Love c’è, Bears figuraccia all’esordio (Green Bay Packers vs Chicago Bears 38-20)

Serve un pò di tempo per digerire un piatto pesante, in particolar modo quando il conto da pagare supera di gran lunga la qualità del prodotto consumato. Chicago scalpita, freme, trasuda passione e riempie l’aria di quel brio frizzante che accompagna sempre l’inizio della stagione di football; ma poi, puntuale, giunge lo sconforto e quella sensazione di non poter mai uscire da quell dannato loop (non il quartiere del centro città, ma quello delle sconfitte).

Il clima nello spogliatoio sembra essere rinnovato, come nuovi sono i volti del roster. I vertici societari sono stati cambiati, gli allenatori hanno un anno di esperienza in più, come del resto Justin Fields. Tutto appare diverso, tutto tranne il sostegno di un pubblico caloroso e radicato che non verrà mai meno e che non cambierà mai. Ma un’altra cosa che purtroppo per noi non cambia è l’esito finale, quel senso di umiliazione che ti spezza le gambe già dai primi snap di Week 1.

Non vi facciamo il riepilogo della partita, per quello ci sono i video che sono pure meno noiosi del recap scritto. Non parliamo neanche più di tanto dei Packers, perchè la cosa non ci compete appieno; ci limitiamo a dire che i Packers di ieri, forse, sono stati la formazione di Green Bay più debole (almeno sulla carta e al netto degli infortuni) mai affrontata negli ultimi 20 anni. Aaron Rodgers è stato una spina nel fianco per oltre una decade, via lui si presumeva che le cose negli scontri diretti con Green Bay sarebbero potute cambiare, o quantomeno migliorare.

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Invece resta tutto come da tradizione ormai: Green Bay festeggia e Chicago soffre.

Poi, sappiamo tutti che la prima settimana NFL non gode di molta attendibilità per una serie di ragioni. Come sappiamo tutti che se i Lions dovessero incontrare i Chiefs al Super Bowl, con ogni probabilità ci sveglieremmo in un bagno di sudore nel cuore di una notte di febbraio e che questo scenario alla fine era soltanto un sogno. O no?

E fatto il “cappello” con tutte le attenuanti e le inutili giustificazioni del caso, ora alziamo la voce e puntiamo il dito indice.

“Ci riprenderemo il Nord e non lo cederemo più indietro!” 

Non l’ho detto io, e non l’ha detto nemmeno qualche barbaro di Games of Thrones. La frase in questione è uscita dalla bocca fresca di colluttorio del nuovo GM Bears, tale Ryan Poles. Quelle battute di circostanza che devono creare credibilità e certezze in chi ti paga e in chi ti sostiene… Bello riempirsi la bocca e poi far finta di niente quando i fatti ti demoliscono il muso facendoti cascare un dente dopo l’altro. Per questo primo ammonimento a Poles da parte di Bears Italia tiene banco una teoria molto semplice: per riprendere il Nord (la NFC North per chi non cogliesse il senso) devi battere gli stramaledetti Packers! 

Diversamente il Nord se lo tengono loro e mentre tu guardi gli altri dai bassifondi della classifica, mettendo in discussione l’intera sostenibilità del progetto, i Packers rischiano di mandare il loro giovane QB a fare esperienza ai playoff magari vincendo anche qualche incontro, perchè se vinci la divisione vai alle eliminatorie e cresci… E mentre da una parte le cose prendono forma, dall’altra i mattoncini crollano uno via l’altro, le strategie vengono messe in discussione, ed anche il QB e gli allenatori, e si crea quel vuoto incolmabile.

Dear Poles, alimentare false illusioni è da falliti e da queste parti ci sta bene passare da perdenti, ma da falliti ancora no!

Justin Fields ha deluso, sciupando una ricca opportunità. Gettando nel gabinetto quella fortuna incalcolabile che lo ha posizionato tra i grandi di questo magnifico sport. Lanci fuori misura, fumble, sack, pick 6, incapacità di chiudere in red zone; se un neofita avesse visto la partita di Fields domenica scorsa avrebbe visto tutto il peggio del football americano in un colpo solo. Paradossalmente una gran fortuna!

Colpa sua? Sì, naturalmente sì. Mica giochiamo noi!

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Matt Eberflus appare moscio e inadatto a gestire la baracca. Lo si capisce dalla sua espressione perennemente incerta, come gli occhi di un precario che conosce con esattezza la scadenza del suo contratto a tempo determinato e che ha paura ad alzare gli occhi, perchè tra il suo sguardo e l’orizzonte c’è un muro. Lo si capisce perchè a fronte di un primo tempo che tiene le squadre in campo agganciate a un solo possesso di distanza, lui e i suoi centocinquanta assistenti non sono in grado di trovare l’aggiustamento. Cosa che, di contro, a Green Bay sono molto bravi a fare. Difatti finisce 38 a 20 per loro.

Trentotto sono quasi quaranta amici, sono tanti! Mazzate che un pluripremiato MVP come Rodgers ti dava ridendo sotto al casco, ma che non ti aspetti certo da un Jordan Love (senza nulla togliere al giovane eh).

Ora la dietrologia, insieme ad un paio di dati: l’intera difesa dei Chicago Bears ha prodotto 1 solo sack nella partita portando zero pressione a un quarterback senza grande esperienza e con un gruppo intorno che non è certo valutabile ad alti livelli. 1 sack, come quello prodotto da un Will Anderson Jr. a caso nella partita tra Houston e Baltimore. Non prendiamo lezioni dai Texans, però quantomeno loro qualche problemino a Jackson lo hanno creato, insieme a 4 sack, mentre da noi il nulla.

La domanda sorge spontanea quindi: ma se dopo aver svenduto campioni come Mack, Quinn e Roquan Smith ed essere finito ultimo non prendi il prospetto difensivo più forte della classe, dove pensi di andare con quella difesa? Per di più rincarando la dose a fronte di un secondo trade down che manda un Jalen Carter (sempre a caso) a Philadelphia scalando di una posizione nel draft e assicurandoti una quarta scelta nel 2024 (boh…). Così, con questo capolavoro, hai rinforzato la difesa di una diretta rivale che, sempre per caso, lo scorso anno è arrivata as un solo centimetro dal Super Bowl.

Davanti a tutto ciò mi sono incazzato diventando oltremodo pessimista, perchè era talmente palese che poi ti saresti presentato con questa difesa per prenderne quaranta da Jordan Love e allo stesso tempol’ideale “Sarriano” di fare un punto in più del tuo avversario non sarebbe mai stato in piedi.

Inoltre dal momento che l’anno scorso Fields non ha espresso un gioco così limpido al di là delle sue corse, e dal momento che il suo attacco latita tra linea di burro (4 sack concessi contro GB), running game fantasma (63 yard in tre RB…) e ricevitori dalle mani bucate (1 TD e 216 yds totali divise tra 9 target differenti, notare che Hill a Miami ne ha prese 215 segnando 2 TD da solo…), pare già ovvio che tutte le valutazioni del nuovo GM siano state errate.

A Chicago siamo bolliti, non abbiamo paura ad esternare le nostre idee risultando affrettati o impopolari. Siamo passati dalla gestione di un folle che cedeva anche ciò che non possedeva pur di salire gradini ai draft, a quella di un simpatico paciocchino con atteggiamento low-profile che scambia le migliori pick di una stagione arretrando con fare ossessivo compulsivo pur di ottenere una scelta in più (tutto nella speranza di non sbagliarla). Non vorrei risultare eccessivo, anche perchè il giocatore buono nel draft più o meno lo puoi trovare sempre, specie se poi lo schieri in mezzo ad un’accozzaglia di piastrellisti come quelli che giocano nei Bears oggi. Però certi lussi andrebbero gestiti con maggiori attenzioni a nostro avviso.

Prima il troppo, poi il troppo poco. Gli estremi si toccano, i fatti hanno parlato chiaro in passato e stanno parlando chiaro al presente. E ora il futuro sembra più prevedibile che mai.

Ciò nonostante, Bear Down!

alex cavatton firma area 54

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