Il postino consegna il titolo ai Bulldogs (Georgia vs Alabama 33-18)

Quarantuno anni dopo Georgia ritorna sul tetto d’America.

Quella del 1980 è ricordata come “la squadra di Herschel Walker”, e questa, beh… in questa si fa fatica a trovare un singolo uomo copertina, ma con la tendenza del terzo millennio a prediligere l’attacco sulle difese, sarà difficile rimuovere dai titoli il nome di Stetson Bennett. The Mailman. Non il giocatore più forte e probabilmente neppure quello più importante – Jordan Davis, Devonte Wyatt, Kelee Ringo, Channing Tindall, insomma: la difesa – ma è la storia più “incredibile”, più inattesa. Per citare una famosa pellicola – ancor più datata dell’ultimo titolo dei Bulldogs – è “la classe operaia che va in paradiso”, una retorica sovente abusata e forzata, ma che mai come in questo caso è calzante e totalmente azzeccata.

L’altro uomo-copertina potrebbe e dovrebbe essere Kirby Smart, il demiurgo di questa quasi-invincibile armata, che ha schiacciato avversario dopo avversario per tutto l’anno grazie ad una delle difese più dominanti che abbia mai calcato un gridiron. Difesa reclutata ed allenata da lui, sui precetti, però, di quel Nick Saban che nella gara di ieri notte stava dall’altro lato della barricata. Il venerabile maestro, amato e mai battuto, che finalmente ha dovuto piegarsi al suo ex assistente-prodigio.

Kirby meriterebbe la copertina perché è finalmente riuscito a combattere i suoi demoni, a vincere una sfida contro Saban al quinto tentativo, ad incartare l’attacco di Alabama studiando e ristudianto i tape dell’ SEC Championship, dove i suoi Bulldogs erano sembrati, per l’unica volta in stagione, inadeguati al palcoscenico.

Ma, probabilmente, come in ogni dramma sportivo americano che si rispetti, senza quello scivolone, quella sconfitta perentoria ed inaspettata che contribuì ad accrescere l’imponenza dello spettro di Alabama, questa vittoria non sarebbe stata altrettanto dolce.

Ma veniamo al match. Il finale recita 33-18, ma vuol dire il giusto. La partita è stata aperta fino ad 1 minuto dalla fine, quando a chiuderla è stato il pick six di Kelee Ringo sul lancio troppo corto di Bryce Young.

Partita bloccata, impastata nei primi 30 minuti: difese sugli scudi e attacchi troppo preoccupati di non sbagliare per provare a trovare ritmo. In particolare, le due D Line hanno completamente annullato i running game delle due squadre e, se da un lato c’era il talento del neo-Heisman Bryce Young a risolvere problemi, dall’altra non si poteva dir lo stesso di Stetson Bennett, messo costantemente in difficoltà dalla pressione del solito Will Anderson. Eccettuata una deep ball stupendamente raccolta da Geroge Pickens – finalmente rientrato a pieno regime dopo l’ACL della primavera scorsa – l’attacco di Georgia ha faticato davvero troppo a muovere le catene e sembrava, in tutto e per tutto, l’incipit di un film già visto, con Kirby Smart, ed il suo OC Todd Monken, troppo conservativi nelle chiamate, divorati dal terrore di concedere un turnover.

Il motore di Alabama ha girato meglio, ma i Tide non sono riusciti a concretizzare i due viaggi in redzone, forzati in entrambi i casi a tentare un field goal. Problema ulteriore per Bama, già orfana del leading receiver Jon Metchie: l’infortunio al ginocchio dell’altra freccia cremisi Jameson Williams, restato a terra dopo un innaturale movimente dell’articolazione che non lascia presumere niente di buono. E così si è chiuso un primo tempo piuttosto avaro di emozioni sul 9-6, con protagonisti i due kicker Will Reichard e Jack Podlesny e i due punter James Burnip e Jake Camarda.

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Nella ripresa le emozioni sono arrivate, anche se per i punti si è dovuto attendere un altro po’: pronti via e Bryce Young, fino a quel momento impeccabile, sbaglia la prima scelta della partita e regala un pallone sulle 43 offensive al defensive back dei Bulldogs Christopher Smith, un’ottima posizione di campo che, però, l’asettico attacco rossonero non riesce a sfruttare.

Subito dopo, al termine di un altro buon drive di Bama arriva il primo errore di Reichard: un field goal bloccato sulla linea di scrimmage dalla mano di tungsteno di Jalen Carter, che lascia intatto il 9-6.

Il primo touchdown della partita è arrivato a 1 minuto e 20 secondi dal termine del terzo quarto, propiziato finalmente dalla prima sgroppata di James Cook, libero di correre per 67 yard prima di essere fermato sulle 13. A firmarlo è Zamir White, che porta per la prima volta n vantaggio Georgia nel match.

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La risposta di Alabama non si fa attendere, ma ancora una volta la difesa di Georgia è magistrale nel resistere confinata nella propria redzone, fermando i Tide all’nterno delle 5 yard e forzandoli e chiamare sul campo, per la quinta volta nella serata, Will Reichard.

La giocata più assurda del match è arrivata nel drive successivo, momento che sembrava aver finalmente scandito l’inerzia di una partita fino a lì in totale equilibrio: Stetson Bennett aggredito da Christian Harris si fa sfuggire il pallone dalla mano nel tentativo di lanciare in sideline. Brian Branch, con una nonchalance che denota una incomprensione di ciò che era in realtà successo, va sul pallone e lo prende in mano mentre passeggia verso la sideline, totalmente ignaro che quello di Bennett fosse un fumble e non un passaggo incompleto. La dea bendata ha però voluto che il piede destro di Branch si arrestasse ad un millimetro o forse meno dal pitturato e che quindi la chiamata sul campo – fumble recuperato dalla difesa – rimanesse valida. Quattro giochi più tardi Bryce Young ha trovato Cameron Latu in endzone per il TD del 18-13 che sembrava avere il potere di abbattere le chance di vittoria di Georgia.

Ma… mai sottostimare il cuore di un campione: 4 giocate, 75 yards, una palla telecomandata in endzone per Adonai Mitchell e Stetson Bennett riporta Georgia davanti.

https://twitter.com/SEC/status/1480760066420707331?s=20

E dopo un three and out di Bama, ecco il running game dei Bulldogs, rimasto quiescente per tutta la serata: si mangia campo e cronometro e porta Georgia ad un possesso pieno di vantaggio sul 26-18, con poco più di 3 minuti da giocare, una situazione nella quale di solito Alabama va a nozze.

E invece qui, stavolta, si compie quanto detto in apertura, perché questa è una serata unica, diversa dalle altre volte in cui i Crimson Tide si son trovati a dover recuperare un TD nel finale: l’errore di Young, la corsa liberatoria di Kelee Ringo, le lacrime di Stetson Bennett, finalmente consapevole di avercela fatta, di essere davvero il ragazzo del destino, di aver scritto una pagina di sport americano che difficilmente verrà dimenticata.

Georgia ce l’ha fatta. Un’attesa lunga 41 anni, ma una vittoria che è valsa ogni singolo secondo di questa attesa. Vincere su Alabama, nemico giurato di sempre, sotto gli occhi di Vince Dooley – autentica leggenda di UGa e allenatore proprio della squadra di quel titolo del 1980 – e farlo dopo un anno e mezzo di pandemia finalmente davanti ad uno stadio pieno, adorante e festante.

Athens, cittadina della Georgia che negli ultim 30 anni è stata celebre soprattutto per i locali – dove tutta lo stato va ad ubriacarsi – e per i cantanti – rap e country – prodotti, torna finalmente sulla bocca di tutti per quello che il suo fiore all’occhiello: la sua Università, rappresentata e sponsorizzata, ovviamente, dalla squadra di football.

https://twitter.com/GeorgiaFootball/status/1480765812067733505?s=20

Glory Glory Old Georgia! Un titolo tanto sognato quanto meritato che potrà forse aiutare a ridefinire i rapporti di forza all’interno della SEC.

Per quest’anno è davvero tutto, ci risentiamo su queste frequenze tra qualche mese – mentre Scusate Il College Football proseguirà anche in offseason – per prepararci ad una nuova, grande stagione di college football.

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