La Serra di Huddle: la metamorfosi della difesa dei Cowboys

Trascorse ormai cinque partite dall’inizio della stagione, si iniziano a delineare i primi scenari. I Dallas Cowboys, dal record di 4-1, possono contare, come sappiamo, su un attacco ricco di alternative, guidato da un grande QB, finalmente sano, dietro una o-line solida come non si vedeva da almeno un paio d’anni. Ulteriori meriti per questo record, però, vanno ascritti anche alla difesa. Il reparto guidato da Dan Quinn ha trovato una solidità e un’efficienza davvero inaspettate, a maggior ragione per via dell’assenza del proprio leader, DeMarcus Lawrence. 

Vediamo dunque le ragioni del netto cambio di rotta che ha coinvolto la difesa dei Cowboys. 

SULLE SPALLE DI GREGORY E PARSONS

Dire che il front seven dei Cowboys dipenda dal rendimento di Randy Gregory e Micah Parsons sarebbe ingiusto e non del tutto corretto. É altrettanto vero, però, che i due sono decisamente i giocatori più in forma nel front seven dei Boys. 

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L’ascesa di Gregory è una vera e propria manna dal cielo. Lo è per il giocatore stesso, che ha vissuto anni complicati al di fuori del campo da football: bollette non pagate, un divorzio che lo ha portato anche a dormire in macchina, una dipendenza da sostanze stupefacenti che si è tradotta, tra l’altro, in un centinaio di test antidoping falliti (secondo lo stesso giocatore) e a un periodo in riabilitazione. La combo con DeMarcus Lawrence, autore di una eccellente prestazione in week 1 contro Tristan Wirfs dei Bucs, è durata – per ora- una partita, per l’appunto; tuttavia, tra il rendimento di Gregory e quello di Micah Parsons, i Cowboys si godono una pass rush produttiva come mai negli scorsi ani. La squadra finora ha messo a segno 9 sack, comodamente nella parte bassa della Lega; a livello di pressione generata sui QB avversari, invece, Dallas è ottava con 55, a soli cinque lunghezze da Washington e Baltimore, le prime della classe. Come ha detto recentemente Brandon Staley, coach dei Chargers, i sack sono utili ai giocatori perché in base a quelle cifre vengono pagati più o meno dalle squadre. Allo stesso tempo, però, per capire l’impatto di un giocatore sulla pass rush della propria squadra, le pressioni sono un’indicatore perfetto, e anche più veritiero, dei semplici sack: in questa categoria, Randy Gregory è primo tra i suoi compagni, con 19. 

Menzione d’onore nel front four per Osa Odighizuwa. Il rookie da UCLA non ha la stazza tipica di un defensive tackle NFL – misura infatti 187 cm per 127 kg – ma compensa con braccia lunghe e rapidità allo snap, che gli permettono di vincere uno-contro-uno pur senza dominare fisicamente. I suoi 12 tackle in 5 partite (oltre ai 2 sack messi a segno) non colpiscono l’occhio, ma ciò non significa che Odighizuwa non abbia impatto sulle partite):

La pressione nella prima clip facilita il tackle di Kearse. 

Al contrario, è difficile non notare l’impatto di Micah Parsons, rookie linebacker da Penn State. Parsons nasce, per l’appunto, come linebacker, ma nella partita contro i Chargers lo abbiamo visto giocare parecchi snap come defensive end, mettendo in seria difficoltà il right tackle dei Chargers, Storm Norton. Parsons ha giocato 147 snap nella box, l’area compresa tra i due tackle offensivi (in lunghezza) ed entro e non oltre le 5 yard di profondità dalla stessa, come inside linebacker, ma anche 101 snap sulla linea difensiva come defensive end o outside linebacker: come scritto dallo stesso giocatore su Twitter, il numero 11 dei Cowboys non ha una posizione ben definita nello scacchiere difensivo di Dan Quinn, e a lui va bene così. 

L’aspetto del gioco di Parsons che più salta all’occhio sono le letture contro le corse, che denotano un’intelligenza e una propensione per il gioco non comune, soprattutto a questo punto della carriera: 

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Nelle due clip qui sopra vediamo un paio di situazioni dove Parsons eccelle. Nella prima lo vediamo effettuare una sorta di euro-step per superare la guardia sinistra e placcare il running back prima che raggiunga il secondo livello. 

Nel secondo caso, invece, lo vediamo adattarsi al proprio run fit, cioè al varco che deve coprire nel difendere la corsa. Pre-snap, Parsons dovrebbe essere assegnato al C gap, cioè lo spazio tra la guardia e il centro. Tuttavia, pur senza dilungarci sull’argomento, le assegnazioni cambiano in base al modo di bloccare della linea offensiva: in questo caso, bloccando la o-line di New York secondo una outside zone, l’assegnazione di Parsons cambia. Il rookie di Dallas è bravo a non attaccare il varco prestabilito, poiché esso è stato preso in consegna da due uomini di linea (91 e 93). Se Parsons non avesse cambiato post-snap – come effettivamente gli è richiesto – il running back dei Giants avrebbe tagliato verso l’esterno della linea trovando verosimilmente il touchdown. 

Sembrano piccole cose, ma fatte da un rookie valgono triplo. Micah Parsons è uno dei motivi principali che hanno portato al taglio di un’altra scelta al primo giro di qualche anno fa, Jaylon Smith. 

L’ISOLA DI DIGGS

La prima stagione di Diggs in NFL è stata caratterizzata da alti e bassi, pur con parecchie attenuanti. Prima di arrivare tra i pro, il ragazzo da Alabama aveva alle spalle solo tre stagioni piene affrontate come defensive back (nell’anno da freshman si divideva ancora tra la posizione attuale e quella di wide receiver); come se non bastasse, giocare cornerback nella NFL attuale è davvero probante, sia per la quantità di talento di cui le squadre dispongono a livello di wide receiver, sia per il regolamento che non perdona nulla ai difensori in termini di contatto con gli attaccanti. Non aiuta il fatto che i Cowboys avessero una difesa ampiamente sotto il par (23esima in DVOA) per infortuni o generale mancanza di talento nel reparto. 

Da un anno all’altro sembra essere cambiato tutto per il fratello di Stefon Diggs, che guida la Lega per intercetti messi a segno, sei, oltre ad essere il miglior difensore NFL per passer ratingun irreale 29.2 – concesso ai QB avversari che lanciano sull’uomo da lui marcato (abbiamo tenuto conto dei difensori con almeno 15 target difesi). 

Guardando il suo modo di giocare, sono emersi alcuni dei tratti che lo hanno reso una scelta molto appetibile al draft 2020 nonostante la scarsa esperienza, come la fisicità contro l’attaccante una volta partito lo snap e la velocità di chiusura, unita a due braccia parecchio lunghe. 

Nella prima clip c’è molto dell’attuale Trevon Diggs. Una volta partito lo snap, Allen crea con lo stutter step una separazione che sembra essere decisiva. Tuttavia, Diggs riesce in tuffo ad agguantare il lancio di Herbert per il suo secondo intercetto stagionale. Detto che la giocata di Diggs in recupero è eccellente, probabilmente ad aver giocato a suo favore c’è anche la posizione di Keanu Neal (n.42); il linebacker ex Falcons, infatti, scalando in coverage davanti alla zona di campo attraversata dalla traccia di Allen, costringe Herbert a perdere un tempo di gioco prima di far partire il pallone (che altrimenti sarebbe finito in braccio a Neal). Questo, verosimilmente, ha aiutato Diggs nel suo intento. 

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Le due azioni successive, invece, relative alla partita contro Carolina, sono un ottimo esempio degli istinti che Diggs sta mettendo in mostra (in entrambi i casi, il giocatore dei Cowboys è il più lontano nello schieramento). L’intercetto è frutto di atletismo ma anche bravura nel leggere gli occhi di Darnold, anticipando la traccia comeback di DJ Moore. 

Nell’ultimo esempio, invece, lo vediamo stabilire un primo contatto allo snap per impedire che sia Moore a prendere un vantaggio potenzialmente decisivo. Una volta che è Diggs ad avere il controllo ed essere di fronte al marcatore, il numero 7 è in ottima posizione per un intercetto, che però non si verifica perché il passaggio di Darnold è comunque incompleto. 

Se ci fosse il premio di giocatore più migliorato, stile NBA, Trevon Diggs sarebbe attualmente il favorito per vincerlo. 

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