La nuova identità offensiva degli Indianapolis Colts

Il ritiro del franchise quarterback Andrew Luck poco prima della scorsa stagione, ha indubbiamente segnato la fine di un’era per gli Indianapolis Colts. L’addio di Luck ha rotto gli equilibri che vigevano ai Colts, proiettando Indianapolis ad una stagione decisamente più fragile dal punto di vista offensivo. L’head coach Frank Reich ha dovuto far fronte ad innumerevoli problemi scaturiti dal ritiro del quarterback, problemi che hanno portato i Colts dal record di 10-6 del 2018 (con annessa presenza ai playoff), al mediocre 7-9 del 2019. Nel corso degli ultimi due anni le tendenze offensive della franchigia dell’Indiana hanno vissuto un cambio di rotta, in quanto nella passata stagione i Colts si sono imposti maggiormente con il gioco di corse, invece che con il passing game.

A supportare questa tesi, ci giungono in aiuto i dati riguardanti il personnel utilizzato da Indianapolis e le percentuali delle giocate, tutti fattori che evidenziano questo cambiamento. Nel 2018 infatti, con Andrew Luck alla guida dell’attacco, Indianapolis ha giocato il 70% delle sue giocate totali con l’11 personnel, ovvero schierando un running back, un tight end e tre ricevitori, dal quale il 59% delle giocate sono terminate con un lancio, mentre il 41% con una corsa. Nel 2019, con Brissett e Mack come punti focali dell’attacco, l’11 personnel è stato utilizzato solo per il 57% delle giocate totali, delle quali il 52% sono risultate in passaggi ed il 48% in corse. Questi numeri mostrano come il gap tra lanci e corse si sia ridotto nel 2019, rispetto a quello fatto registrare nel 2018. A confermare questa tendenza, sono anche i dati ricavati dal secondo tipo di personnel più utilizzato dai Colts, il 12. Nel 2018 Indianapolis ha giocato il 19% delle sue giocate con il 12 personnel, ovvero schierando un running back, due tight end e due ricevitori, dal quale il 52% delle giocate sono risultate in passaggi, mentre il 48% in corse, numeri ancora molto omogenei. Nella passata stagione invece l’utilizzo del 12 personnel da parte dei Colts è aumentato al 28% delle giocate totali, all’interno delle quali solo il 43% sono terminate con un passaggio, mentre ben il 57% con una corsa. Un cambio di tendenza notevole.

La maggior propensione alle corse non ha però portato i Colts ai livelli di produzione del 2018, ed inoltre il profilo di Jacoby Brissett si è dimostrato decisamente più modesto rispetto a quello di Andrew Luck, il quale aveva il controllo completo dell’attacco ed era definito un “talento generazionale”. Ad incidere sulle prestazioni offensive dei Colts dello scorso anno, che a tratti sono risultate mediocri, si sono aggiunti anche gli infortuni. Numerose pedine dell’attacco sono state costrette a saltare un considerevole numero di partite: il running back Marlon Mack ad esempio ha saltato tre partite, il ricevitore T.Y.Hilton ne ha saltate 6, cosi come anche il tight end Eric Ebron, il quale è apparso in soltanto 11 match.

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In seguito ad una mediocre stagione di “assestamento”, gli Indianapolis Colts hanno fatto investimenti molto importanti nel corso di questa offseason, andando di fatto a gettare le basi per un attacco estremamente omogeneo e con enorme potenziale in vista della prossima stagione.

Prolungando il contratto all’offensive tackle Anthony Castonzo, la franchigia ha mantenuto intatta la linea offensiva, reparto che rappresenta le fondamenta dell’attacco e che dall’arrivo di Quenton Nelson ha fatto un notevole salto di qualità. Possedendo già delle fondamenta molto solide, i Colts hanno continuato a costruire il nuovo pacchetto offensivo plasmandolo intorno alla filosofia di gioco dell’head coach Frank Reich.

La prima mossa del front office è stata infatti quella di mettere sotto contratto per un anno il quarterback Philip Rivers, profilo che si sposa alla perfezione con un fattore del gioco molto caro a Reich. L’attuale head coach dei Colts infatti ha già avuto la possibilità di allenare Rivers dal 2013 al 2015, anni nei quali occupò prima il ruolo di allenatore dei quarterback e poi quello di coordinatore offensivo dei San Diego Chargers. Sotto il connubio Reich-Rivers, il 70% dell’attacco di quei Chargers venne sviluppato intorno al no-huddle, ovvero un principio offensivo nel quale la giocata non viene stabilita a priori nell’huddle, ma viene invece chiamata dal quarterback alla linea di scrimmage, dopo aver studiato lo schieramento della difesa. In questo modo i difensori hanno poco tempo per sopperire ai rapidi aggiustamenti dell’attacco, il quale procede velocemente creando confusione nel reparto difensivo. Il concetto di attacco no-huddle richiede però un certo livello di esperienza e di talento, caratteristiche che si possono trovare molto più facilmente nei profili di Andrew Luck e Philip Rivers che in quello di Jacoby Brissett.

Il concetto di no-huddle è ben radicato nella filosofia di gioco di Reich. Nella sua esperienza da giocatore infatti, Reich occupò il ruolo di backup nei Buffalo Bills di Jim Kelly che all’inizio degli anni ’90 dominarono la NFL presenziando quattro Super Bowl consecutivi (successivamente persi), giocando principalmente in no-huddle. Questo tratto del gioco Reich lo ritrovò anche nei suoi primi anni ai Colts, quando dal 2008 al 2011 lavorò come allenatore dei quarterback e dei ricevitori in un attacco comandato da Peyton Manning, un altro grande maestro del no-huddle. Nonostante questo, ridurre il gioco offensivo di Frank Reich al concetto di no-huddle sarebbe decisamente riduttivo, in quanto il playbook del capo allenatore è molto vario. Una delle caratteristiche principali della sua filosofia è infatti quella di attaccare la difesa da numerosi punti di vista, lasciando di fatto pochi punti di riferimento. La varietà di gioco di Reich si è notata nel corso delle sue due stagioni alla guida dei Colts, l’head coach ha proposto ad esempio molte “run-pass options”, giocate tipiche dell’attacco di Doug Pederson, con il quale Reich ha collaborato occupando il ruolo di coordinatore offensivo nel 2016 e 2017.

Seguendo la stessa linea, i Colts hanno messo sotto contratto anche Trey Burton, tight end che andrà a rimpiazzare Eric Ebron, partito in direzione Pittsburgh. Burton è un altro giocatore che in passato è stato allenato da Reich, a Philadelphia infatti il tight end era solito giocare con Zach Ertz nei personnel a due tight end, cosa che molto probabilmente verrà riproposta ad Indianapolis con Jack Doyle. Per Rivers e Burton, conoscere già l’attacco di Reich rappresenta un grande vantaggio, visto che a causa Coronavirus gli allenamenti estivi saranno ridotti all’osso.

Dopo aver confermato la linea offensiva ed aver aggiunto Philip Rivers nel ruolo di quarterback, il progetto di ricostruzione di Indianapolis è proseguito con il Draft 2020, nel quale la franchigia è partita selezionando due prospetti offensivi.

Senza una scelta al primo giro, scambiata ai 49ers per assicurarsi le prestazioni difensive di DeForest Buckner, i Colts hanno speso la loro prima scelta, la 34esima, per selezionare Michael Pittman Jr, ricevitore di USC. Oltre ad essere figlio di Michael Pittman Sr. (vincitore del Super Bowl da running back dei Buccaneers) e possedere un canale YouTube di successo, Pittman è un giocatore perfettamente complementare a T.Y.Hilton. Se da una parte Hilton è il miglior playmaker dell’attacco dei Colts, estremamente dinamico ed esperto nel guadagnare yard dopo la ricezione, l’ex giocatore di USC è il wide receiver fisico e dominante ricercato disperatamente da Indianapolis negli ultimi anni. Michael Pittman Jr. con i suoi 193 centimetri per 99 chilogrammi, è stato principalmente collocato dai Trojans sul lato sinistro del campo, come outside receiver. Pittman si sposa bene con l’attacco dei Colts in quanto offre un’ottima combinazione di forza fisica e velocità, aggiungendo ottime abilità nelle ricezioni in traffico e nel correre le tracce lunghe. Il ricevitore possiede anche un’eccellente etica del lavoro, confermata dai miglioramenti mostrati anno dopo anno che lo hanno portato a terminare il suo 2019 con 101 ricezioni e 1275 yard (leader in entrambe le categorie per la conference Pac-12) e 11 touchdown. Questi numeri gli hanno permesso di diventare finalista insieme a Ja’Marr Chase di LSU e CeeDee Lamb di Oklahoma del Biletnikoff Award, il premio assegnato al miglior ricevitore collegiale dell’anno.

Queste giocate ad esempio rappresentano alla perfezione le abilità di Michael Pittman Jr. di realizzare ricezioni nel traffico, dopo aver corso tracce lunghe.

Selezionando Pittman, i Colts hanno definito il loro pacchetto ricevitori per il 2020, che vedrà dunque T.Y. Hilton ed il neo-arrivato impiegati sugli esterni, con Parris Campbell che verrà invece allineato nella slot. Ad aggiungere profondità al reparto è presente anche Zach Pascal, ricevitore che si è dimostrato pronto nel momento del bisogno nel 2019.

Terminato il focus sul passing game, la palla passa al running game. Nonostante Marlon Mack sia reduce dalla sua prima stagione da almeno 1000 yard su corsa, il running back è prossimo al suo ultimo anno di contratto e visti i numerosi problemi fisici che lo hanno colpito nel corso del suo rookie contract, difficilmente verrà confermato a cifre onerose. Per tutelarsi in vista del futuro, i Colts hanno fatto trade up nel secondo giro del Draft, andando a selezionare il running back Jonathan Taylor con la 41esima scelta assoluta. Taylor è stato il miglior running back del college football nelle ultime due stagioni ed in ognuno dei suoi tre anni spesi a Wisconsin ha collezionato almeno 2000 scrimmage yard. Su Taylor ci sono diversi punti di domanda per quanto riguarda la sua durabilità, in quanto gli oltre 900 tocchi collezionati nel corso delle ultime tre stagioni rappresentano un campanello d’allarme, ma il running back sembra avere tutte le carte in regola per poter essere un workhorse anche in NFL. Nonostante pesi 103 chili, Taylor ha fatto registrare un tempo di 4.39 secondi nel 40-yard dash alla Combine. Il 21enne è tremendamente esplosivo e domina nelle corse tra i tackle, proprio per questo il front office dei Colts ha trovato in lui il profilo ideale per arricchire il backfield, in quanto Marlon Mack viene impiegato maggiormente nelle corse verso l’outside, essendo rapido e meno forte fisicamente.

Ecco un esempio che conferma la forza fisica di Jonathan Taylor, il quale in questo caso è riuscito a guadagnare cinque yard, nonostante l’assalto della difesa.

Nel suo anno da rookie Taylor dividerà con ogni probabilità i tocchi con Mack, mentre Nyheim Hines continuerà ad operare come running back da terzo down. La divisione delle portate con Mack, aiuterà Taylor anche a lavorare sul problema dei fumble, che sono stati ben 18 nel corso dei suoi 3 anni in NCAA (circa uno ogni 51 corse). A completare il backfield, oltre ai giocatori già citati, ci saranno anche Jordan Wilkins ed il fullback Roosevelt Nix.

L’ultima mossa offensiva degna di nota dei Colts al Draft è stata la selezione di Jacob Eason, quarterback di Washington. Con i contratti di Rivers e Brissett che non ricopriranno, almeno per ora, la stagione 2021, Indianapolis ha effettuato un altro investimento per il futuro prendendo il quarterback al quarto giro. Eason è un talento grezzo ed è risultato molto discontinuo al college, ma possedendo un braccio destro molto potente, caratteristica ricercata sempre di più nei quarterback odierni, i Colts hanno deciso di spendere una scelta su di lui, dandogli la possibilità di maturare dietro a due veterani.

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Gli Indianapolis Colts si sono equipaggiati a sufficienza per la stagione 2020, andando a puntellare con ottimi giocatori ogni reparto offensivo, raggiungendo di fatto un livello di profondità del roster di alto livello. Il front office ha dunque procurato numerose armi a Frank Reich, il quale si adopererà per fornire un nuovo equilibrio offensivo.

Come lo scorso anno, la AFC South sembra essere rimasta una division molto aperta, con Titans, Texans e Colts pronti a combattere per i playoff. La concorrenza, almeno sulla carta, sembra essere ostica, ma Indianapolis ha tutte le carte in regola per sorprendere gli avversari e tentare l’assalto ai playoff.

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