Oltre un touchdown – La storia di Ernie Davis

È il 1951, le radio americane passano le hit del momento, ovvero: Unforgettablee Too young di Nat King Cole, mentre Keruoac scrive i suoi primi capolavori sulla costa est.
Nella cittadina di Elmira, NY, accompagnato da un ritmo jazz, tra le note di Cole e i versi di Keruoac muove i primi passi un giovane afro-americano di nome Ernest Davis.

Ernest è nato in Pennsylvania, precisamente a New Salem, la vita, però, con lui non è stata mai tanto gentile. Quando ha appena quattro mesi suo padre muore in un incidente d’auto e, a causa delle difficoltà economiche della madre, Ernest è costretto a trascorrere la sua infanzia con i nonni.
All’età di 12 anni Ernie, così soprannominato, si ricongiunge alla madre trasferendosi nello stato di New York. Ernie è un ottimo atleta, è iscritto alla Elmira Free Academy ed eccelle in molti sport, tra cui la pallacanestro ed il football. Nel football però Ernie è un fenomeno, gioca runningback. È imprendibile, nessun difensore lo riesce a placcare. Sa ricevere, bloccare, correre, ha una visione del gioco fuori dal comune.

Alla fine del percorso liceale diverse università offriranno una borsa di studio per meriti sportivi ad Ernie. Nonostante sia uno dei migliori prospetti della nazione, molti atenei prestigiosi chiuderanno le porte a Davis, dato che il suo colore della pelle rappresenta un problema non da poco nell’America degli inizi anni ’60. Inoltre vivere in una cittadina con la maggioranza della popolazione bianca e “rubare” il posto in squadra ai loro figli non farà altro che rendere la vita di Ernie ancora più dura, attirando su di sé invidie sportive e problematiche di tipo razziali.

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È il 1959 ed Ernie non ha ancora le idee chiare su quale sia la sua scelta collegiale. Syracuse, università di NY, che corteggia Davis ha un asso nella manica da giocarsi, reclutare Davis tramite il suo idolo sportivo, Jim Brown.

Brown ex-orangeman è l’idolo di Ernie, ha giocato al college per Syracuse come runningback e ha conquistato diverse vittorie. Scelto dai Browns di Cleveland della NFL nel 1957, Jim vantava già due selezioni al Pro Bowl e guidava la classifica di yard corse e touchdown su corsa per un giocatore professionista, oltre a detenere il premio di rookie dell’anno.

Tutti i dubbi di Ernie saranno dissipati una volta che il suo idolo gli chiederà di persona di far parte di Syracuse. Per Ernie però la situazione non è ancora una volta semplice. Al college tra scherni razzisti, e chi lo paragona ironicamente ad una controfigura di Jim Brown, è costretto a rifiutare il numero di maglia 44, appartenuto anni prima al suo idolo. Davis con difficoltà si ambienta e stringe un forte legame con un altro Brown, un omone detto JB, all’anagrafe John C. Brown. John è un compagno di squadra, tackle, ovvero colui che in campo crea gli spazi vitali per le corse di Ernie. John anche lui afroamericano sarà un fratello maggiore, se non una figura paterna per Ernie, proteggendolo e prendendolo sotto la sua ala in spogliatoio, nel campus e ovunque Ernie vada.

Inizia così l’avventura al college di Ernie, che passa però il suo primo anno saldamente in panchina, con qualche sporadica apparizione in campo. Dopo diversi tentennamenti Davis accetterà l’eredità di Jim Brown vestendo la 44 degli orangemen, storica maglia successivamente ritirata dalla scuola.
Al secondo anno Ernie ha la sua occasione e diventa runningback titolare della squadra. Dal primo momento in cui Ernie mette piede in campo, nella sua seconda stagione, nessuno sarà in grado di spodestarlo.

Ernie è velocissimo, soprannominato “The Elmira Express” dal giornalista Al Mallette paragonandolo alla forza di un treno in corsa (dal quale nel 2008 verrà tratto un film). Aggira la linea difensiva avversaria, manda a vuoto i linebacker e sfila con eleganza davanti le saftey che non possono far altro che rincorrerlo, come chi, alla stazione in irrecuperabile ritardo, rincorre il treno ormai perso.

“Suonerebbe qualcuno dei suoi strani accordi per la classe?” domanda un’insegnante della Columbia al pianista Monk. – “Cosa intende con strani? Sono accordi perfettamente logici” risponde il jazzista.

Con Thelonius Monk, Ernie condivide l’essere una persona di poche, scarse parole, ma lascia parlare per sé in campo la sua arte. Come la musica di Monk, Ernie si muove su variazioni di tempo incomprensibili per gli altri, ma di una bellezza stordente. Gioca con naturalezza ed eleganza che associa ad una velocità doppia rispetto a chiunque sia sul campo con lui, di una contemporaneità inaudita. Tant’è che chi, con ironia e sarcasmo, lo aveva accostato a Jim Brown ora si ricrede, ponendo Davis allo stesso livello, se non un gradino più su.

Per Ernie però l’essere forte, a quanto pare, è un’aggravante, perché nessuno ci sta a perdere, tanto meno se la squadra avversaria è guidata da un nero.

Nelle trasferte di campionato nel sud degli USA Ernie deve far sempre i conti con discriminazioni, linciaggi e contatti proibiti subiti in campo. La situazione non è affatto facile, ci troviamo in un contesto storico nel quale Martin Luther King marcia per le strade delle cittadine e Nat King Cole si rifiuterà di esibirsi al sud, oltre ad essere costretto ad abbandonare il primo spazio televisivo concesso ad un conduttore afroamericano, causa sabotaggio dell’intera troupe.
Ernie però a differenza di Cole non si tirerà mai indietro, anzi giocherà sempre ogni partita disputata al sud, compreso il Cotton Bowl in quel di Dallas, Texas.

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Cotton Bowl del 1960, La Partita. Davis apre le marcature ricevendo un passaggio per 87 yard, successivamente segnerà il secondo touchdown di giornata su corsa, per poi chiudere definitivamente la partita con un intercetto ai danni del quarterback di Texas. Ebbene sì, un intercetto, perché all’epoca i giocatori giocavano attacco e difesa, ed Ernie dominava anche lì. Non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo … MVP del Cotton Bowl.

Dopo l’incontrastato dominio in campo, dove i problemi di Ernie sono correre con una palla in mano, fuori la situazione è ben diversa. Nel banchetto della squadra post-partita un uomo distinto si avvicina ad Ernie, JB e un altro compagno di squadra rei di avere un colore della pelle troppo scuro. Li sollecita a lasciare la stanza di spontanea volontà, o l’atmosfera felice di una vittoria si sarebbe potuta tramutare rapidamente in ben altro. Nonostante il dissenso di tutta la squadra, Ernie seda le proteste dei suoi compagni con una calma degna del Dottor King, e per non surriscaldare l’ambiente, decide di andare via, una volta però ricevuto il premio.
Nel 1961 Davis porta alla vittoria Syracuse su Miami conquistando anche il Liberty Bowl (MVP della partita), giocato a Philadelphia.

Il talento e le vittorie nei suoi due anni di Syracuse saranno l’ipoteca sull’Heisman Trophy. Ernie Davis vince nel 1961 il più importante riconoscimento individuale collegiale nel football. Sarà il primo afroamericano a vincerlo, entrando così nella storia non solo di uno sport, ma di una comunità. Vincerà anche il Walter Camp Memorial Trophy.

Ernie Davis Heisman

Durante un evento di premiazione tenutosi a New York, Davis riceve, a detta sua, la massima onorificenza della vita, incontrare e stringere la mano al presidente John Fitzgerald Kennedy. Lo stesso presidente, che nel giorno in cui la cittadina di Elmira festeggerà i traguardi del concittadino Ernie, sarà presente con un telegramma che recita:

“Di rado un atleta è stato più degno di simile tributo. I tuoi alti livelli di prestazione sul campo, e al di fuori del campo, riflettono le più distinte qualità di competizione, sportività e senso civico. Il paese ti ha conferito il più alto riconoscimento per i tuoi risultati sportivi. Stasera è un privilegio rivolgermi a te, come americano eccezionale e come nobile esempio per la nostra gioventù. Ti rendo onore.”

Ernie è il giocatore più forte della nazione. Il suo talento cristallino lo porta ad essere la prima scelta al Draft NFL del 1962 da parte dei Washington Redskins. Nonostante la validità indiscussa come giocatore, viene scambiato perché il proprietario dalla franchigia della capitale, George Preston Marshall è dichiaratamente razzista, e non gradisce giocatori neri nella sua squadra.
Ernie è mandato a Cleveland, e chi incontra nell’Ohio ? Nella squadra dal nome Browns si riconcilierà con il suo amico John Brown, il suo idolo Jim Brown, sotto la guida dell’allenatore Paul Brown. Firmando il più alto contratto per un giocatore al primo anno nella lega.
Sembra un degno lieto fine di una storia fatta di sofferenze, prima personali e poi sociali, ma la vita, come abbiamo detto, non è mai stata tanto gentile con Ernie.

Ernie Davis Browns

Estate 1962, Ernie è con altri collegiali e si appresta a giocare una partita dimostrativa contro la squadra NFL, i Green Bay Packers allenati dal leggendario Vince Lombardi. La mattina, in albergo, una volta sveglio Ernie nota allo specchio di avere il collo gonfio. Viene ricoverato in ospedale. Dopo le prime ipotesi arriva la diagnosi: una forma acuta di leucemia. Ernest Davis si spegne il 18 maggio 1963 al Cleveland Lakeside Hospital all’età di 23 anni. I Browns ritireranno la sua, mai indossata, 45, maglia che affianca la 32 del suo idolo e amico Jim nello stadio di Cleveland.

Harry Edwards professore di sociologia alla Berkeley, mente dietro i pugni guantati di Carlos e Smith alle olimpiadi di Messico ’68 e all’inginocchiarsi di Colin Kaepernick nel 2016, tiene a ricordare tutt’ora Davis come simbolo dello sport afroamericano e faro della comunità insieme a Jackie Robinson e Muhammad Ali. Quindi, ogni volta che un Lamar Jackson, un Derrick Henry, un Cam Newton alzeranno l’Heisman Trophy al cielo un ringraziamento andrà lassù a chi ha aperto la strada. A Ernest “Ernie” Davis.

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Ernie è andato via, come cantava Nat King Cole, “Too young”, ma per tutti sarà “Unforgettable”, perché Ernie Davis è andato oltre una endzone con una palla, oltre un rettangolo dal manto erboso. Ben oltre. “È sulle 30, sulle 20 e va …”

“Si può sempre andare oltre, oltre non si finisce mai.” – J.Keruoac

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Matteo Colangelo

Se vi piacciono l'NFL, Tarantino e la birra belga, siamo sicuramente amici.

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