AREA 54: Bears, la direzione è quella giusta?

Se la via imboccata dai Chicago Bears porterà sulla strada maestra o meno è ancora presto per dirlo, dato che siamo a fine maggio. Ma a motori fermi è bene iniziare a fare le opportune valutazioni su ciò che attende la casata degli orsi.

La prima nota emette il suono di Justin Fields, impossibile udire qualcosa di differente persino per l’ascoltatore più distratto. Intorno a Fields gravita il mondo Bears e oggi come oggi il suo fallimento sarebbe il fallimento della franchigia, o di contro il suo successo sarebbe il successo dei Bears. Chicago ha trovato il suo primo violino, ma abbiamo più volte avuto modo di notare che nemmeno gli strumenti più raffinati possono funzionare senza il giusto supporto dell’orchestra.

Fields è un QB che non rientra del tutto nelle dinamiche del QB standard, quello che lancia intorno alle 3mila yard (impensabile parlare delle 4mila che sono per pochi fenomeni). A Chicago nessun quarterback nella storia è mai riuscito a raggiungere certe cifre e nessuno si aspetta certo che sia lui il primo, anche perchè questo straordinario atleta ha scoperto di avere gambe robuste e falcata da felino; quindi Fields fa della corsa la sua arma più tagliente e fin qui tutto ok se non che, sappiamo bene che chi corre nella National Football League ha una carriere breve poichè soggetto a scontri e infortuni con una maggiore probabilità. Fatti gli scongiuri del caso Fields è al suo terzo anno, quello che per chi gioca nel suo ruolo spesso vale la consacrazione. Poi, i mostri alla Mohomes vincono e si stabiliscono sulle vette mentre gli altri finiscono col gravitare intorno al sole come pianeti in attesa della luce.

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Dunque vagliata la prima, quella da matricola, Justin Fields è chiamato a salire sul livello superiore. Ma per quanto determinato e deciso, nei suoi primi due anni di carriera, il ragazzo si è portato a casa qualcosa come 91 sack subiti! Avete presente cosa vuol dire beccarsi un sack ben assestato in NFL? Ecco, figuriamoci portarne a casa la bellezza di 55 in una singola stagione…

Ryan Poles è corso ai ripari selezionado per Fields l’offensive tackle da Tennessee Darnell Wright, pagandolo caro e decidendo di cedere ai rivali di Philadelphia (per un pugno di mosche!) la possibilità di draftare il maestoso Jalen Carter, secondo gli esperti uno dei due giocatori più forti della classe 2023. Premesso che a mio avviso non si dovrebbero mai fare affari consentendo ad una diretta rivale di conference di rafforzarsi, specie se questa rivale è appena arrivata ad un solo centimetro dal Super Bowl (perchè poi se per caso li trovi ai playoff e Carter ti sdraia Fields ti devi nascondere bene, non per altro…). Ma forse non poteva fare altrimenti, Poles, anche perchè diversamente la carriera di Justin Fields sarebbe stata troppo esposta e il rischio di mandare tutto il progetto all’aria troppo alto (parliamoci con chiarezza, se si spacca Fields per i Bears è finita).

La linea offensiva dovrà reggere o Fields fallirà. Non ci sono storie: la OLine agisce come il movimento di una mano e se anche solo una delle dita dovesse avere un problema la mano non potrà muoversi come dovrebbe per colpire.

Ora non importa ciò che Fields e i Chicago Bears siano riusciti a fare nel loro complesso, questi ultimi due anni vanno messi da parte senza doversi confrontare con gli inquietanti numeri o con le cifre che creano più imbarazzo che altro. Lo sguardo deve cercare solo ed esclusivamente il fondo del campo dove giace la gloria. Con questo non si vuol dire che se i Bears non dovessero ottenere dei risultati importanti il progetto crollerebbe subito, ma i segnali di miglioramento devono essere visibili come un’alba che sorge sul mare d’estate, chiara, limpida e senza nuvole d’intralcio.

Ci sono diversi elementi intorno alla nostra storia che si possono prendere in esame. Uno di questi, forse il più significativo, è quello della division e la bussola dei Chicago Bears deve puntare a Nord.

Con l’addio di Aaron Rodgers la NFC North diventa fertile terreno di conquista e questa è la sola strada che Chicago deve imporsi di percorrere. Se non vinci la divisione le chance di successo si dimezzano o peggio, se vinci la divisione sei ai playoff e in gara singola può succedere di tutto. Si deve partire da qui e le prossime due stagioni sono il momento migliore per farlo cari Bears, vi spiego perchè.

I Green Bay Packers hanno avuto il dominio per lunghi periodi sebbene alternati da qualche lampo di Vikings e Bears, ma soprattutto i Green Bay Packers hanno centrato un crescendo assoluto di selezioni che ha prodotto la bellezza di un back to back di quarterback generazionali, i quali inspiegabilmente hanno a loro volta vinto solo due anelli (uno ciascuno); Favre e Rodgers sono signori di dinastie NFL, gente che ha dominato in lungo e in largo ed è inutile dilungarsi su di loro. Al “non c’è il due senza il tre” ci credo poco e non me ne voglia Jordan Love ma raccogliere l’eredità di un 4 volte MVP in questa lega e in una piazza come Green Bay non sarà affatto semplice. Allo stesso tempo, da tifoso rivale, non ci voglio credere al fatto che per tre volte di fila i Packers possano pescare il jolly dal mazzo. Rodgers giocava anche bendato facendo la differenza e i Packers con lui hanno avuto una fortuna immensa nonostante la sola singola gioia finale. Ma ora Rodgers non c’è più e qui resta tutto da vedere.

I Minnesota Vikings, che per via di Rodgers hanno dovuto sopportare i nostri stessi destini, non si sono mai superati a dovere. Li abbiamo visti ricompattarsi, li abbiamo visti schierare formazioni da urlo e campioni inauditi tutti insieme, li abbiamo visti andarci vicini più volte; ma siamo certi di non averli mai visti guardare tutti nella stessa direzione (quella del Super Bowl). Minnesota è soggetta a quel destino beffardo che porta sempre ad inciampare sul più bello, proprio quando sembra fatta. Sarà il retaggio vichingo che per DNA divide anzichè unire, un pò come accadeva alle tribù norrene mille anni fa, quando invece di marciare tutti uniti sotto un unico vessillo i popoli del nord che avrebbero potuto conquistare l’Europa hanno spesso preferito farsi la guerra tra loro distruggendosi a vicenda. Oggi i Vikings sono i più forti sulla carta, non una novità. Ma il campo purtroppo per loro è fatto di erba.

Infine i Detroit Lions, quelli disfunzionali, perdenti, bullizzati e incompiuti per l’eternità. Questa squadra fa sempre il suo passaggio in sordina e lo fa senza il minimo di ambizione (almeno all’apparenza). Come se la stagione fosse data per persa ancor prima di iniziare, come se non ci fossero speranze, obiettivi, sogni. Però attenzione, perchè i Lions di oggi hanno fatto un paio di passi avanti approfittando con saggezza dei passi indietro delle altre e conquistando il secondo piazzamento a livello divisionale. Quella seconda posizione nel 2022 può dar fiducia e morale, ma allo stesso tempo potrebbe mettere una particolare pressione che in quel di Detroit non hanno quasi mai saputo gestire.

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Fatta questa breve immersione nelle acque della NFC North, capiamo che le quattro contendenti hanno tutte una situazione similare, chi per certe lacune, chi per altre. Ciò significa in qualche modo che nel 2023 si giocherà ad armi pari e chi la vincerà nel futuro imminente potrà stabilirsi in alto per il prossimo ciclo. Ryan Poles aveva le mani legate ben prima dell’inizio della sua avventura a Chicago e il fato dei Bears non era da meno. Difatti i risultati parlano da soli. Qualche tempo è trascorso e le prime forme della sagoma che porta la sua firma la possiamo intravedere. Di certo questo GM ha un profilo molto basso e una determinazione che punta in alto e ciò che sta plasmando è un qualcosa di difficile interpretazione, persino per noi che trasudiamo sangue Bears da sempre…

Se la strada è quella giusta non siamo ancora in grado di stabilirlo ma forse, per la volta, siamo consapevoli di avere un progetto valido tra le nostre le mani.

alex cavatton firma area 54

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