Addio Floyd Little, “The Franchise”
Il 2021 non si è purtroppo aperto nel migliore dei modi per l’universo Broncos e la NFL in generale. Nelle prime ore del primo dell’anno è venuto a mancare all’età di 78 anni “The Franchise” Floyd Little.
Little è stato il primo “primo giro” ad essere draftato da Denver nel draft della fusione tra AFL e NFL, risultando da subito il primo giocatore per impatto nella franchigia permettendo al team del Colorado di poter essere inserito nella mappa del pro-football fin dai primi tempi della neonata lega.
Il cancro che lo ha stroncato nelle scorse ore aveva provocato anche la morte del padre quando Floyd aveva appena 6 anni, motivo per il quale, in un’America del dopo guerra, dovette in parte mettere in secondo piano lo studio per aiutare nell’azienda di scarpe della famiglia. A causa di questo non riuscì ad ottenere i risultati necessari per entrare al college e dovette ripiegare su Army dove giocherà a football nel tentativo di aumentare il proprio grado fino a quando non verrà reclutato da Notre Dame e Syracuse scegliendo la seconda su consiglio e pressione del leggendario Ernie Davis.
Da Ernie Davis ricevette, oltre che una solida amicizia, il benestare per la maglia numero 44 degli Orange che al giorno d’oggi è ritirata soprattutto per meriti loro. Sugli spalti, a vederlo giocare ogni volta possibile, un giovane compagno di classe che a giorni diverrà ufficialmente il 46esimo Presidente degli Stati Uniti: Joe Biden. L’ex vice di Obama si è unito al ricordo dell’amico raccontando di come lui, laureando in legge, si ritrovasse spesso tra gli spalti dell’Archbold Stadium ad ammirare quel 44 arancione sfrecciare in mezzo alle divise avversarie totalmente incapaci di fermarlo. Amicizia che si andò a consolidare anche fuori dal college con un contatto continuo prima di ogni partita nella NFL, Biden ricorda anche la felicità di “The Franchise” quando si sentirono poco prima della sua introduzione nella Hall of Fame.
Floyd Little and I were students at Syracuse University together. And over the years, I got to know the man behind the number. He was full of character, decency, and integrity. I will miss my friend. The entire Biden family sends our love to DeBorah and the Little family. https://t.co/OsmyvPBFvu
— Joe Biden (@JoeBiden) January 3, 2021
Già, perché Little è dal 2010 impresso in maniera eterna nell’arca della gloria della NFL divenendo solo il quinto giocatore di sempre dei Denver Broncos ad ottenere questo riconoscimento, ma anzitempo era stato il primo giocatore ad essere introdotto nella Hall of Fame dei Broncos nel 1984, stesso anno in cui Denver ha ritirato per sempre la sua 44.
Impossibile per la franchigia del Colorado non farlo, non a caso dal 1967 nell’orange country lui è e sarà per sempre “The Franchise”. Nickname più che meritato visto il devastante impatto che riuscì a portare fin dal primo giorno all’interno della franchigia, che fino a quel tempo nei sette anni precedenti vantava un record negativo di 26-69-3. Capitano per tutti e sette gli anni di carriera, compreso quello da rookie. 1.616 le yard di guadagno nel suo primo anno nella lega tra drive offensivi e ritorni di kickoff e punt.
Nella seconda stagione risulta essere sempre imponente entrando nella Top 10 dei rushing leader della AFL aiutando piano piano i Broncos ad uscire dalla loro posizione di piccolo team di una piccola lega. Il punto di svolta della carriera di Little avvenne in quella stagione durante una partita contro i Bills come racconterà lui successivamente al ritirò: Lou Saban (distante cugino del Nick di Alabama a loro dire), allenatore dei Broncos, si avvicinò minacciosamente a Little dopo che questi perse un sanguinoso fumble a meno di un minuto dal termine con in Broncos avanti di pochissimo. Le parole furono molto chiare “sei licenziato, vattene dallo stadio”. La restante parte è storia con “The Franchise” che non abbandonò il campo, si recò nell’’huddle e disse al QB dell’epoca, Marlin Briscoe, di lanciare il più lungo possibile che poi ci avrebbe pensato lui. È così fu. Con 25 secondi rimanenti Little ricevette il lancio per 59 yard a cui aggiunse una facemask subita per ulteriori 5 yard. I Broncos calciarono tra i pali per la vittoria, Saban a fine incontro disse a Little che si era meritato un’altra settimana in squadra. Ovviamente non fu solo una settimana.
Nella terza stagione diventò il rushing recordman della franchigia, record che mantenne fino al 1998. Quando si ritirò il suo score segnava un totale di 6.323 yard che lo poneva al settimo posto all time tra tutti i runningback/halfback militati nella lega.
La notevole produzione di Little portò una eccitazione incredibile tra i tifosi della città, ma non si fermò a questo. Iniziò a girare porta a porta supportato da un ente no profit per convincere la popolazione a sostenere l’ampliamento del Mile High Stadium cosa che effettivamente avvenne a fronte di un investimento di $1,8 milioni nel 1968. Little ha sempre riferito che questo era il vero motivo per cui veniva chiamato “The Franchise “.
Terminata la carriera in campo tuttavia non smise di essere un Broncos, la divisa non se la tolse mai, nemmeno quando iniziò ad indossare la classica giacca gialla della Hall of Fame. Dal 1975 ad oggi ha servito i Denver Broncos come ambasciatore della franchigia venendo ricordato come uno dei giocatori più dominanti della lega della sua era.
Ha ispirato i più grandi, è stato un precursore ed il suo aiuto è stato fondamentale per tanti. Terrell Davis, colui che spezzò il record ultra ventennale di Little, ha sempre detto di aver imparato tantissimo da lui, di averlo avuto da sempre come idolo e che i suoi consigli, una volta giunto a Denver, sono stati fondamentali per la sua produzione.
Quando i Broncos sono arrivati alla prima agognata vittoria del Super Bowl, lui che era impegnato in un torneo di golf, lasciò tutto per poter telefonare ad Elway e ringraziarlo per aver salvato la franchigia dalla gogna di non averne ancora vinto uno.
La Pro Football Hall of Fame ci ha messo 35 anni per introdurlo, troppi, perché i numeri fatti in 14 partite erano inferiori a quelli da quando la stagione è diventata a 16, ma per la Orange Country era e sarà sempre “The Franchise”. L’uomo che risollevò dall’anonimato e dai bassifondi di una piccola lega una franchigia che ora è tra le più titolate della storia. Buon viaggio!