Uno sguardo al 2022: Minnesota Vikings

Tutto nuovo. O quasi. Il 2022 è stato l’anno del rinnovamento per coaching staff e front office dei Minnesota Vikings. Chiuse le lunghe parentesi Mike Zimmer e Rick Spielman, i gialloviola si sono affidati a una coppia di giovanissimi per i ruoli di head coach e general manager: Kevin O’Connell, scuola McVay, e Kwesi Adofo-Mensah, con un passato di successo in borsa prima di approdare (con buoni risultati anche qui) nel mondo del football. Praticamente immutata, al contrario, la squadra. Con poche variazioni rispetto al roster degli anni zimmeriani-spielmaneschi.

COME DOVEVA ANDARE…

Il 2022 dei vichinghi era ovviamente avvolto da una enorme curiosità, mentre le aspettative se ne stavano in riva al fiume, in attesa di capire le dinamiche e le prospettive del nuovo corso. Sarebbe bastato il cambio di guida per ottenere risultati migliori dallo stesso gruppo di giocatori che si era dimostrato poco brillante nelle ultime due stagioni? Come si sarebbe tradotto un primo draft ammantato da qualche perplessità? Gli interrogativi erano abbastanza numerosi e gli stessi bookmaker non nutrivano grossa fiducia nelle possibilità di Kirk Cousins e soci. Si paventava un’annata mediocre, in linea o di poco superiore alle ultime in quanto a record.

…E COM’È ANDATA

Al contrario la stagione regolare è stata un successo. Minnesota è tornata a vincere il titolo divisionale come non accadeva dal 2017, con un bilancio vittorie-sconfitte di 13-4 da far strabuzzare gli occhi. Un mix di talento, fortuna e capacità di rendere al meglio nei momenti cruciali. Ben testimoniato dalle moltissime partite vinte nel perimetro di un solo possesso (11, record NFL). “Clucky”: clutch+lucky, è come mi piace definire i Vikings del 2022. Sì, perché il 13-4 probabilmente un po’ inflazionato lo è stato, ma la capacità di vincere le partite punto a punto era spesso mancata nelle ultime annate di Zimmer. E l’inflazione dunque? Beh, quella per me è dovuta a partite che Minnesota ha vinto in modo risicato quando invece avrebbe dovuto dominarle dall’inizio alla fine. Alle circostanze “fortunate” che hanno fatto pendere l’ago della bilancia verso il viola in gare che avrebbero potuto finire diversamente. Nulla toglie a quanto di buono visto ma rende più comprensibile (ma ugualmente amara) la repentina uscita di scena nei play-off per mano dei tutt’altro che irresistibili New York Giants.

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Ci sono stati anche due momenti davvero epici nell’annata: la vittoria a Buffalo in una partita diventata subito leggendaria e la più grande rimonta nella storia della NFL contro gli Indianapolis Colts. Gara quest’ultima in cui i demeriti vichinghi prima e di Indianapolis poi hanno giocato un ruolo non da poco nel definire il punteggio.

COSA HA FUNZIONATO…

A girare benissimo è stato soprattutto il gioco aereo, che ha consentito a Justin Jefferson di godersi un’annata ai limiti del reale, ben rappresentata dalla strepitosa ricezione a una mano in casa dei Buffalo Bills. Tanti dei meriti di quanto bene sono andati i Vikings quando hanno messo la palla per aria, del resto, vanno ascritti proprio al numero 18. Anche perché Cousins ci ha messo un po’ ad entrare nel mood dell’attacco di O’Connell. Se le quotazioni del ricevitore hanno raggiunto livelli stratosferici sono scese quelle di Dalvin Cook, per cui resta il dubbio se abbia perso un passo lui o non sia stato sfruttato a dovere. Ha funzionato anche l’azzardo di andare a prendere T.J. Hockenson dai Detroit Lions, il tight end è diventato da subito un pezzo fondamentale nello scacchiere vichingo. Questo pur con la doverosa necessità di essere ancora più costante e decisivo nei momenti clou in futuro.

La trade per Hockenson ha disvelato la propensione di Adofo-Mensah a intervenire per sistemare le difficoltà che si presentano durante l’anno, qualità molto apprezzata dai tifosi minnesotiani e che era mancata ultimamente, in sostanza dal tentativo fallito con Sam Bradford dopo l’infortunio a Teddy Bridgewater. Discreto poi, il lavoro della linea d’attacco, con un Garrett Bradbury che pur non incantando si è guadagnato la conferma e un rinnovo fino al 2025.

…E COSA NON HA FUNZIONATO

Chissà allora come sarebbe finita se a fronte di tante buone cose che si sono viste in questo primo anno di nuovo corso non ci fosse stato il contraltare di due disastri. La difesa e il bilancio del draft. Gli schemi di Ed Donatell non sono mai stati digeriti e si sono rivelati completamente inefficaci, concedendo troppo a qualsivoglia avversario. Ecco il perché dell’incapacità di dominare alcuna partita. Danielle Hunter è tornato a giocare una stagione completa ma nella 3-4 di Donatell non è stato il mostro che tutti i tifosi gialloviola ricordavano, pur con quei 10,5 sack messi a segno. Troppo spesso è stato visto inseguire tight end per il campo anziché andare a caccia del quarterback. Za’Darius Smith, la chicca della scorsa free agency, dopo una partenza lanciata è risultato evanescente. Ne hanno risentito le secondarie, già di per sé poco entusiasmanti.

Ecco, le secondarie che avrebbero dovuto contare sui rookie Lewis Cine e Andrew Booth Junior. Il primo si è infortunato proprio appena ha iniziato a prendere posto in campo, il secondo ha confermato tutti i dubbi sulla sua tenuta fisica che l’hanno spinto al secondo giro del draft. E il contributo pressoché nullo proprio del draft inevitabilmente lascia velo opaco sul giudizio del primo anno di KAM. Solo un velo, perché se i due diventassero colonne future tutto sommato ci si potrebbe passare su. Tra le ombre anche la stagione di Adam Thielen, poco utilizzato e, come Cook, con un apparente e incombente declino davanti.

E ADESSO?

L’impressione è che il nuovo corso O’Connell-Adofo-Mensah sia però destinato ad iniziare solo quest’anno. La sensazione è davvero che i due abbiano utilizzato la prima stagione per analizzare il materiale per le mani, guadagnare un po’ di credito con la piazza per operare in libertà da adesso in avanti, anche mettendo in preventivo un 2023 molto al di sotto del primo anno. E così non stupisce il veloce (ma pur sempre tardivo, a parer mio) allontanamento di Donatell in favore di una sorta di co-head coach come Brian Flores, cui sarà affidato il cantiere da 110% che è la difesa gialloviola. Così come non sorprendono i numerosi e dolorosi addii a bandiere come Adam Thielen ed Eric Kendricks o veterani carismatici come Patrick Peterson.

Ecco, personalmente mi aspetto un 2023 assai meno entusiasmante ma molto più utile alla costruzione del futuro minnesotiano, che deve per forza coincidere con un assalto al bersaglio grosso e non solo con un posto nei play-off. E la free agency con pochi nomi di grido e più indirizzata alla sostanza la leggo giusto in questi termini oltre che nelle difficoltà del salary cap. E in questo senso si deve leggere il mancato rinnovo con prolungamento spalmato del contratto di Cousins e la futura (prossima o addirittura prossimissima) ricerca di un franchise quarterback da affidare a coach Koc.

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