I Sì e i No di Sam Darnold ai Panthers

Domenica sera i Carolina Panthers hanno ufficializzato una trade con i New York Jets. In cambio di tre scelte, i Panthers si sono assicurati i talenti di Sam Darnold, ex terza scelta assoluta che i Jets hanno sbolognato perché tra pochi mesi selezioneranno la seconda scelta assoluta, che ricadrà su un QB più giovane e promettente di Darnold. Se I Jets erano in surplus di quarterback giovani e promettenti, i Panthers invece ne avevano un bisogno disperato per evitare di ristagnare nella “competente mediocrità” garantita da Teddy Bridgewater. Come sempre su questa rubrica cercheremo di mettere sulla bilancia i sì e i no di questa trade, analizzandola però solo dal punto di vista della squadra ricevente e del giocatore ricevuto, perché per i Jets questa è a tutti gli effetti una mossa marginale all’interno di un processo di rebuilding nel quale, come era evidente da tempo, non c’era più posto per Darnold.

PERCHÉ SI

Perché i Panthers avevano bisogno di una scossa

Come tutti i proprietari di una franchigia NFL, David Tepper è un miliardario. Come tutti i miliardari,  Tepper è un uomo ambizioso. Al momento la sua ambizione principale è riportare in alto i Carolina Panthers, ma per farlo ha bisogno di un franchise quarterback. Il problema per Tepper è che i franchise quarterback sono una di quelle commodities che nemmeno una cascata di dollari può assicurarti di ottenere. I progetti iniziali del front office di Carolina erano molto più ambiziosi della redenzione di Sam Darnold. Si è parlato dei Panthers disposti a svenarsi per Deshaun Watson, prima che una ventina di denunce congelassero qualsiasi ipotesi di trade, e si è parlato fino all’ultimo di un trade up in grado di portare la squadra a tiro di uno dei migliori QB del Draft, ma la super trade dei 49ers ha eliminato anche questa possibilità. È evidente che per Carolina un’altra stagione di quarterback purgatory con Bridgewater sotto il centro non fosse un’opzione, e quindi si è arrivati a questa trade che per lo meno è in linea con le prerogative di una proprietà molto ambiziosa, disposta a muoversi su più fronti per centrale il tassello fondamentale del puzzle. Certo, Darnold non è Deshaun Watson e nemmeno Justin Fields, ma almeno offre un volto nuovo e un minimo di potenziale in cui credere.

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Perché vale sempre la pena investire su un QB, soprattutto giovane

Non giudicherò mai un franchise disposto a rischiare per pescare il quarterback giusto. Perseguire anche il più ottimistico dei reclamation project ha un suo valore, perché la ricompensa in caso di successo oscilla tra l’astronomico e il proficuo. Se Sam Darnold dovesse giocare da Pro Bowler, il prezzo della trade diventerebbe ridicolo a posteriori. Se anche solo si dimostrasse un titolare decoroso, i Panthers potrebbero proseguire la loro caccia al franchise quarterback e poi scambiare Darnold per rientrare dell’investimento fatto questa domenica. L’unico scenario negativo è quello in cui Darnold stecca anche a Carolina, ma possiamo ritenerlo un rischio d’impresa che va sempre messo in conto quando ci si avventura in un mercato pazzo come quello dei quarterback.

Perché del talento c’è, nonostante tutto

Sam Darnold era giovanissimo quando entrò in NFL, e anche oggi è più giovane di Joe Burrow. I suoi tre anni di carriera sono stati martoriati da una serie incredibile di sventure. Mettendo un attimo in stand by la questione allenatore (vedi punto successivo), Darnold è finito ai Jets in un momento particolarmente desolante della loro desolante storia recente, sia dal punto di vista tecnico che da quello dirigenziale, e per di più si è fatto fermare da un virus (la mononucleosi) prima che fosse mainstream. Tutta questa serie di fattori ha fatto sì che il suo processo di crescita si inceppasse a più riprese, al punto da indurre il nuovo corso dei Jets a non scommettere su un suo rilancio. Eppure Darnold non è stato scelto terzo overall per caso. I lampi di talento di USC si sono visti, benché sporadicamente, anche in NFL. Ogni tanto dal suo braccio destro sono partiti dei lanci dolcissimi, morbidi come un lancio di frisbee, bellissimi da vedere partire e poi depositarsi dritti tra le mani del ricevitore. C’è un altro dettaglio che accomuna molte di queste giocate: la situazione di scramble, con Darnold assediato subito dopo lo snap, costretto a scrollarsi di dosso quattro difensori, affannarsi fuori dalla tasca e poi trovare la giocata fenomenale.

Gli scramble di Darnold trasmettono un’idea di sofferenza, quasi di lotta per la sopravvivenza. In questa situazioni Darnold sembra davvero un quarterback solo contro il mondo, abbandonato dai compagni e dal coaching staff. Credo che sia questo il motivo per cui siamo portati a simpatizzare con Darnold: l’idea che un talento possa perdersi per l’incompetenza di chi lo circonda è uno degli aspetti più difficili da digerire del football professionistico. Chi si augura una redenzione di Darnold spinge molto sui virtuosismi che hanno punteggiato la sua travagliata carriera, ritiene che se solo Darnold non fosse stato alle prese con un disastro naturale di head coach, quelle qualità sarebbero emerse con molta più costanza e che quindi, dietro le difficoltà di Darnold c’è lo zampino di Adam Gase, suo head coach e playcaller offensivo negli ultimi due anni. 

Perché Adam Gase

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L’effetto Gase è esiste ed è dimostrato dal numero sempre crescente di giocatori rigenerati dopo essersi allontanati dalla nube tossica che circonda la panchina di uno dei peggiori allenatori a memoria d’uomo. È successo con Kenyan Drake, Robby Anderson e soprattutto Ryan Tannehill, e in tanti sono convinti che succederà anche a Sam Darnold. La presenza di Gase è stato l’alibi principale delle difficoltà di Darnold, costretto per due dei suoi tre anni nella lega a barcamenarsi in un contesto tossico dal punto di vista ambientale e arido per quanto riguarda la qualità del playcalling e dei compagni di reparto. L’anno prossimo Sam avrà finalmente la possibilità di esprimersi in un contesto di qualità. A Charlotte i suoi palloni finiranno nelle mani di gente come DJ Moore e Robbie Anderson, senza contare la presenza nel backfield di Christian McCaffrey e soprattutto quella in cabina di Joe Brady, enfant prodige del playcalling che di sicuro saprà mettere Darnold in condizioni migliori di quelle atroci dell’era Gase. Non che ci volesse molto, ma tanti giovani QB escono dalla lega senza aver avuto una fighting chance onesta, che invece a Darnold verrà garantita.

PERCHÉ NO

Perché il prezzo è altino in tutti i sensi.

È vero che vale la pena scommettere sui QB, ma ci sono scommesse più onerose di altre. Per questo, prima di parlare del Darnold giocatore dobbiamo considerare quello che i Panthers hanno sborsato: un sesto giro quest’anno, un secondo e un quarto l’anno prossimo. Di per sé non si tratta di un riscatto astronomico, soprattutto se la scommessa sarà vincente, ma se davvero i Panthers erano l’unica pretendente a Darnold è il caso di chiedersi se Carolina non potesse ridurre l’esborso di pick, magari tenendo duro fino al giorno del draft come avevano fatto i Dolphins con Josh Rosen nel 2019. Bisogna anche considerare che i Panthers hanno già attivato l’opzione sul quinto anno del contratto, che nel 2022 farà schizzare il salario di Darnold fino a cifre da QB di media fascia, quindi non si può nemmeno definire la trade così benefica dal punto di vista del salary cap. Solo il rendimento di Darnold potrà dirci se la scommessa è stata vincente o no, ma quello che possiamo dire già ora è che i Panthers avrebbero potuto puntare qualche pick in meno.

Perché ad oggi Darnold è un pessimo quarterback

Al di là dei flash di talento che ci sono qua e là, negli ultimi tre anni Darnold ha giocato come uno dei peggiori quarterback della NFL. Lo dice qualunque parametro statistico (dai più basilari come il TD/INT ratio a quelli più sensibili come la EPA) e lo gridano anche i filmati dell’all 22. Il suo decision making è più che sospetto, e non a caso la maggior parte dei suoi scramble si è conclusa con esiti disastrosi. Quando resta dentro la tasca, la sua capacità di leggere anche coperture difensive prevedibili va spesso in cortocircuito. Persino quando la lettura è corretta, non è raro che il suo pessimo footwork lo porti a svirgolare il lancio fino a farlo finire dritto sul casco di un linebacker avversario.

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La cosa preoccupante di questa compilation è che Darnold commette errori di natura diversa perché le lacune del suo gioco sono estese a diversi fondamentali del gioco.

Possiamo dargli tutte le attenuanti del mondo, ma ad un certo punto il talento deve emergere in modo più consistente di quanto si è visto in questi tre anni, e finora non lo ha fatto. Tornando al discorso Joe Brady, anche se gli schemi dell’OC dei Panthers dovessero riuscire a riabilitare Darnold, a fine 2021 il problema si riproporrebbe, perché a quel punto Brady finirebbe a fare l’head coach altrove, e i Panthers dovrebbero riuscire a scovare un’altra mente offensiva altrettanto brillante.

Perché l’età di un quarterback è un parametro ambiguo

È vero, Sam Darnold è ancora giovanissimo. Tanti dei suoi simpatizzanti insistono proprio sull’età quando profetizzano una redenzione a Carolina. In realtà credo che questo argomento possa essere ribaltato fino a renderlo uno dei principali “no” a questa trade. Ma andiamo per gradi. Darnold è giovane, ma ha già lanciato più di 1200 palloni in NFL. Abbiamo visto come in realtà pochi di questi palloni siano stati di buona qualità, a causa di problemi che Darnold si portava dietro dal college (alcuni suoi intercetti al college sono identici a quelli lanciati nella lega) e che anziché ridursi si sono amplificati. Quindi, citando il sempre ottimo Ben Solak, Darnold ha imparato abitudini pessime che si sono stratificate nel corso di tre anni, e sappiamo tutti quanto sia difficile per un QB ricalibrare la propria memoria muscolare. Aggiungo io rispetto a Solak, il fatto che Darnold abbia introiettato pessime abitudini a una giovane età gioca a suo sfavore, perché quello che si impara da giovani resta più che mai inciso nella nostra memoria. Per Darnold disimparare quanto ha fatto di sbagliato finora sarà parecchio complicato. Nulla vieta che possa riuscirci, ma la strada è sicuramente in salita.

Perché i fantasmi sono sempre in agguato

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Non possiamo parlare di Darnold senza parlare di fantasmi, perché gli spettri che ha visto in quel famigerato Monday Night contro i Patriots esistono e lo accompagneranno a lungo. Per un quarterback così giovane non c’è niente di peggiore di non riuscire a capire cosa sta vedendo il campo. Venire colpito a ripetizione senza nemmeno sapere da dove arrivano i colpi porta ad aspettarsi sempre il difensore libero addosso, e così la sensibilità verso la pressione si tramuta in terrore della pressione stessa. Traumi di questo tipo possono sbriciolare la confidence di un quarterback e scombussolare, spesso irrimediabilmente, quell’orologio interno che è fondamentale per dirigere un attacco NFL. È esattamente questa l’impressione che ho avuto guardando Sam Darnold: quella di un giocatore completamente sfiduciato, rotto dal disastro che sono stati i primi anni della sua carriera al punto che mi viene da chiedere se ci sia ancora qualcosa da aggiustare. Cambiare aria gli farà sicuro bene, ma se sono meno positivo di altri sulla sua redenzione è proprio perché temo che i fantasmi gli turberanno il sonno anche in Carolina.

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Alberto Cantù

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