Il purgatorio: la NCAA nell’era del Portale

John Ehret High School, sobborghi di New Orleans, Louisiana.

Tra i ragazzi della scuola superiore che si allenano, anche nel mezzo della crisi sanitaria data dal Coronavirus, c’è anche Terrell Bailey: l’ex corner a tre stelle non ha giocato uno snap dal 24 novembre 2018 quando Vanderbilt fece la festa a Tennessee a Nashville.
Bailey, 492mo assoluto nella classe di recruiting 2017, si allena con i suoi vecchi allenatori delle superiori, cercando di tenersi pronto per il transfert che non arriva nonostante sia entrato nel portale dei trasferimenti il ​​3 settembre 2019, 9 mesi fa.
E pensare che Bailey sarebbe potuto andare praticamente dove voleva in uscita dalla Ehret, scelse Tennessee su Texas A&M, ora gli andrebbe bene qualsiasi FBS dopo due stagioni a Knoxville, dove ha totalizzato sei tackle durante la stagione 2018. Ci sono contatti (Florida State e Iowa State lo hanno raggiunto all’inizio di aprile) ma nulla più.

Questo scenario di completo stravolgimento nel valutare uno studente atleta non è raro nell’era del Portale, il “Transfer portal”. E non è raro perchè il concetto di studente-atleta con sempre maggiore frequenza è diventato quello di atleta-in-una-università, specialmente se si parla di football americano.

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Dal 2011, in cui i graduate transfer erano stati 17, il football ha visto progredire il numero fino ai 211 del 2017 ad esempio. E’ solo la punta dell’iceberg del movimento tra college dei giocatori che poco ha a che vedere con le proposte accademiche e molto riguarda la propria carriera sportiva. La NCAA è tuttora molto rigida sui trasferimenti obbligando gli atleti al periodo di inattività dopo il trasferimento, ma questa regola sarà cambiata a partire dalla prossima stagione: proprio in questi giorni è in fase di abbozzo la nuova regolamentazione sui trasferimenti che consentirà ai giocatori di utilizzare una-tantum nella loro vita accademica l’eleggibilità immediata senza stop in caso di trasferimento, una norma solo rallentata dalla pandemia in corso, che creerà sicuramente un impatto nel mondo dei movimenti da università ad università.

Per ora, si procede con il vecchio stringente regolamento, affiancato dal Portale che doveva rendere più “democratica” la gestione dei trasferimenti soprattutto per i giocatori non di primissima fascia. Ci sono stati 3.135 giocatori FBS iscritti al portale da quando il sistema è partito il 15 ottobre 2018, e per ogni storia di successo simile a quella di Justin Fields, molti di questi giocatori sono finiti per scendere i gradini del football universitario pur di giocare: FCS, JUCO…

O smettere.

247Sports ha esaminato i propri dati che dovrebbero differire poco dai numeri ufficiali del portale: per il ciclo 2018-19 c’erano 680 trasferimenti FBS che erano stati valutati in uscita dalle high school almeno a tre stelle. 311 di loro (45,7% del totale) ha trovato una nuova collocazione in college di Division 1 FBS, escludendo i giocatori che sono entrati nel portale solo per ritirarsi dal football giocato e rimanere nel college a studiare, mentre 369 hanno abbandonato l’elite del college football.

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Alcuni trasferimenti sono voluti dai giocatori per trovare maggior tempo di gioco anche a scapito del prestigio del college scelto, ma per molti come Bailey la mancanza di attenzione è un vero e proprio shock: reclutato dalla precedente gestione ai Vols, non ha trovato opportunità con Jeremy Pruitt. Subito diverse scuole si erano fatte avanti, ma l’errore, se così lo vogliamo chiamare, fu di non perdere crediti accademici, quindi decise di rimanere a Tennessee fino alla fine del semestre.
L’interesse è rimasto elevato con l’avvicinarsi del periodo di firma di dicembre. Diverse scuole FCS volevano che Bailey firmasse come parte della loro classe di reclutamento, alcuni programmi FBS erano in contatto con lui. Poi sono sorti i problemi.
Le questioni sull’eleggibilità, prime tra tutte. Gli allenatori infatti tendono a fare due domande quando raggiungono un atleta che intende trasferirsi per la prima volta:

  • quanti anni ti rimangono di eleggibilità?
  • puoi giocare quest’anno?

Entrambe le richieste sono in qualche modo in sospeso nel caso di Bailey: non avendo giocato nel 2019 né ha partecipato ad attività del dipartimento atletico, dovrebbe vedersi riconosciuto un anno di eleggibilità permettendogli di giocarne ancora tre. Ma non è sicuro e non ha ricevuto alcun chiarimento dalla NCAA. Ciò che forse è più dannosa per le speranze di accasarsi è la risposta alla seconda domanda. Bailey spera di presentare una richiesta di waiver per giocare la prossima stagione, ma non è sicuro che andrà a buon fine.

Questo è solo un caso d’esempio presente nel portale che assomiglia ad un purgatorio e le ragioni sono le più disparate: alcuni giocatori sono stati ottimi recruit al liceo ma mancano di materiali documentali, altri hanno la propria reputazione segnata dal precedente staff tecnico, a torto o a ragione.

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Spesso, dipende solo da tempo e da disponibilità nella squadra. Le università tendono a privilegiare il reclutamento nelle scuole superiori per l’ovvio motivo che si può lavorare più a lungo su un giocatore, i trasferimenti vengono impiegati più spesso da università di secondo livello per porsi in situazione di “win now” utilizzando i trasferiti come una sorta di “usato garantito”. Un programma sportivo universitario può prendere comunque solo 25 giocatori a ciclo e una strategia inficiata dai trasferimenti può paralizzarlo a lungo termine. I posti quindi sono pochi e si riempiono rapidamente grazie a dozzine di giocatori entrano nel portale ogni settimana da agosto a maggio. Forze fresche, di cui si dispone di informazioni aggiornate sia a livello di film che a livello di opinioni dello staff.

L’ormai ex DB di Pittsburgh Elias Reynolds ha fatto presente, parlando del portale, che quest’ultimo non da molti punti di partenza ai coach e non da molte maniere di autopromuoversi ai giocatori. Gran parte del processo di trasferimento dipende da chi conosci. I transfert col botto troveranno sempre nuove università pronte ad accoglierli ma tutti gli altri sono in balia delle relazioni passate o di altre connessioni che possono aiutarli a continuare il loro percorso sportivo. Questo in un football in cui i coach spesso si muovono, si mescolano ed è difficile farsi perorare la causa da un assistente se hai potuto lavorarci a volte solo per una sessione.

Bailey è sufficientemente bravo per trovare un posto in FBS, il virus probabilmente ha fermato un processo che avrebbe visto il DB spostarsi veramente da qualche altra parte, con buona soddisfazione sia sua che della sua nuova alma mater. Ma il fatto che in questi mesi si sia fatto molte domande sulla sua carriera, abbia più volte pensato di tornare sui suoi passi, e si sia chiesto se di fatto non avesse già finito la sua vita di giocatore di football la dice lunga sul difficile processo di trasferimento che il Portale non ha certo reso meno spinoso.

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Allargando infine il ragionamento, c’è da chiedersi se abbia ancora veramente senso affrontare il discorso di un certo tipo di sport collegiale (leggi basket e football, maschile ovviamente) con filosofie di facciata che affondano le loro radici nell’inghilterra vittoriana dove erano state “nobilmente” recuperate dall’Antica Grecia. Stiamo parlando di tornei multimilionari che macinano letteralmente atleti spesso provenienti da distretti sottoproletari, ormai avulsi dagli obbiettivi di istruzione e formazione culturale.

Abbandonare il concetto di studente-atleta sarebbe forse il primo passo per minare il castello di ipocrisie dietro cui si nasconde l’attuale gestione degli atleti a livello di NCAA, perchè all’orizzonte è sempre più minacciosa una questione che rischia di segnare uno spartiacque per il mondo dello sport collegiale: il riconoscimento di uno stipendio ai giocatori che producono l’immensa ricchezza di tornei come football e basket.

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