Huddle’n Music: John Mellencamp e la caduta con stile di Andrew Luck
Il quarterback è il leader dell’attacco, il “regista” offensivo, e la qualità delle sue prestazioni ha un impatto molto significativo sulle fortune della sua squadra. Alcune squadre NFL hanno avuto storicamente più fortuna (e talento) di altre nel mettere a roster i migliori giocatori nel ruolo. Basti pensare a i San Francisco 49ers con Joe Montana e Steve Young, vincitori di Super Bowl e già possessori di un busto a Canton e ai Green Bay Packers che hanno visto passare da Lambeau giocatori come Bart Starr (due volte MVP del Super Bowl), Brett Favre (nella Hall of Fame dal 2016) e Aaron Rodgers, uno dei migliori QB del ventunesimo secolo. Altre squadre che vengono in mente sono senz’altro Dallas, con Troy Aikman, Danny White e Roger Staubach, e Washington, con Sonny Jurgensen, Joe Theisman and Sammy Baugh.
Un’altra squadra graziata dagli dei dello sferoide prolato sono sicuramente i Baltimore/Indianapolis Colts, che hanno visto militare nelle proprie fila giocatori del calibro di Johnny Unitas e Peyton Manning. Proprio l’infortunio e la conseguente partenza della stella di Tennessee, avvenuta al termine della travagliata stagione 2011, ha lasciato un vuoto in cabina di regia che la franchigia dell’Indiana è riuscita a colmare già nel successivo draft del 2012 con l’arrivo di Andrew Luck, proveniente da un ottima carriera collegiale con l’Università di Stanford, selezionato come prima scelta assoluta dal nuovo GM Ryan Grigson e dal proprietario Jim Irsay.
La rookie season di Luck è estremamente positiva, ed ispira da subito nella tifoseria estrema fiducia, sia nel giocatore che nel futuro della squadra. Nonostante l’Head Coach Chuck Pagano sia costretto a saltare ben dodici partite per via di un tumore (fortunatamente sconfitto), i Colts si esaltano sotto la guida dell’Offensive Coordinator – Interim Head Coach Bruce Arians (eletto NFL Coach of the Year del 2012) e riescono a chiudere la regular season 11-5, secondi nella AFC South, vincendo ben 9 partite su 12 durante l’assenza di Pagano. La stagione si conclude con la sconfitta contro i Ravens al primo turno dei playoff e con la prima convocazione al Pro Bowl per Luck.
La stagione 2013 somiglia molto alla precedente. I Colts chiudono la regular season 11-5, vincono la AFC South ed escono ai playoff al secondo turno contro i rivali Patriots, ma solo dopo aver rimontato 28 punti (seconda rimonta di sempre ai playoff dopo i 32 punti recuperati da Buffalo contro gli Oilers nel 1993) e sconfitto i Chiefs 45-44 nelle wild card, con una prestazione indimenticabile di Andrew Luck che riceve la seconda convocazione al Pro Bowl.
La stagione 2014 è la migliore di Andrew Luck in termini di risultati. La squadra, priva di un running back incisivo (Trent Richardson chiude la stagione con 519 yard su corsa e 3 TD), si affida al braccio di Luck che lancia per quasi 5000 yard e ben 40 TD (record NFL stagionale), molti dei quali vanno ai due talentuosi receiver, T.Y. Hilton e Reggie Wayne. La squadra è dotata di una difesa solida, non eccellente ma sicuramente affidabile, ancorata da Mike Adams (S), Vontae Davis (CB) e D’Qwell Jackson (MLB).
I Colts partono male, perdendo due partite tirante contro Broncos e Eagles, ma il talento di Luck viene fuori nelle settimane successive e gli horseshoe vincono dieci delle dodici partite successive, segnando oltre 40 punti ben quattro volte. Dopo aver perso contro Dallas in week 16 i Colts battono agevolmente Tennessee nell’ultima giornata di regular e bissano l’11-5 della stagione precedente, vincendo nuovamente la Division e guadgnando il seed #4 della AFC. La vittoria contro i Titans è la tredicesima consecutiva contro una rivale divisionale e porta lo score personale di Luck contro squadre dell’AFC South a 16 vinte e 2 perse.
Il 4 gennaio 2015 i Colts aprono il Wild Card Round della AFC con un incontro casalingo contro Cincinnati. Dopo un prima metà di partita equilibrata terminato 13-10 per Indianapolis, la difesa dei Colts sale in cattedra e annulla l’attacco guidato da Andy Dalton. Un TD pass di Luck per il rookie receiver Donte Moncrief e due field goal di Adam Vinatieri portano il punteggio sul 26 a 10, con i Bengals che non riescono a segnare neanche un punto nel secondo tempo. I Colts avanzano al turno divisionale e Luck chiude la partita con 31 completi su 44, 376 yard e un TD.
L’11 gennaio, allo Sports Authority Field at Mile High di Denver, i Colts sfidano i Broncos in un attesissimo incontro del turno divisionale. Indianapolis arriva in Colorado con l’obiettivo di ritornare all’AFC Championship Game, raggiunto l’ultima volta nel 2009, quando il QB titolare era proprio il numero 18 orange che adesso guida l’attacco avversario, Peyton Manning. La sfida a eliminazione tra Peyton e il suo successore ai Colts genera ovviamente molto interesse, ma lo scontro tra due attacchi che hanno segnato insieme più di 900 punti in regular season non si risolve in uno shootout da film western.
La difesa dei Colts gioca una partita da incorniciare, e dopo aver concesso un TD pass (Manning per il tight end Julius Thomas) nel possesso d’apertura, limita i Broncos a 2 field goal negli ultimi 55 minuti di gioco e 288 yard totali. Due TD di Indianapolis (uno su corsa e uno su lancio) e un field goal dei Broncos portano il punteggio sul 14-10 all’halftime.
Nel primo drive offensivo del secondo tempo Luck trova Hakeem Nicks per un touchdown da 15 yard. Da quel momento in poi le squadre segnano solo un FG a testa e Indianapolis completa l’upset con un punteggio di 24 a 13. Denver, che in casa aveva segnato in media 35 punti a partita, vincendo otto partite su otto, esce al turno divisionale per la terza volta in quattro anni.
Il 18 gennaio, al Gillette Stadium di Foxboro, i Colts vengono battuti sonoramente da Tom Brady e i suoi New England Patriots nel Championship Game. Il finale di 45-7 non ammette dubbi, con i Patriots che guadagnano il doppio delle total yard di Indianapolis e Luck che viene intercettato due volte senza riuscire a lanciare neanche una volta in end zone.
La tifoseria dei Colts è comunque contenta della stagione conclusa e ripone grandi aspettative per gli anni a venire ma le cose purtroppo vanno diversamente. Luck inizia un calvario segnato da una serie di gravi infortuni che comprendono una lacerazione del rene, un numero non definito di commozioni cerebrali e una serie di interventi chirurgici alla spalla destra. A causa dei problemi fisici Luck perde dieci partite nel biennio 2015/2016 e salta del tutto la stagione 2017.
La grande forza di volontà del giocatore si materializza nella stagione 2018 dove Andrew, al rientro da un anno di stop, riesce a vincere dieci partite e riportare la squadra ai playoff, vincendo il titolo di Comeback Player of the Year e guadagnando la sua quarta e ultima selezione al Pro Bowl.
Ma i problemi fisici continuano e Andrew Luck è costretto ad annunciare il suo ritiro durante il training camp della stagione successiva, all’età di 29 anni: ” I haven’t been able to live the life I want to live. It’s taken the joy out of this game. The only way forward for me is to remove myself from football”.
Il panorama musicale dell’Indiana è molto ricco. Nonostante lo Stato “crocevia degli Stati Uniti”, come recita il suo motto, conti meno di sette milioni di abitanti, ha avuto un ruolo importante nella storia della musica americana. E’ stato uno dei primi posti dove il jazz è diventato polare fuori da Chicago e New Orleans, e ha dato i natali nel 1958 al re del pop, Michael Jackson. Il grande compositore Cole Porter è originario dell’Indiana, così come il frontman dei Van Halen, David Lee Roth e il leader dei Guns N’ Roses, Axl Rose.
Ma il cantante che secondo me esemplifica meglio l’animo midwestern dello Hoosier State, contraddistinto dai suoi numerosi piccoli centri industriali e paesi rurali, è John Mellencamp.
John J. Mellencamp, noto anche in passato con i nomi d’arte di John Cougar e John Cougar Mellencamp, è nato a Seymour, nel sud dell’Indiana il 7 ottobre 1951. Vive tuttora a Bloomington, indiana ed è un avidissimo tifoso dei Colts, spesso immortalato negli stand del Lucas Field con la sua famiglia. Il suo nome è spesso legato a quello della sua squadra del cuore, come nel 2004, quando ha suonato all’RCA Dome all’intervallo di Colts – Jets, e nel 2007, quando ha partecipato con alcuni suoi brani all’NFL Kickoff . Pochi giorni dopo il Super Bowl LII di Minneapolis del 2018, Mellencamp si è inginocchiato in supporto al movimento Black Lives Matter dopo aver suonato durante il Late Show With Stephen Colbert.
In una lunga carriera iniziata nel 1976 ha pubblicato ben 26 album registrati in studio, vendendo oltre 60 milioni di copie. Il suo genere unico di musica, l’heartland rock, è una versione di rock ‘n’ roll intrisa leggermente di country. Le sue strofe descrivono le lotte della gente ordinaria, della cosiddetta working-class, che cerca di sopravvivere in un mondo difficile “facendo la cosa giusta”. Le sue opere hanno avuto un’enorme influenza sulla musica country moderna.
Mellencamp ha scritto numerose hit che hanno scalato le classifiche americane come Jack & Diane (1982), Hurts so Good (1982), Small Town (1985), Rocking in the U.S.A. (1985) e Rain on the Scarecrow (1985), le ultime tre contenute nell’acclamato album Scarecrow del 1985. Ma la mia scelta è caduta su una canzone meno nota ma non per questo meno bella. A Graceful Fall, contenuta nell’album No Better Than This del 2010, con il suo testo mi fa pensare a Luck, alla sua coraggiosa decisione di lasciare il football e in generale a tutto quello che sarebbe potuto essere, ma purtroppo non è stato.
It’s not a graceful fall / From dreams to the truth / There’s not a lotta hope here / If you got nothing to lose / When your vision’s no good / When you’re flat on the ground / Yeah the future’s not bright / When you’re falling down…
Enjoy!