Dopo la rovinosa era Rhule, Tepper sembrava aver messo da parte la parte del owner-padrone dei Carolina Panthers, tornando su decisioni e filosofie più miti e affidandosi di più ai suoi collaboratori. Con l’ennesimo instant-rebuild si è andato a rivoluzionare ancora una volta il coaching staff e buona parte del roster, nella speranza di tornare in tempi brevi a far tornare la franchigia delle Carolinas ai fasti del 2015.
COME DOVEVA ANDARE…
Nella preview del 2023, chi scrive aveva asserito con relativa certezza: peggio di Matt Rhule difficilmente si può fare. Dopo la gestione Rhule e gli instant-rebuild tentati da Tepper e soci si pensava l’anno scorso di aver per lo meno imboccato la via giusta. Reich aveva il curriculum giusto, al roster, al netto di addi dolorosi e trade al limite del pericolo, non mancavano nomi importanti e Bryce Young, preferito a CJ Stroud, sembrava poter dare garanzie già nel corto periodo. A tutto questo va aggiunto il livello non proprio d’elite della NFC South, quindi c’era tutto, o ai più ottimisti sembrava, per giocarsi il primato e una wild card. Non sembrava di accarezzare utopie.
… E COME È ANDATA
E si è riusciti a fare ben peggio… ma molto peggio. Per l’ennesima volta nulla ha funzionato, ma proprio nulla. I Panthers hanno finito la stagione con un 2-15, mettendo a referto la seconda peggiore prestazione stagionale nella storia della franchigia. Reich parte malissimo, mostrando di non aver in mano la squadra, soprattutto dal punto di vista offensivo. Non si è messo nelle condizioni Young di performare, il run-play si è dimostrato insignificante, e le idee tattiche molto confuse, tanto che a un certo punto Reich decide di passare il play-calling offensivo all’OC Thomas Brown, per poi riprenderselo 3 partite dopo. Dopo un 1-10 umiliante Tepper, che ancora una volta non ha voluto cedere le redini manageriali, fa cadere la scure sulla testa di Reich, affidando la seconda parte della stagione allo Special Team Coordinator Chris Tabor, che comunque non inverte alcuna tendenza e chiude la sua breve esperienza da Head Coach con un 1-5. Insomma un ctrl-c / ctrl-v rispetto al 2022, ma addirittura peggiorativo.
L’analisi di questo disastro è oggettivamente difficile, perchè permane la convinzione che il roster e il coaching staff non fossero da 2-15, forse nemmeno da 9-8, ma di certo non da 2-15. Sarebbe facile ora dire: è colpa di questo, è colpa di quello ma se si vuole trarre una lezione da tutto questo è necessario sezionare ogni elemento contestualizzandolo, prima di emettere sentenze di morte.
COSA HA FUNZIONATO…
In attacco si fa prestissimo a dire cosa ha funzionato: solo qualche singolo qua e la. Il mio nome per l’attacco è sicuramente Adam Thielen, veterano di mille battaglie, unico che ha cercato di aiutare Young degnamente. Alla veneranda età di 34 anni mettere a segno 103 ricezioni per 1014 yard, in questa offense, è da togliersi il cappello. Dietro di lui Chuba Hubbard, che ha preso sulle spalle il running game dopo il clamoroso flop di Miles Sanders, e chiudere a 902 yard partendo la stagione come RB2 è di tutto rispetto. Ha funzionato la parte mentale fisica e mentale di Bryce Young, che si è beccato una cosa come 60 sacks e ne è sempre uscito indenne, e nelle difficoltà ha dimostrato una tenuta mentale non comune, non facendo mai mancare supporto e leadership. Fan ben sperare quando, finalmente, lo si metterà nelle migliori condizioni per produrre più gioco. Nota di merito anche per Eddy Pineiro, il kicker che ha finalizzato le uniche due vittorie con calci importanti, e l’85% di FG a segno.
Ha funzionato la difesa, a tratti eroica e in grado di tenerci in partita quasi sempre. Giocatori in crescita vertiginosa come Derrick Brown, Frankie Luvu, Brian Burns e Donte Jackson hanno di certo contribuito a fare della difesa l’unico ambito per il quale non disperarsi. Un po’ di più nella prima parte della stagione, dopo ovvio che anche calando le motivazioni, sono calate anche le performance difensive. Al netto di tutto la difesa chiude quarta nel rank per Total Defense, con meno di 300 yard concesse per partita. Buon lavoro quindi di Evero e dei suoi uomini e, a sferoide prolato fermo, non è male la consapevolezza di sapere che almeno per questo reparto non sono necessarie rivoluzioni.
…E COSA NON HA FUNZIONATO
Bisogna fare bene attenzione a contestualizzare i processi in campo e fuori dal campo. Partendo dal campo pare abbastanza ovvio indicare al primo posto di quello che non ha funzionato alla linea d’attacco. Young si è preso 61 dei 65 sacks concessi dalla linea d’attacco (in week 3 ha giocato Dalton) e i Panthers si classificano al penultimo posto insieme ai Commanders per questo aspetto. Anche sul run block non va molto meglio con i nostri ragazzoni che non vanno oltre il quartultimo posto. Che sia l’aspetto andato peggio è chiaro, il perchè un po’ meno evidente, se scorriamo i nomi, non parliamo di ultimi della classe di certo. Concause sommato hanno portato al flpo: su tutti certamente i pesanti infortuni che hanno condizionato Austin Corbett e Brady Christensen, e che hanno portato a mettere subito in prima fila il Rookie Chandler Zavala senza un degno rodaggio. Poi inaspettate involuzioni, su tutte Ekwonu e anche Bozeman, nomi sui quali si faceva affidamento ma che sono ora molto in discussione.
Subito dietro la linea sotto la lampada degli investigatori vanno sicuramente i ricevitori. Escluso Thielen, i wr Panthers sono risultati tra i peggiori soprattutto dal punto di vista del fondamentale della separazione. Se, come è noto, il passing game è una relazione tra tempo e spazio, vediamo facilmente che l’inefficienza delle linee nel dare tempo a Young, sommata alla povera separazione, soprattutto open field, offerta dai wr, non ha permesso la costruzione di un passing game solido. Gli spettatori più attenti hanno notato come Young spesso si affidava a tracce corte piuttosto che cercare il profondo, di vere e proprie “bombe” se ne sono viste ben poche. Bocciati quindi DJ Chark, il rookie Mingo e Terrace Marshall.
Posto come assodato quanto sopra è chiaro che la valutazione su Young presenta asterischi importanti. Se prendiamo i numeri nudi e crudi, che parlano di 2877 yard, 10 TD e 11 INT, parliamo di un investimento pesante andato in fumo. Per avere la prima pick 2023 Fitterer si è letteralmente dissanguato, cedendo la prima pick 2024, DJ Moore e altre numerose pick. Disastro colossale quindi, ma appunto ci sono degli asterischi. Non sono in pochi quelli che pensano: “Young ha fatto malissimo, si, ma è stato messo nelle condizioni di performare?”. La risposta a questa domanda per chi scrive è no. E i motivi si trovano sopra. Poi magari Young mostrerà limiti anche nelle migliori condizioni ma merita il beneficio del dubbio e soprattutto merita una intelaiatura migliore per esprimersi.
Purtroppo il running game non è mai stato in grado di dare una mano al gioco aereo, anzi, a volte si è mostrato pure peggiore. E’ difficile pensare che un giocatore come Miles Sanders, che ha chiuso la sua ultima stagione agli Eagles con 1200 yard, diventi di colpo uno scarsone. Certo anche qui, passare dalla migliore linea d’attacco alla quartultima ha di certo influito, e forse lui anche psicologicamente ha accusato il colpo e non è stato in grado di reagire, ben meglio il suo back up Hubbard. Al netto di tutto il playbook offensivo non ha mai offerto una profondità o una specificità atta a esaltare le doti dei corridori.
E ora passiamo fuori dal campo. Non è mio stile la semplificazione, non è mio stile la ricerca del capro espiatorio, ma una analisi corretta e circonstanziata dei dati. Reich è stata davvero una delusione cocente, la sua storia portava garanzie di solidità e soprattutto di evoluzione offensiva e invece quello che si è visto è stata solo una immensa confusione, unita a una povera capacità di leadership. Appare chiaro che per lui si è profilata quella situazione di pensare di avere per le mani una Porsche, ma questa Porsche era tale solo nella carena, che nascondeva in realtà una utilitaria e che, una volta realizzato, non sia riuscito a capire come uscire da guai. Ci ha provato, ma male, a volte palesemente improvvisando soluzioni e cambi in corso di tipo gestionale. In campo i suoi giocatori hanno di certo sotto performato ma rimane il fatto che il roster era migliore del record ottenuto quindi questa è una sconfitta personale.
C’è un dato che ora sembra essere quello più importante. Negli ultimi tre anni sono passati tre Head Coach e 5 diversi QB starter. Pezzi pregiatissimi come McCaffrey e DJ Moore sono stati ceduti per rebuild frettolose e inconcludenti e cosa in tutto questo è stato costante? Tepper, e dietro di lui Fitterer, più o meno succube della figura dell’invadente Owner.
Fitterer ha di certo sbagliato tante scelte e portato avanti molti affari controproducenti ma quanto ha potuto scegliere? E’ facile ora dire:”guardate McCaffrey e Moore ora cosa fanno e noi li abbiamo lasciati andare per gente scarsa perdendo tonnellate di pick”. Verissimo, e per questo Fitterer ha già pagato, ma non erano pochi quelli che al tempo chiedevano importanti sacrifici per costruire il futuro, soprattutto per McCaffrey, che con i Panthers ha visto più la sideline che il campo per gli infortuni. Non voglio cadere nel facile giochetto del senno di poi: in ogni stagione fortunosa o rovinosa c’è una torta di responsabilità e meriti da dividere e la fetta più grande delle responsabilità va data a chi pensa di poter controllare tutto, senza avere le competenze per farlo e senza avere la pazienza per farlo. Tepper non è in grado di sostenere la gestione tecnica della squadra, prima se ne accorgerà e prima cambieranno le cose.
E ADESSO?
Copio e incollo le stesse identiche parole dell’anno scorso: “E adesso si deve ripartire da zero, per l’ennesima volta. La chiave del cambiamento sta nel fatto che Tepper deve convincersi nel fare un passo di lato e affidarsi ai suoi uomini”. E deve farlo davvero. E’ comprensibile con un Owner voglia essere protagonista del successo della propria squadra ma spesso quelli più vincenti si sono dimostrati quelli che hanno saputo mettersi da parte nelle scelte tecniche, come Kraft ad esempio.
Pazienza, fiducia e giudizio, oltre che capacità di vedere a lungo termine, sono gli elementi essenziali per una buona rebuild. Le lezioni da cui imparare ormai sono tante.