scrivere per vivere ma non so vivere. Quando mi cresce la barba credo di essere Julian Edelman. Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango malissimo.

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4 Commenti

    1. Ciao Stefano!
      È difficile “diventare Ray Lewis”, stiamo parlando di uno dei più grandi giocatori – e personaggi – della storia del gioco con un palmares individuale semplicemente inarrivabile… perciò a primo acchito ti direi di no.
      Però capisco il perché della tua domanda, e dire seccamente di no perde senso: oltre che a condividere la posizione, questi due hanno deciso di dedicare anima e corpo alla propria squadra e, salvo imprevisti, David dovrebbe essere un Buccaneer per il resto della carriera. Tutti e due, a modo loro, sono fantastici leader, macchine da tackle e “uomini immagine” della loro franchigia, perciò in un certo senso sì, Lavonte David può diventare Ray Lewis… dei Buccaneers.
      David mi ricorda veramente da vicino London Fletcher, un altro inside linebacker assurdamente sottovalutato e mai apprezzato abbastanza, anche se Fletcher ha giocato in tre squadre diverse mentre David dovrebbe giocare solamente in una.

      Grazie per il commento e stammi bene!

  1. Concordo pienamente su tutto quello che hai scritto. Devo però essere obiettivo fino in fondo. Se gli arbitri avessero agito correttamente Tampa sarebbe uscita probabilmente con New Orleans e sicuramente contro Green Bay ….. quindi a volte la storia viene scritta in maniera strana ….

  2. Complimenti x il pezzo, ma anche x tutti i precedenti che hai pubblicato…. In fondo io credo che te la canti con Lavonte xké hai remato contro Brady tutta la season, ora cerchi un appiglio. Va bene così x me, non c’è problema… Invece io ammiro questi dinosauri che provano a tenere duro contro ogni pronostico, contro il tempo… Evviva Tom Brady e i suoi Buc! (Si xké sono suoi) Evviva Valentino Rossi (anche se non fa pole e non vince più) Evviva Gigi Buffon

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