Uno sguardo al 2022: Los Angeles Rams

Reduci dalla vittoria nel Super Bowl LVI giocato in casa, i Los Angeles Rams, dopo una offseason  da montagne russe in cui si paventava addirittura il ritiro di Aaron Donald e ean McVay, si ripresentavano ai nastri di partenza con l’obiettivo di ripetere la cavalcata della passata stagione e provare a ripeterne il risultato in tutto e per tutto.

COME DOVEVA ANDARE…

L’offseason dei Campioni del Mondo era stata caratterizzata più dagli addii che dai fatti concreti. La solita truppa di assistant coach che andava a cercare gloria e soldi da altre parti, i mercenari da contratti da un anno come Von Miller che se ne andavano altrove dopo aver giurato eterna fedeltà ai colori giallo e blu, un Robert Woods lasciato andare per paura della mancata ripresa post infortunio e sostituito dal un Allen Robinson che avrebbe dovuto finalmente dare quella profondità all’attacco dei Rams che mancava da qualche stagione. Le azioni dei Rams erano in discesa, si parlava di super bowl hangover, di appagamento, si minimizzava la condizione del gomito di Stafford, nonostante finisse per non laniare nemmeno un pallone per tutto il training camp, ma l’obiettivo minimo dei playoff sembrava comunque alla portata dei Rams, considerando anche che in Division i soli 49ers sembravano poter destare qualche preoccupazione.

… E COME È ANDATA

Si può riassumere tutto in una frase: la stagione peggiore di sempre di una squadra campione in carica. 5 sole vittorie contro 12 sconfitte sono state un disastro completo per la truppa di McVay, e nemmeno il più acerrimo oppositore di Los Angeles si sarebbe potuto attendere una stagione simile. Sempre lo stesso acerrimo oppositore dei Rams non avrebbe certamente potuto sperare nella caterva di infortuni che hanno colpito soprattutto la linea offensiva di Los Angeles, ma la spiegazione di una débâcle del genere non può avere solamente questa spiegazione, anche se si è trattato di un evento (quasi) mai visto e, si spera, irripetibile.

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COSA HA FUNZIONATO…

Per larga parte della stagione la difesa è stata l’unica cosa che abbia funzionato a Los Angeles, e questo a dispetto della testardaggine di Raheem Morris nello schierare una soft zone che ha fatto più danni che altro. Con Aaron Donald perennemente raddoppiato quando non triplicato, la linea di difesa è riuscita a limitare le corse avversarie, grazie anche all’innesto di Bobby Wagner, free agent da Seattle che, dopo un inizio di stagione un po’ in sordina, è andato in crescendo fino a diventare il miglior difensore della squadra. L’altra stella di questa difesa, Jalen Ramsey, disputava una stagione egregia, sebbene spesso esposto alla follia di Morris che lo schierava a zona snaturandone le caratteristiche di shutdown corner e, peraltro, senza fornirgli adeguata copertura sul profondo, esponendolo a figuracce epocali prendendosi colpe e responsabilità non sue.

Per quanto riguarda il reparto offensivo, l’unica cosa che funzionava con la precisione di un orologio svizzero era Cooper Kupp, che era lanciato verso un’altra stagione da record prima di infortunarsi e saltare l’ultima parte della stagione.

Da segnalare l’innesto di Baker Mayfield, che è stato uno dei pochi momenti positivi della stagione. Il suo impatto nell’attacco dei Rams è stato abbastanza positivo da far chiudere la stagione in maniera più che dignitosa, con la ciliegina della fantastica rimonta contro i Raiders due giorni dopo la firma. La firma di Mayfield è anche servita a decretare la fine dell’esperimento Wolford/Perkins per il ruolo di backup quarterback ai Rams.

… E COSA NON HA FUNZIONATO

Sarebbe semplice dire che l’attacco non ha funzionato per niente e cavarsela così, ma una analisi un po’ più approfondita di un semplice “l’anno scorso gli è andata bene, quest’anno sono tornati ad essere quelli che sono”, va certamente fatta.

Gli uomini di linea offensiva sono caduti come birilli fin dal training camp, con l’infortunio del rookie Logan Bruss, per poi continuare in uno stillicidio continuo fino quasi a fine stagione. Ogni settimana almeno un uomo di linea cadeva infortunato e doveva essere sostituito. Sappiamo bene che il punto debole del roster dei Rams è sempre stata la profondità, ma sfido chiunque a trovare una squadra che si ritrovi a dover mettere in campo la quinta scelta nella depth chart affiancandola ad una quarta e due terze, ed essere ancora competitiva. I Rams hanno messo in campo dodici linee diverse nelle prime dodici giornate: una cosa mai vista. Ed i problemi si sono visti subito: zero spazio per le corse, poche frazioni di secondo per Stafford per lanciare. Con questa premesse un attacco non va da nessuna parte.

Dagli infortuni alla linea in giù è stato come una valanga che cresce man mano che scende a valle e spazza via tutto quello che incontra sul suo cammino. Sono arrivati gli infortuni a Kyren Williams, Troy Hill, Van Jefferson, Jordan Fulton, Coleman Shelton, David Edwards, Grant Haley, Joe Noteboom, Travin Howard, Quentin Lake, Jake Hummel, Chandler Brewer, Alaric Jackson, Cooper Kupp, A’Shawn Robinson, Matt Stafford, Jacob Harris, Aaron Donald, tanto per citare solo quelli che sono finiti temporaneamente o definitivamente in injured list, e sicuramente ce ne siamo scordati alcuni.

Ma gli infortuni, da soli, non bastano a spiegare una débâcle di queste proporzioni.

Matt Stafford non è mai stato al 100%. Nonostante tutte le rassicurazioni di McVay, che hanno ricordato molto le dichiarazioni ottimisticamente false sul ginocchio di Gurley, il gomito di Stafford non ha mai veramente recuperato dall’operazione eseguita in off season. La sua palla profonda aveva la forza ma non la precisione dello scorso anno quando, comunque, era costata molti intercetti, e la sua palla medio-corta non aveva lo stesso zip né la stessa precisione. Solo la bravura di Kupp, finché è stato in campo, ha mascherato questa regressione del QB. Inoltre ci sono stati diversi problemi di vista. Stafford non vedeva mai Allen Robinson libero sul medio lungo (e dire che era stato acquistato proprio per quello), così come Cam Akers, inizialmente, non vedeva le autostrade che la linea gli apriva (quando gliele apriva, il che avveniva molto di rado, a dire il vero). Se il gioco di passaggio aveva dei problemi, quello di corsa non era da meno. Un Akers irritante, ad inizio stagione, aveva lasciato spazio ad un Darrell Henderson che dimostrava, partita dopo partita, di non essere all’altezza di un ruolo da titolare. Esauriti gli esperimenti Funk ed Jones, rimanevano il cavallo di ritorno Malcolm Brown e poco altro, in attesa del ritorno dall’injured list di Kyren Williams. Solo verso la fine, dopo addirittura un hold out in attesa di cessione, Akers ha iniziato a convincere ed a far venire il dubbio se confermarlo o passare ad altro (la seconda opzione era certa, fino a tre/quattro pertite dalla fine).

In difesa un passo indietro lo si è visto dai compari in linea di Aaron Donald. Tra Gaines, Brown III e Brown IV, Copeland, nessuno di loro è stato capace di prendersi vantaggi dalla doppia o tripla copertura su Donald. Anche qui, però, se tutto quello che il tuo defensive coordinator ti chiama è una bull rush, non uno stunt, non uno slant, niente che possa prendere in contropiede la linea avversaria, il compito diventa facilmente improbo.

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E ADESSO?

McVay ha di nuovo paventato il ritiro, ma dopo una settimana di riflessione ha confermato di voler rimanere alla guida dei Rams, e con Les Snead ha cominciato una vasta campagna di rinnovamento che ha, finora, lasciato un po’ interdetti tutti quanti: tifosi, addetti ai lavori, avversari.

La free agency dei Rams è stata molto movimentata, ma solamente in uscita. Rescisso consensualmente il contratto con Bobby Wagner, che ha pensato bene di imitare Von Miller, senza però andarsene da Los Angeles con un anello al dito, i Rams hanno lasciato andare Jalen Ramsey a Miami per un tozzo di pane (con una ragione precisa, condivisibile o meno che sia) e la quasi totalità della difesa, lasciando talmente tante posizioni aperte che il solo draft non basterà di sicuro per colmarle tutte, e la free agency post draft sarà fondamentale per la costruzione del roster 2023.

La tabula rasa di questa offseason serve a liberare spazio nel cap della prossima stagione, più che nel 2023, per cui lo spazio di manovra sarà ancora limitato. Chiamatela rebuild o retool, la squadra 2023 sarà una bella incognita e potrà essere una mina vagante come una candidata alla top pick 2024, quando finalmente i Rams avranno di nuovo una scelta al primo giro dopo quasi un decennio.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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