AREA 54: Il pagellone 2020 dei Chicago Bears
Torna AREA 54, la rubrica di Huddle Magazine interamente dedicata ai Chicago Bears. Tiriamo le somme della stagione 2020 con le (temutissime) pagelle in casa Bears a cura di Alex Cavatton.
Alex Bars 6
Chiamato in causa da Nagy troppo tardi e travolto dalle macerie di una linea crollata ancor prima dello snap, il giovane tackle di Notre Dame impiega più del dovuto per entrare in ritmo partita ma poi si stabilizza. C’è margine per il futuro.
Tyler Bray s.v.
Cinque tentativi nel disperato finale contro i Vikings, uno solo andato a segno. Avesse ribaltato le sorti di quell’incontro nell’ultimo drive il suo voto sarebbe stato 8.
Deon Bush 5
Percentuale di snap giocati irrilevante, un intercetto contro i Giants ad inizio anno e pochi, sporadici tackle. Da lui ci si aspettava qualcosa in più.
Tarik Cohen s.v.
Ingiudicabile per via delle tredici partite saltate a causa di un brutto infortunio. Cohen era stato uno dei maggiori disappunti datato 2019 e questa stagione lo avrebbe dovuto riscattare (anche a fronte del rinnovo di tre anni). Tre incontri non bastano per valutare un giocatore, ma le medie realizzative di queste sfide lo mantengono ampiamente sotto un livello accettabile. In ottica futura, purtroppo per lui, non c’è nessuna fiducia.
Rashaad Coward 2
Anello debole della catena, tra i maggiori responsabili del tracollo offensivo. Nel mondo servono spalle larghe per costruire case, o per lavorare la terra. Non basta essere grossi per giocare a football.
James Daniels 6
Con lui al centro della linea offensiva 5 partite, 4 vittorie. Poi infortunio pettorale e stagione finita. Non che i successi di Chicago dipendessero da lui, ma Daniels offriva “maggiori” sicurezze in un reparto allo sbando.
Mario Edwards 6.5
Per aver giocato una media vicina al 20% delle azioni totali, il contributo dalla panchina del DE è notevole: 4 sack, il doppio di quelli dello strapagato Robert Quinn, gli garantiscono una sufficienza abbondante.
Nick Foles 6.5
La rimonta sui Falcons è stata epica, l’aver battuto Tom Brady in week 5 è stato il più bel regalo fatto ai Bears. Vedere la Wild Card dalla panchina senza poter intervenire per ragioni a noi ignote resta un disappunto non imputabile a lui. Il suo rendimento dopo una prima fase molto alta è andato calando fino a dissolversi in un finale “Trubiskyano”. Promessa mantenuta a metà, tornerà? Verrà scambiato? Poco conta, il fatto che Foles non possa essere l’uomo franchigia è piuttosto chiaro, tuttavia gli diamo un voto di rispetto.
Kyle Fuller 7
I numeri personali sono andati scemando, ma la consistenza di Fuller è indiscutibile. Una fisicità dominante che ha portato il livello agonistico ben sopra a quello delle statistiche. Rimane una garanzia anche se sul suo nome pende la reale possibilità di una trade.
Ted Ginn Jr. 4.5
Impiegato poco, vero. Ma il suo apporto da veterano avrebbe dovuto lasciare un segno più marcato. Tre ricezioni e un fumble sono davvero poca cosa, come la valutazione scelta per lui.
Tashaun Gipson 7.5
Puntuale, astuto e scaltro quanto basta per elevare la sua figura in mezzo ad una difesa di ferro. Gipson ha saputo trarre vantaggio dalla forza dei suoi compagni trasformando i suoi intercetti in materia prima. Il successo di Gipson non è, ovviamente, tutta farina del suo sacco, ma comunque il suo anno d’esordio a Chicago lascia un segno positivo.
Jimmy Graham 7.5
50 ricezioni, 456 yard, 8 touchdown. Arma letale in red-zone, agonismo e artigli affilati. Sempre sul pezzo. Peccato che chi gestiva le rotazioni si sia troppo spesso dimenticato di lui in sideline. Giovatore perfetto per sviluppare il talento di Kmet nel ruolo di TE.
Demetrius Harris 4
Terzo tight end disponibile a roster, troppo spesso target numero uno. Scarsa concentrazione, opportunità gettate al vento, giocatore sopravvalutato da Nagy che ci mette quasi mezzo campionato insistendo col paraocchi su Harris quando la sua prima scelta (secondo giro) del draft 2020 era stata spesa proprio per un TE. Male.
Akiem Hicks 7.5
Ancora della difesa, senza di lui al centro della linea si soffre, in particolare sulle corse. Soffre anche Roquan Smith se Hicks non c’è. Troppo irascibile e spesso coinvolto in penalità evitabili, ma la difesa intorno a lui lavora a meraviglia. Guerriero vero.
J.P. Holtz 6
Scarso utilizzo, 6 politico.
DeAndre Houston-Carson 5.5
Nulla di speciale, giocatore da rotazione che fa il suo mestiere al minimo sindacale.
Germain Ifedi 3.5
Il fatto che a Seattle lo abbiano scartato non lasciava dubbi su quello che sarebbe stato il suo rendimento. Ifedi fa parte dei buchi colabrodo della OL di Chicago, nessuno aveva provato dell’ottimismo al suo arrivo, nessuno vorrebbe vederlo in campo nuovamente con la maglia dei Bears.
Eddie Jackson 4
La più grande delusione nella secondaria dei Bears porta il nome di una delle safety più pagate nel campionato. BoJack aveva lanciato segnali poco incoraggianti nel 2019, segnali che si sono materializzati nuovamente a distanza di un anno. Da un talento simile ci si aspetta di più, non sarei stupito nel vederlo tra i giocatori sul mercato in cambio di scelte intermedie. Peccato.
John Jenkins 6
Un rincalzo adeguato in una difesa che non vuole concedere nulla per principio.
Jaylon Johnson 7.5
Una scommessa, alla fine, Ryan Pace l’ha vinta. Il sostituto del principe Amukamara ha performato sopra le attese. L’infortunio alla spalla subito al college aveva condizionato il suo pick al draft, sceso al secondo giro. Ma Johnson è assolutamente degno di rientrare nelle discussioni di un first-rounder, dunque possiamo valutare questo cornerback come uno “steal of the draft”. Fisico, imponente, veloce. Il futuro difensivo dei Bears passerà dalle sue mani.
Cole Kmet 6-
Voto di fiducia per Kmet, anche se la sufficienza non è del tutto piena. Nagy lo fa sentire un emarginato, non lo usa e non lo coinvolge. Lui ci mette più del dovuto a ritagliarsi quello spazio che possa permettergli di crescere. Soffre i colpi duri e gli capita di perdere il possesso dopo un tackle, ma l’attitudine è quella giusta per poter diventare un buon giocatore. Rimandato all’anno due.
Charles Leno Jr. INDECENTE
Non si può dare un voto numerico allo scempio di Leno Jr.: lento, goffo, fuori forma, irritante nel vedergli cedere il passo ai difensori che si fanno beffa di lui con costanza. Dai tempi di Lawrence Taylor, escludendo il QB, il tackle sinistro è nel football americano il ruolo più importante dell’attacco. A Chicago sembrano non aver studiato la storia ed il risultato di una gravissima insufficienza porta il nome di Leno.
Khalil Mack 8
Il campione sportivo più importante della città del vento ha giocato da campione. I ref non hanno più l’interesse di un tempo nell’applicare il regolamento che, da disposizioni della lega, vuole favorire lo spettacolo. Quindi si fottano gli holding e pure quelli che investono soldi sui pass-rusher. Sempre in campo, anche con qualche problema fisico: 1 intercetto, 9 sack, 1 safety, 3 fumble forzati e 2 recuperati. Khalil Mack rimane il valore aggiunto di una squadra che senza quel #52 sarebbe condannata all’oblio.
Bobby Massie 5
Altro elemento negativo della linea offensiva, ma forse il migliore tra i peggiori.
Sherrick McManis 6
Per quanto utilizzato diciamo che ha fatto vedere quello che dovrebbe stare nella media.
Anthony Miller 4
Non incide, non funziona. Doveva essere il WR2 nel reparto wideout ma i suoi numeri lo collocano nelle medie di un WR4. Inefficace.
Barkevious Mingo 7
Linebacker impiegato anche nello special team, la sua storia è di quelle che gli consentono di giocare divertendosi. Ha vinto il Super Bowl a New Englans 4 anni fa con sole tre presenze nel suo primo anno tra i professionisti, quindi il suo anello ce l’ha e tutto il resto non conta. Carriera in discesa. A Chicago gioca con voglia e con tanta serenità. Duttile e perspicace, non ha le pressioni sulla schiena e si muove con leggerezza. Tra le poche note positive in stagione. Spensierato.
David Montgomery 9
“Dalle e dalle, se piega pure ‘o metalle”, dice un proverbio partenopeo. Monty non gode di alcun supporto da parte dei compagni offensivi, nè da parte di chi chiama i giochi. Deve sbattere testa e cuore contro i muri difensivi della NFL che conoscono la prevedibilità del playcalling Bears. Eppure, nonostante tutto, Monty sfonda le mille yard, ne aggiunge oltre 300 su ricezione e segna 8 mete di scrimmage (6 su corsa + 2 in ricezione). Il suo potenziale è esploso nell’anno da sophomore, non costruirgli qualcosa di valido intorno sarebbe un oltraggio.
Darnell Mooney 8
Un falco pellegrino in picchiata. Velocità incontrollabile, svelto sia con le gambe che con la testa, sceglie quasi sempre la posizione giusta.631 yard e 4 TD sono tanta roba per un rookie scelto con la chiamata 173 del 5° giro. Deve mettere un pò di massa perchè i 79 kg sono un pò pochi per competere ad alti livelli contro i CB del campionato, ma il margine di potenziale di Mooney è incantevole. Scheggia!
Sam Mustipher 6.5
Un altro ragazzone di Notre Dame che entra in corso d’opera nella sgangherata linea offensiva di Nagy. Dove sostituire un pilastro al centro come Whitehair e lo fa con gran mestiere. Bravo.
Ryan Nall 6.5
Questo ragazzo è un faticatore che ama farsi trovare pronto. Non ha possibilità di mettersi in gioco più di quel tanto ma quando entra fa il suo sporco lavoro senza far rimpiangere nessuno.
Bilal Nichols 7.5
Gioca senza paura e con molta voglia, porta a casa un intercetto e ben 7 sack muovendosi con destrezza tra le linee. Il suo investimento comincia a pagare i dividendi.
Pat O’Donnell 8
A Chicago ci sono due cose sicure e costanti: il vento e Pat O’Donnell. Non importa cosa succederà, il punter dei Bears, vinca o perda, lavora sempre con grande fermezza e professionalità. Icona.
Cordarelle Patterson 10
Lasciategli fare ciò per cui è nato e non vi deluderà. Pensare ai record di Devin Hester è pura follia, ma Patterson è l’unico “folle” che può farlo. Monumentale, non solo nella forma fisica!
Robert Quinn 2
Due, come i suoi sack in stagione. Doveva portare energia e forza ad un reparto già devastante rendendolo il più letale. Invece un letargo durato 4 mesi lo ha sottratto dal campo senza dimenticarsi, però, di far lievitare il suo conto in banca. Delusione assoluta, Quinn rimane a libri paga occupando un cap mostruoso. Harakiri!
Riley Ridley NON PERVENUTO
Non è chiaro se il ricevitore stia simpatico a Nagy o cosa, fatto sta che la sua agilità non è mai stata minimamente considerata. Punto di domanda…
Roy Robertson-Harris 6
Porta ritmo in campo e crea buone dinamiche sui raddoppi ai suoi compagni, bravo a mettere pressione quando serve. Peccato che abbia finito la stagione al giro di boa.
Allen Robinson II 10
1250 yard, 6 touchdown. Se dietro alle spalle di Robinson giocasse Patrick Mahomes, e non Mitchell Trubisky, le sue statistiche raddoppierebbero. Il ricevitore più sottovalutato della lega è tornato ai livelli di un tempo. Chicago tentenna sul rinnovo e fa male perchè un fenomeno ARob non si rimpiazza facilmente. Indifendibile!
Cairo Santos 10 e lode
Tra i molteplici problemi del football nella Windy City, quello del kicker era tra i più grossi. Il bomber brasiliano ha regalato un’annata che vale come un vino pregiato, calciare al Soldier Field è tra le mansioni più complesse dell’intero campionato e Cairo Santos ha superato la prova più che brillantemente. Sicurezza assoluta!
Patrick Scales 6
Fa sempre il suo dovere.
Duke Shelley 5.5
Qualche buco di troppo, ma nel complesso accettabile.
Buster Skrine 4
Punto debole della difesa, si autocelebra su Twitter come il miglior nickel della lega ma è lontanissimo dall’esserlo. Altalenante, proprio come quando giocava ai Jets. Incapace di alzare il livello viene traforato con frequenza dai ricevitori avversari. Zavorra.
Roquan Smith 9
A tutto campo, stagione enorme da 139 tackle, 2 intercetti, 1 FF e 1 FR. Gioca con carattere e con autorità, la stessa che avevano gente del calibro di Urlacher, Singletary o Butkus. Deve ancora sviluppare però quella leadership che le tre leggende prima menzionate hanno saputo adottare nel corso delle loro prestigiosissime carriere. Tackle Machine!
Jason Spriggs 5.5
Coinvolto a mezze misure non si comporta male, ma non fa nemmeno la differenza. Difficile farla in quella linea offensiva…
Danny Trevethan 5
Ormai il suo tempo è giunto. Sembrava cosa buona estendere i suoi servigi alla Halas Hall ma gli anni di duro lavoro hanno logorato un campione veterano di questo sport. Poco reattivo, poco agile. Se il rispettivo gli prende il tempo addio, le praterie del Midwest sono vaste e sconfinate. L’esperienza conta sempre tanto all’interno di uno spogliatoio, ma quel tanto deve essere amministrato in maniera intelligente.
Mitchell Trubisky 4
L’epopea di Trubisky continua nel quarto anno, terzo deludente e secondo consecutivo sotto media. Il coperchio del suo bidone era stato sollevato senza riserve già a metà del 2019; oggi la puzza di ciò che conteneva quel bidone è diventata nauseante. Sono 70 anni che a Chicago abbiamo un problema da risolvere, quello del QB. Di Trubisky sapevamo dal giorno zero che il suo numero 10 non sarebbe stata la soluzione, ma un mero abbaglio. L’avventura del QB termina qui, nei suoi confronti è stata riposta più fiducia di quanta non ne meritasse una seconda scelta assoluta. Mitchell è finito sotto terra, poi riesumato e mandato in campo a fare quello che anche uno zombie avrebbe saputo fare. Non mi stancherò mai di indicarti come un BUST.
Brent Urban 7.5
Bella stagione del canadese di Mississauga. Agguerrito al punto giusto e affamato di visibilità. Caccia al quarterback incessante sebbene le sue skill lo tengano rilegato in un angolo della difesa. Apprezzo l’impegno.
James Vaughters 6
Per quanto utilizzato ci siamo. Non si tira indietro e non si sente inferiore nonostante i grandi nomi che deve fronteggiare, o sostituire nelle rotazioni. Un buon mestierante.
Kindle Vildor s.v.
L’importante è partecipare…
Cody Whitehair 7
L’unica cosa buona in un sistema di linea offensiva da buttare nella spazzatura.
Javon Wims 4
Si pensava potesse ricreare delle dinamiche alla Alshon Jeffery per via del suo fisico da cestista che ricordava quello dell’ex superstar Bears. Invece c’è della grande inconsistenza e anche una buona dose di stupidità. Casca nei tranelli dei difensori più abili sotto il profilo mentale e danneggia la sua squadra in un momento cruciale della stagione. Bambino.
Matt Nagy 3
Sei arrivato ai playoffs e hai salvato la panchina davanti alla proprietà. Due post-season in 3 anni sono un ottimo risultato considerando gli ultimi 20 anni di NFL a Chicago, ma ora per fare il salto di qualità servirà altro. E questo “altro”, Nagy non lo ha nelle sue corde. Con lui sulla panchina i Bears sono condannati ad un futuro di mediocrità e frustrazione. Non serve la sfera magica per comprenderlo. Il cambio forzato dalla dirigenza in corsa per far chiamare i giochi a Lazor riflette in tutto e per tutto la testardaggine di Nagy, un orgoglio smisurato e un ego che mette i brividi.
Chuck Pagano 4.5
Dispiace elargire un voto così basso ad un uomo come Pagano, ma il suo stile non rispecchia quello di una difesa forgiata da Vic Fangio con sangue e sudore. Si è trovato il giocattolino pronto nelle mani e lo ha utilizzato a piacimento ma il suo apporto alla grande difesa di Chicago è stato del tutto inconsistente. Pagano ha la responsabilità di aver trasformato una difesa che faceva vincere le partite a suon di turnover, in una difesa che si pone a livello medio-alto. Pazienza, quantomeno ha lasciato il posto a differenza dei colleghi che invece si ostinano a volersi dimostrare competenti quando non lo sono (vedi Nagy).
Ryan Pace ZERO
Le occasioni per rimediare ai problemi si sono presentate, ma lui ha passato la mano. Incapace di trovare le soluzioni alle reali necessità di una squadra che ha perso compattezza, credibilità e fiducia. Lui però porta a casa il risultato facendo credere ai proprietari che ci sia un margine di miglioramento. La città lo odia, teme che Pace possa compromettere ulteriormente il futuro della squadra per potersi salvare la faccia. Per come si destreggia nei confronti della famiglia McCaskey andrebbe indagato per circonvenzione di incapaci.
Proprietà SVEGLIA!
L’ultima parola è dedicata a chi gestisce l’intera baracca con superficialità estrema nonostante l’attaccamento ai colori sia più che profondo. Quando Virginia McCaskey ha visto i Bears umiliati a Green Bay si pensava che un cambiamento sarebbe stato inevitabile: Ted Phillips, Matt Nagy, Ryan Pace andavano cacciati a pedate senza voler sentire giustificazioni. Invece, le vecchie mummie che staccano gli assegni a fine mese, sembrano essersi lasciate convincere dai “collaboratori di fiducia” che questa sia la strada giusta. E come delle mummie finiremo in mezzo al deserto. Questa proprietà ha avuto un ruolo deleterio per tutti gli ultimi 30 anni e purtroppo, vivendo di gloriosi ricordi, finchè i vertici non cambieranno il destino dei Bears rimarrà immutato.
Ora occhi rivolti al 2021, a Chicago non ci si darà mai per vinti anche se siamo tutti consapevoli del fatto che la prossima stagione potrebbe essere un disastro preannunciato. Ma nonostante tutto, #BearDown