Uno sguardo al 2017: Chicago Bears
A stagione conclusa, vi proponiamo la review della stagione 2017 delle trentadue squadre NFL. Oggi è il turno dei Chicago Bears.
COME DOVEVA ANDARE…
i Bears erano tenuti a fare due cose: migliorare i loro punti di forza e migliorare il record dell’anno prima. Jordan Howard era atteso dalla stagione della consacrazione e la difesa doveva vincere qualche confronto. Le migliori prestazioni dovevano riempire di nuovo Soldier Field, nell’ultimo anno di John Fox, con un addio già scritto e quasi impossibile da evitare.
…E COME E’ ANDATA
Dopo la partita del 22 ottobre contro i Carolina Panthers, vinta 17-3 con due touchdown della difesa e essere stati statisticamente dominati, i Bears sembravano addirittura poter dire la loro per un posto Playoff. 3-4, Mitch Trubisky gettato nella mischia aiutato da un buon running game, nel quale Howard era affiancato dal rookie Tarik Cohen, abile a fungere da doppia minaccia. Difesa, come detto, in grado di creare turnover e pressare il quarterback avversario (5 sack a Cam Newton quel giorno).
Da quel giorno in poi, invece, Chicago va sotto contro tutti tranne Browns e Bengals: 5-11, Fox fuori dalla porta e benvenuto 2018. Soldier Field intanto guadagna qualche posizione nella classifica degli stadi più affollati, dal 30esimo al 27esimo posto. Almeno quello…
COSA HA FUNZIONATO…
La difesa è stata la decima della nazione. I due cornerback (Prince Amukamara e Kyle Fuller) hanno fatto del loro meglio, e 42 sack non sono pochi. I 14 fumble recuperati guidano la NFL, spiegando adeguatamente quel 3-4 iniziale. La West Coast offense utilizzata in attacco è riuscita nell’impresa di far ben figurare i quarterback utilizzati (MIke Glennon e Trubisky) quantomeno per rating. Ha inoltre facilitato il coinvolgimento di Cohen, nota lieta e inaspettata dei chicagoani.
L’interno della linea offensiva ha giocato un altrettanto buona stagione. Molti altri hanno mostrato buone cose: Adrian Amos, Adam Shaheen, Leonard Floyd. Non è bastato, vediamo perché.
…E COSA NON HA FUNZIONATO
Tutto inizia con Fox: l’ex Broncos ha dimostrato ancora una volta un atteggiamento conservativo troppo accentuato, e messo in dubbio nella sua carriera solo da Peyton Manning e la sua stagione da record. D’accordo la West Coast di Loggains, suo coordinatore offensivo, ma si è esagerato. Basti pensare che a mettere i numeri migliori è stato Kendall Wright, slot receiver. I ricevitori: con Kevin White e Cameron Meredith infortunati per tutta la stagione, nessuno dei nomi “a tempo”, come Markus Wheaton, ha reso.
L’attacco semplicemente non aveva alternative: palla a Howard, forse a Cohen, magari a Wright. Poche tracce profonde, e se andiamo a guardare le partite in cui Glennon e Trubisky sono stati costretti a lanciare di più, sono arrivati veri disastri.
In difesa brutte notizie da Jerrell Freeman, ancora pizzicato per doping. A parte questa nota, la stagione dei Bears si è rivelata essere quello che si temeva: nulla di nuovo, in un ultimo capitolo Fox-Loggains che non hanno potuto far altro che scrivere la parola “fine” alla loro stessa opera.
E ADESSO?
Ho volutamente lasciato Trubisky per questo paragrafo: il prodotto di UNC ha dimostrato molto ad alcuni e pochi ad altri. Altalenante, aiutato come detto dal sistema conservativo di Loggains, ha avuto alti evidenti e pessimi bassi come la terribile partita contro i Lions della terzultima settimana.
Riuscirà a capitalizzare una fantastica offseason? Vero, manca ancora il draft, ma sentite qui: i Bears hanno preso come allenatore Matt Nagy, artefice della brillantezza, impossibile da ipotizzare, di Alex Smith a Kansas City. Inoltre hanno firmato Allen Robinson, Taylor Gabriel e il campione del Mondo Trey Burton come tight end.
La secondaria torna in toto (Amukamara, Amos, Fuller, Callahan, Jackson), così come Vic Fangio in regia.
I Bears hanno la 8 assoluta, e con essa possono fare letteralmente ciò che vogliono. In free agency si sono coperti e risolto i problemi ai WR e TE, e sono virtualmente certi di agguantare un talento da top-5, se è vero come è vero che tutti vorranno un QB all’inizio della serata di Dallas. Un linebacker, un tackle, un rusher.
Il 2017 ha mostrato una squadra delicata per mille motivi. Ora lo stesso numero di ragioni fa pensare a dei Bears sicuramente migliori nel 2018.
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