Andy Reid, il coach delle seconde opportunità

Tutti ci immaginiamo Andy Reid come un trichecone panciuto e allegro, geniale in sideline e famelico a tavola. Dietro ai cheeseburger e alle vittorie c’è un lato più oscuro della sua personalità e proprio quelle ombre lo rendono il mio coach preferito in NFL.

Nell’ufficio di Andy Reid, poggiata su una mensola dietro la sua sedia, c’è una targhetta con su scritta una frase “Don’t Judge”, non giudicare. Quel mantra ha guidato molte delle sue scelte da allenatore, alcune parecchio controverse. Reid infatti ha spesso scommesso su giocatori dal passato turbolento. Fu lui ad esempio a riportare in NFL Michael Vick dopo lo scandalo dei combattimenti tra cani, e sempre Reid scelse un ricevitore da Oklahoma State, Tyreek Hill, quando nessuno voleva avvicinarglisi a causa delle accuse di violenza domestica. In molti l’hanno vista come una mossa spietata per mettere le mani su talenti a basso costo, ed è innegabile che Reid si sia assicurato vantaggi di campo vincendo alcune di queste scommesse, ma c’è di più, c’è sicuramente di più. 
Andy Reid si ostina nel vedere il lato migliore delle persone, a dare una possibilità a chi ha fatto errori anche giganteschi, perdonandoli come se fossero suoi figli. Non è un caso, perché il motivo di queste scelte, e il motivo di quella targhetta, sono i veri figli di Andy Reid.

Il 5 agosto 2012 nel campus della Leigh University il corpo senza vita di Garrett Reid, 29 anni, primogenito di Andy. Garrett fu trovato a terra di fianco ad una siringa usata. Ne aveva altre 60 nella borsa. L’autopsia avrebbe confermato l’overdose da eroina. Andy, che all’epoca allenava i Philadelphia Eagles, ovviamente rimase devastato. Sicuramente aveva sperato che suo figlio si fosse messo alle spalle i problemi che avevano portato all’arresto suo e di suo fratello Britt pochi anni prima. 

Pubblicità

Nel 2007 Britt e Garrett Reid erano stati arrestati lo stesso giorno. Il primo aveva puntato una pistola addosso ad un autista, il secondo era scappato dalla macchina dopo un incidente. Nelle auto di entrambi la polizia trovò dell’eroina, e dopo una perquisizione a casa Reid. Si scoprì che i due consumavano e spacciavano con regolarità. Il giudice che tenne il processo accusò duramente Andy e la moglie Tammy per la negligenza nel controllare i due figli, liberi di custodire e consumare droghe in casa. Nel 2012, a 5 anni dall’arresto, Garrett stava ancora lottando con la dipendenza ma sembrava in miglioramento, aveva anche affiancato Andy come preparatore atletico degli Eagles.
La tragedia fu uno shock per la NFL.

La conferenza stampa di Andy pochi giorni dopo l’accaduto.

Andy, senza dubbio divorato dal senso di colpa e impossibilitato dagli orari folli di un head coach a vegliare sui figli, aveva provato a tenerli fuori dai guai. Li nominò raccattapalle della squadra, organizzò incontri con giocatori di grande carisma, in primavera li portava con sé durante gli scouting trips in giro per il paese. Nel 2007, dopo il doppio arresto, chiese 5 settimane di permesso per ricomporre i cocci di quella che il giudice definì “una famiglia in crisi”. Chiese aiuto a Tony Dungy, altro coach NFL che nel 2005 aveva perso il figlio per suicidio. Parlando con Dungy, Andy imparò una lezione: “Non tutti quelli che hanno un problema sono cattive persone”.

Nel frattempo, Michael Vick aveva iniziato a servire la sua sentenza a pochi mesi da quella di Garrett Reid. Andy si mise in contatto con l’ex quarterback dei Falcons, capì il suo pentimento e decise di aiutarlo. Prima proponendolo come commentatore televisivo a John Madden, poi addirittura offrendogli un contratto come quarterback. Sotto la guida di Reid Vick tornò a giocare a football a livelli scintillanti, iniziando una riabilitazione della propria immagine che lo ha portato, oggi, a fare il commentatore in TV. Di casi come quello di Vick ce ne sarebbero stati diversi, soprattutto dopo il passaggio di Reid ai Chiefs. Tyreek Hill, Travis Kelce, Demarcus Robinson, Josh Gordon e Marcus Peters sono solo alcuni dei giocatori che Reid ha voluto nonostante si fossero cacciati nei guai. “Don’t judge” recita la targhetta nell’ufficio. Reid ha imparato a non giudicare mai in base alla prima impressione, e lo ha imparato soffrendo sulla propria pelle.

Se potessi scegliere da chi farmi allenare, non avrei dubbi: Andy Reid, il coach delle seconde occasioni.

Merchandising Merchandising

Alberto Cantù

Se vi è piaciuto questo articolo e in generale vi interessa l'analisi tattica della NFL, potete trovarmi su Twitter.

Articoli collegati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Huddle Magazine si sostiene con gli annunci pubblicitari visualizzati sul sito. Disabilita Ad Block (o suo equivalente) per aiutarci :-)

Ovviamente non sei obbligato a farlo, chiudi pure questo messaggio e continua la lettura.