Huddle’n Music: Tampa Bay, la doppia vittoria di Brady e gli Iced Earth
Ci sono momenti che rimangono nella storia dello sport e che non possono essere dimenticati. Gli stessi momenti che per una ragione o per l’altra verranno visti e rivisti continuamente come iconici; e qui è di icone che si parla.
Tom Brady. Il più grande, il più vincente, il più ammirato e allo stesso tempo il più odiato, perchè quando vinci sempre alla fine non ti sopporta più nessuno. Ma comunque The G.O.A.T., per la critica e per le folle di appassionati.
Snocciolare i numeri della sua carriera è oltremodo riduttivo, quasi stupido, perchè questo immenso giocatore non ha mai avuto bisogno di impilare numeri e record per riempire il proprio ego. Brady non è nemmeno esattamente la figura che identifica la National Football League fino infondo, quella parte la recitava meglio il Payton Manning della situazione per intenderci; ma Brady rimane comunque l’oggetto dei desideri e dei sogni americani, con i suoi successi e con la sua vita da superstar invidiabile, con il suo stile di ragazzo bello e pulito e con quel sorriso hollywoodiano appiccicato in faccia. Con una famiglia perfetta, una moglie la quale bellezza mozza il fiato e dei carinissimi pargoletti che gli saltellano intorno a fine partita ormai da anni…
Chi non vorrebbe essere Tom Brady?
Vincente, evergreen che pare non invecchiare mai e se lo fa è con lo stile dei vini più pregiati sul mercato: quelli che più passa il tempo e più migliorano e aumentano il loro valore. Tom Brady appunto. Il suo stile di gioco si è quasi sempre adattato al playbook preparato dal suo allenatore, quel Bill Bellichick che ha fatto diventare Brady un giocatore di sistema in grado di incalzare ogni momento alla perfezione.
Ho sempre trovato interessante l’accostamento stilistico dei New England Patriots a quello dei San Antonio Spurs nella NBA. Due organizzazioni che hanno avuto per le mani dei grandi talenti, ma all’unanimità chiunque sapeva che quegli atleti non erano i migliori sulla piazza. Senza voler togliere niente a nessuno, di QB (fine a se stessi) migliori di Brady ce ne sono stati parecchi: Aaron Rodgers o Payton Manning sono un esempio recente. O di ricevitori che hanno impressionato, costruito numeri, o strappato gli highligts televisivi più di quanto non abbia fatto il nostro amato Danny Amendola si è perso il conto. Un pò come Tony Parker o Manu Ginobili nel basket, giocatori che all’interno del loro sistema si sanno muovere come pesci nell’acqua, ma che presi singolarmente e spostati altrove non avrebbero lo stesso senso, nè lo stesso successo.
Brady, fino ad un certo punto della sua carriera, mi ha sempre ricordato Tim Duncan. Una sorta di leader più silenzioso che però è in grado di far tornare i conti. E il suo allenatore, Bill Bellichick, mi ha sempre ricordato l’inarrivabile Gregg Popovich. Di fatto considero queste due vecchie volpi come i migliori allenatori nella storia, ce ne sono molti altri naturalmente, ma Popovich e Bellichick non hanno avuto il Michael Jordan o il LeBron James della situazione al loro servizio, quindi meritano più crediti rispetto ad altri che hanno avuto vita più semplice.
Mere considerazioni personali, opinabili naturalmente, ma che vogliono portarci al nostro punto d’arrivo: quello in cui le strade di Brady e di Bellichick si separano.
Quello è il momento in cui la storia cambia.
Brady fa i bagagli e saluta casa dopo 20 anni abbandonando il freddo e nebbioso New England per trovare dimora nella soleggiata e fertile Folorida. Nell’estate del 2020 Tampa Bay si gioca il suo asso: il front office guidato da Jason Licht e Bryan Glazer decide di puntare tutte le sue risorse su Tom Brady e per convincerlo a sposare il progetto dei Bucs gli comprano tanti tra i migliori agenti liberi sul mercato, più il suo pupillo Rob Gronkowski. Tampa va all-in e tenta di amalgamare un gruppo che all’inizio viene più percepito come un’accozzaglia di mercenari che vanno a godersi la loro pensione in Florida esattamente come succede agli uomini d’affari nella vita reale: nel New England si lavora e si fanno i soldi, in Florida si va in pensione e li si spendono. Un cerchio biologico di una realtà americana ben definita.
La scelta di Brady di lasciare i Patriots è tra gli argomenti sportivi che creano più dibattito nella storia del football: la coesistenza con il vecchio Bill si è fatta sempre più ruvida e dopo 6 Super Bowl vinti insieme sembra che non ci si diverta nemmeno più. Tommy deve rimettersi in discussione e deve ritrovare gli stimoli necessari per accendere la sua fiamma, vuole dimostrare di essere il più grande anche senza il suo mentore, e lo vuole dimostrare più a ses stesso che non a chi lo ha sempre criticato.
Dall’altra parte, il vecchio Bill non si pone nemmeno il problema. Bellichick a sua volta, nel passato, ha fatto delle scelte importanti cambiando sponda e quant’altro. Si comporta da veterano silenzioso, con superiorità, ma in cuor suo teme di perdere questa sottile battaglia fatta di puro onore e testardaggine. Teme tutto questo perchè, meglio di chiunque altro, conosce Tom Brady.
I Tampa Bay Buccaneers non vedono i playoff dal 2007. Qualche record positivo ma mai sufficiente per giocarsi una post-season. Poi arriva Brady, il quale chiude la divisione al secondo posto dietro ai New Orleans Saints di Sean Payton che è abile a battere i Bucs in entrambe le gare di regular season.
Brady e i Bucs vincono il Wild Card sbarazzandosi facilmente del Washington Football Team e ritrovano i Saints al Divisional Round: a New Orleans finisce 30-20 per Brady, che così stabilisce la sua reale forza nella NFC South.
Poi ci sono i Packers del MVP Aaron Rodgers, ma anche loro vanno K.O. contro i Bucs nonostante il fattore del Lambeau Field. Brady porta i Bucs al Super Bowl dopo che questi per una decade e mezza erano rimasti a guardare gli altri che si divertivano; li porta al Super Bowl e, con l’aiuto di una fortissima difesa che scopre il tallone di Achille di Mahomes, strapazza i Kansas City Chiefs campioni in carica umiliandoli per 31-9 sotto agli occhi del mondo intero.
Tom Brady arriva a Tampa Bay e in una singola stagione vince il Super Bowl, il suo settimo personale.
La sensazione è sempre quella che Brady, come spesso dice il nostro Andrea Ghezzi, non sia un giocatore che mette la sua squadra nella condizione di vincere, ma la mette sempre nella condizione di non perdere. E da lì, vince di conseguenza.
Brady vince il Super Bowl a Tampa, Bellichick osserva dall’alto del suo trono inviolabile. Osserva e pensa; pensa quello che forse, oggi, pensiamo tutti: Tom Brady è il giocatore più forte nella storia della National Football League e a questo punto non duole più doverlo ammettere.
Brady è uno che ha perdurato nel suo lavoro, come hanno saputo perdurare attraverso molti anni gli Iced Earth.
Band seminale del genere Heavy Metal, che si è formata sullo scadere degli anni Ottanta e le origini dell’ormai famosissimo e ben consolidato gruppo musicale sono proprio di Tampa Bay, Florida. In realtà, gli Iced Earth, sono formati nel 1984 con il nome di Rose, poi trasformato in Purgatory, dal chitarrista e cantautore principale Jon Schaffer e dal batterista originale Greg Seymour. Gli Iced Earth hanno pubblicato il loro album di debutto nel 1990 e da allora hanno realizzato dodici album in studio, quattro EP, tre compilation, tre cofanetti, tre album dal vivo e undici video musicali, stabilendosi come uno dei gruppi più influenti sulla scena metal di sempre.
Incorruptible è il dodicesimo album in studio della band heavy metal americana, non l’ultimo che è uscito nel 2022, ma uno di quelli che possiamo affiancare per storicità all’avventura dei Buccaneers. È stato rilasciato il 16 giugno 2017 da Century Media ed è il loro unico album con il chitarrista Jake Dreyer; in questo album c’è anche il ritorno alla batteria di Brent Smedley (la band ha cambiato qualche musicista nel corso di quattro decadi), la cui ultima esibizione registrata in precedenza con gli Iced Earth risale al 2013 nell’album dal vivo “Live in Ancient Kourion”. Incorruptible è il loro primo album in studio in oltre 20 anni a non essere del tutto un concept album (il loro precedente album “Plagues of Babylon” aveva metà delle canzoni incentrate su un concetto specifico), con ogni canzone invece caratterizzata da testi unici e singolari. È anche l’ultimo album di Iced Earth con Stu Block e Luke Appleton rispettivamente alla voce e al basso, prima che entrambi i membri e Dreyer se ne andassero dopo l’arresto di Jon Schaffer nel 2021.
Il pezzo scelto per la scena di Tampa non poteva che essere “Black Flag”, la seconda traccia dell’album Incorruptible!
Schaffer è un grande esperto di storia e questo si riflette spesso nei suoi testi su guerra, battaglie, politica e temi storici. In “Black Flag” i testi alludono effettivamente a qualcosa che era abbastanza comune; cioè, i corsari che si sono rivolti alla pirateria dopo la fine di una guerra e le loro “Letters of Marque” hanno cessato di essere legalmente riconosciute. La privatizzazione era, in sostanza, la pirateria legalizzata sanzionata da un governo ed era inoltre una forma molto antica e collaudata di incursione commerciale o di guerra economica. In questo modo, pirati leggendari come Barbanera e molti altri capitani oggi meno ricordati divennero i famigerati pirati che conosciamo.
C’è una notevole precisione e attenzione ai dettagli nelle canzoni di Iced Earth e in questo caso caschiamo a pennello perchè nessun brano al mondo poteva riportarci sul veliero pirata dei Tampa Bay Buccaneers con lo stesso richiamo di Black Flag. A vele nere spiegate!
C’è di più: il video registrato per Black Flag è un vero e proprio capolavoro sul quale la band ha investito moltissimi soldi per la realizzazione e la canzone è registrata a bordo di un vascello che solca i mari!