I Philadelphia Steagles del 1943

Ci stiamo avvicinando a grandi passi a quella che sarà (forse, non si sa ancora, sempre ammesso che inizi davvero…) la stagione più strana che la NFL abbia mai giocato. Niente o poco pubblico sugli spalti, niente preseason, regole di igiene e distanziamento che non permettono di allenarsi come eravamo abituati, insomma, tutta una serie di restrizioni o nuove regole che stanno piano piano tracciando i contorni di una stagione che già ora possiamo etichettare come “mai vista prima”.
Eppure la NFL di stranezze ne ha già viste molte, nella sua centenaria esistenza, soprattutto in concomitanza con la Seconda Guerra Mondiale, quando l’eccezionalità della situazione fece prendere decisioni drastiche che, alla fine, risultarono anche rivoluzionarie per il modo in cui il football era stato interpretato fino a quel momento.

Siamo nel 1943, e gli Stati Uniti sono entrati a pieno titolo nella Guerra, mandando centinaia di migliaia di soldati in Africa, in Europa e in Oriente. Tanti di questi soldati erano giocatori, allenatori o membri dello staff delle squadre di football dell’epoca, soprattutto di college. Ma anche fra le dieci franchigie NFL la patria richiama alle armi un consistente numero di persone, tanto che i Cleveland Rams, acquistati un paio di anni prima da Dan Reeves e Fred Levy, decidono di non partecipare al campionato proprio a causa dell’elevato numero di componenti impegnati nell’esercito, tra cui proprio i due proprietari.

I Rams non sono gli unici ad essere in difficoltà. Anche i Philadelphia Eagles sono senza guida perché il loro proprietario Alexis Thompson si è arruolato, ma la squadra può contare su ben sedici giocatori, a differenza dei Pittsburgh Steelers che, invece, non navigano in buone acque, tanto da avere un roster ridotto a sei soli elementi. È proprio Art Rooney, proprietario di Pittsburgh, a proporre alla lega l’idea di una fusione. O meglio: a RI-proporre, perché solo due anni prima lo stesso Rooney aveva proposto, senza successo, l’integrazione in una sola franchigia per le due squadre della Pennsylvania Eagles e Steelers per formare i Pennsylvania Keystoners. Pur non essendo granché entusiasta, Thompson accetta ugualmente la fusione temporanea, e la lega approva l’accordo con una maggioranza risicata di 5 voti favorevoli contro 4.

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Ufficialmente, la squadra viene chiamata Philadelphia-Pittsburgh Combine, ma ben presto viene soprannominata “Steagles”, ed il nomignolo, sebbene non ufficiale, viene utilizzato in quasi tutte le cronache dell’epoca. “Quasi” tutte, perché a Philadelphia la stampa locale continua per tutta la stagione a chiamarli Philadelphia Eagles, forti anche del fatto che la squadra gioca con le divise verdi degli Eagles e 4 delle 6 partite casalinghe si svolgono nella città dell’amore fraterno.

Mentre i giocatori fraternizzano immediatamente e si mettono a disposizione della squadra senza problemi, la convivenza dei due head coach è piuttosto movimentata sin dall’inizio. Né Greasy Neale (Philadelphia) né Walt Kiesling (Pittsburgh) vogliono stare uno sotto l’altro: sono entrambi head coach e non saranno di meno neanche in questa convivenza forzata. I due vengono quindi nominati entrambi head coach, ma Greasy Neal, con un colpo di mano, approfitta di un ritardo di Kiesling al primo allenamento e prende in mano l’attacco, installando la T-formation che gli Steagles useranno per la stagione. Kiesling deve per forza fare buon viso a cattivo gioco e si occupa prevalentemente della difesa, pur mantenendo comunque la carica condivisa di head coach con Neale.
Gli allenamenti sono prevalentemente serali perché, a differenza della maggioranza delle altre squadre della lega, i giocatori hanno anche un lavoro, principalmente nelle fabbriche belliche, e quindi non gli è possibile allenarsi di giorno.

Nonostante tutte queste difficoltà, gli Steagles arrivano ad un soffio dal qualificarsi ai playoff, perso all’ultima giornata contro i Green Bay Packers, ma alla fine della stagione sono tutti contenti. Gli Eagles perché per la prima volta nella loro storia hanno un record oltre il .500, e gli Steelers perché per loro è invece la seconda volta.
Il titolo 1943 se lo aggiudicano i Chicago Bears battendo in finale i Washington Redskins, campioni uscenti, per 41-21.

Steagles

Alla stessa riunione in cui la NFL ha approvato la fusione temporanea delle due franchigie, viene assegnata a Boston una squadra di espansione che inizierà a giocare nel 1944 con il nome di Boston Yanks. Per il 1944, quindi, si può tornare alle 10 squadre senza problemi, no?

No.

I Cleveland Rams rientrano in gioco dopo un anno di sosta, e le squadre sono ancora dispari. Gli Steelers, sempre loro, sono ancora decimati, e ripetono l’operazione fusione, questa volta con i Chicago Cardinals. L’esperimento, questa volta, è un vero disastro. I Card-Pitt, come vengono da subito chiamati, perdono tutte e dieci le partite, ed il nomignolo si trasforma in “Carpet”, come il tappeto su cui tutti camminano.
La NFL tornerà alla normalità nel 1945, con la fusione tra Boston Yanks e Brooklyn Tigers che lascerà a dieci il numero delle franchigie.

Una stagione molto particolare, quindi, quella del 1943, ma che ci ha lasciato due eredità pesanti ed importanti. La prima consiste nel fatto che proprio dal 1943 la NFL introduce l’obbligo dell’uso del casco che, fino a quel momento, era ancora facoltativo. La seconda, probabilmente la più rivoluzionaria, è che nel 1943 vengono di fatto liberalizzate le sostituzioni. Fino a quel momento, le sostituzioni erano fortemente limitate (un cambio nei primi tre quarti, due nell’ultimo quarto), mentre dalla stagione 1943 le sostituzioni diventano libere, per sopperire alla scarsezza numerica dei roster. Questo apparentemente insignificante cambiamento, fu la scintilla che fece cambiare per sempre l’utilizzo dei giocatori, perché le squadre, negli anni successivi, inizieranno ad avere sempre meno i cosiddetti “one platoon” players, cioè i giocatori che giocano sia in attacco che in difesa, per formare due unità separate tra attacco e difesa.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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