Déjà vu (New Orleans Saints vs Atlanta Falcons 27-26)
I Falcons sono tornati a “Falconare” nel momento peggiore in cui farlo, proprio quando stavano per assestare una sconfitta pesante e meritata agli odiati rivali della Louisiana. Quella che poteva essere un’iniezione di ottimismo per una squadra giovane e alla ricerca di certezze si è tramutata nella solita, atroce e incomprensibile débacle, una sconfitta per 26 a 27 che oscura quanto di buono fatto vedere per la maggior parte della partita. Ormai quasi due anni fa, in occasione del licenziamento di Dan Quinn, avevo tristemente concluso che «Nessuna squadra è mai riuscita ad essere identificata come “perdente” fino a questo punto. Non un tipo di perdente qualsiasi, poi, ma quello della peggior specie, quello che ad un passo dalla vittoria finisce per liquefarsi alla prima difficoltà». Le speranze che il trend si fosse interrotto ora che i reduci del Super Bowl perso contro i Patriots (la madre di queste rimonte regalate) si contano sulle dita di una mano si sono infrante davanti ai 17 punti non risposti concessi ai Saints in meno di quindici minuti, dato che alimenta la fuga dei Falcons in quella che è probabilmente la statistica meno invidiabile della storia.
NFL teams leading by 15 points in the 4th quarter over the last 3 seasons
Falcons 5-3
Everyone else 242-2-1 pic.twitter.com/uPPU4G67HhPubblicità— NFL on CBS 🏈 (@NFLonCBS) September 11, 2022
Per i Saints, oltre alla soddisfazione di aver compiuto un’impresa da consegnare agli annali del derby del sud, resta la consapevolezza di aver sfiorato un proiettile e di doversi registrare al più presto per evitare di perdere partite importanti in ottica playoff.
La partita, atto I
In un primo quarto inizialmente sonnolento sono stati i Falcons a far vedere le cose migliori, mentre i Saints hanno faticato a decollare mostrando i limiti di un passing game abulico fino all’ultimo quarto. Sul 3-0 per i Falcons la partita si è stappata con Taysom Hill che è tornato ad infestare gli incubi dei tifosi di Atlanta. Il coltellino svizzero di New Orleans si è messo la palla sotto il braccio e in due corse ha guadagnato 68 yard e il touchdown del vantaggio ospite. Tempo trenta secondi e sul primo possesso dei Falcons Marcus Mariota perde il pallone e lo riconsegna a New Orleans. Il copione sembra quello visto negli ultimi anni, con i Saints che la mettono sul fisico e bullizzano i Falcons fino a fargli chiedere pietà. Invece per una volta è il bullo ad avere la peggio. I Falcons hanno avuto un moto d’orgoglio e hanno mostrato una fisicità inaspettata in linea offensiva, coronando un drive quasi esclusivamente condotto via terra fino al touchdown di Cordarelle Patterson. Non c’è solo “garra” dietro l’ottima parentesi dei Falcons. L’attacco di Arthur Smith è stato spesso un passo avanti rispetto alla difesa avversaria, proponendo un gioco moderno ed efficace basato sulla mobilità del quarterback (un aspetto assente l’anno scorso con Matt Ryan) e un’ottima varietà di giochi e formazioni. In particolare, il ricorso alla pistol formation (addobbata da continue motion sul fronte offensivo) ha permesso di sfondare sulle corse e allo stesso tempo di attaccare a fondocampo grazie alla playaction. Il giocatore più atteso, Kyle Pitts, è stato quasi assente dal tabellino (2 ricezioni per 19 yard) ma la minaccia portata dalla sua presenza ha regalato spazi in particolare al rookie Drake London, che ha agguantato 5 palloni per 74 yard. Lato Saints, la difesa di Dennis Allen non è riuscita a lasciare il segno come in passato aveva quasi sempre fatto contro Atlanta. Nessun sack, una sola quarterback hit e due tackle for loss sono un bottino magrissimo se paragonato ai banchetti del passato.
Per una volta, a dominare è stata la difesa di Atlanta, capace di tenere Jameis Winston a 24 yard di passaggio nell’intero primo tempo. Se togliamo le sbandate sulle corse di Hill, i primi tre quarti sono stati un capolavoro di Dean Pees. I suoi intricati schemi di pressione sono stati indecifrabili per la linea di New Orleans e sono risultati in 4 sack e 8 colpi sul quarterback. Il segnale più incoraggiante per i Falcons è stata proprio l’efficacia della difesa e in particolare di alcuni giovani chiamati a ruoli importanti quest’anno, primi fra tutti il linebacker Mycal Walker e la safety Richie Grant. Al contrario, nel primo tempo non ha funzionato nulla per i Saints, traditi in particolare dalla mancanza di grip di Michael Thomas, scivolato in diverse occasioni cruciali. A giudicare da com’è proseguita la partita del numero 13 c’è da sospettare in un cambio pneumatici a fine terzo quarto. Atlanta ha dominato la parte centrale del match ma non sempre ha capitalizzato sugli errori degli avversari e sui viaggi in redzone, complice un criminale fumble di Mariota che ha sprecato il turnover forzato in campo nemico dalla difesa.
La partita. Atto II
Per un tifoso Falcons è impossibile dimenticare le rimonte degli ultimi anni, tutte dolorose e tutte caratterizzate da una o due sensazioni definite, che talvolta si ripetono. La prima arriva dalla partita del 2020 contro i Cowboys, quella dell’onside kick recuperato da Dallas per capirci. Anche allora la difesa di Atlanta era stata insolitamente dominante, ma si era arenata nei minuti finali.
La sensazione più forte è stata quella provata in occasione della rimonta subita in casa contro i Bears, sempre nel 2020. È una sensazione visiva, una sorta di illusione ottica che si ripete troppo spesso quando Atlanta gioca in casa, è in vantaggio ma inizia ad imbarcare acqua difensivamente. Quando i Falcons vanno in apnea, il campo sembra davvero ingigantirsi, come se ci fossero meno maglie nere ad occuparlo. Lo spazio tra i giocatori si fa inspiegabilmente più ampio ad ogni avanzamento degli avversari lungo il campo. Provate a riguardare gli highlight e ditemi se non avete anche voi questa sensazione. Ci sono tante possibili spiegazioni. La stanchezza nel finale della partita offusca la lucidità dei giocatori e ne rallenta i movimenti, il playcalling si fa più conservativo e orientato a chiudere più il profondo che il corto e l’intermedio, che quindi si spalancano agli avversari. Ho provato a spiegarmi “l’effetto Mercedenz-Benz Stadium” in mille modi, arrivando addirittura ad ipotizzare che sia il manto del Superdome, diviso tra strisce di due tonalità di verde diverse, a provocare questa impressione. Quale che sia la causa, il campo per Jameis Winston si è improvvisamente spalancato verso il terzo minuto dell’ultimo quarto di gioco. Il primo lancio del drive ha coperto più yard – 26 per Johnson – di tutte quelle racimolate nell’intero primo tempo. A seguire arrivano 15 yard per Kamara, 31 per Landry ed infine 3 per il touchdown di Michael Thomas, che batte su una backshoulder fade AJ Terrell e da quel punto prende possesso tecnico ed emotivo della partita. Palla che torna ai Falcons, 6 giochi ed è punt dalla metà campo e due yard da guadagnare. Una decisione discutibile su cui dovremo ritornare. Ormai i Saints sono in totale fiducia e si mangiano di nuovo il campo fino a segnare di nuovo.
La piena di New Orleans viene contenuta solo da una fallimentare conversione da due punti che tiene i Falcons in vantaggio di due lunghezze. Quello che succede alla fine del successivo drive dei Falcons racchiude il motivo – o almeno uno dei motivi – per cui Atlanta è la regina dei suicidi sportivi: la paura. Terzo e 1 decisivo, metà campo, Mariota perde il pallone ma riesce fortunosamente a recuperarlo e riportarlo al punto di partenza. Sul quarto e uno successivo Arthur Smith decide di puntare e riconsegnare la palla all’attacco avversario. Questo è a mio modo di vedere l’errore capitale, reso ancora più grave dal fatto che giusto pochi minuti prima una decisione simile aveva già portato ad effetti catastrofici. Calciare la palla il più lontano possibile può essere la scelta giusta se la difesa è in forma e in fiducia, non se si è appena sciolta ed è in palese difficoltà. Avrei di gran lunga preferito rischiare di giocare per prendere una yard attraverso un running game che di yard ne stava producendo più di cinque a portata. Sono convinto che perdere prendendo la strada più coraggiosa avrebbe dato per lo meno un segnale, un tentativo di opporsi a quella che ormai sembra una maledizione. Calciare quel pallone il più lontano possibile ha dato il segnale opposto e per di più ha portato all’esito peggiore Drive magistrale di New Orleans che si conclude con il calcio del vantaggio di Lultz. L’ottimistico tentativo dei Falcons di ribaltare il risultato con un calcio da 63 yard si infrange sul muro bianco dei Saints insieme alla possibilità per Atlanta di imprimere una sterzata alla narrazione che ormai da troppo tempo la vede come una squadra di perdenti del peggior tipo.