X&O’s: A scuola di running game con i Cleveland Browns

“There’s no better feeling then moving a man from point A to point B against his will”.

Nel football non c’è nessuna sensazione migliore dello spostare un uomo dal punto A al punto B contro la sua volontà. Questa frase è stata coniata da Russ Grimm, ex offensive lineman dei Redksins degli anni ’80, ma qualunque giocatore di qualunque livello potrebbe confermarvelo. Ci sono poche cose più eccitanti per una squadra di football di annichilire totalmente l’avversario con il running game, punirlo con un gioco fisico finché non ne può più, costringerlo ad arrendersi corsa dopo corsa. Quella frase di Grimm avrebbero potuto sottoscriverla i membri dell’attacco dei Cleveland Browns, che domenica scorsa a Dallas hanno arato la difesa dei Cowboys al ritmo di 307 yard su 40 tentativi, media di 7.67 yard a portata e 3 touchdown via terra. I running back di Cleveland hanno galoppato per il campo dal primo all’ultimo minuto, spazzando via dal campo il front 7 di Dallas dopo aver maltrattato quello di Washington in Week 3 e Cincinnati in Week 2. Da quando sulla loro panchina si è insediato Kevin Stefanski, i Browns sono diventati improvvisamente il migliori rushing team della NFL, al punto che attualmente dominano la classifica di yard su corsa a partita con 204.5, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Quando corre, la squadra sembra l’incarnazione del loro run game coordinator, un uomo chiamato “Stump” Mitchell, un ex running back soprannominato ceppo per quanto era duro da atterrare ai tempi in cui giocava ai Cardinals.

Menzione d’onore per la combo treccine à la Xzbit/occhiale à la Malcolm X/ barba à la Karl Marx

Ad impressionare non sono solo i numeri grezzi sulle corse, ma il modo in cui questi numeri sono stati ottenuti. Soprattutto nella partita giocata contro i Cowboys, i Browns hanno dato fondo all’arsenale di schemi di corsa disponibili in NFL, correndo in ogni modo possibile e immaginabile. Per questo motivo la clinic di running game messa in piedi da Cleveland è perfetta per introdurci ad un progetto che su XoS avevamo in cantiere da tempo, ovvero un’introduzione agli schemi di corsa più popolari del football. Vi anticipo che non sarà una lettura semplice, perché stiamo per avventurarci in un terreno molto complesso e ricco di concetti complicati racchiusi in parole in codice talvolta criptiche. Se arriverete alla fine di questo pezzo, però, vi assicuro che da settimana prossima riuscirete a dare un minimo di senso al groviglio di corpi che si ammassano sulla linea di scrimmage dopo ogni corsa. C’è una logica dietro quella pila di gambe e braccia, e per comprenderla ci faremo aiutare proprio dai Browns 2020, partendo con lo schema più popolare e riconoscibile della NFL, la outside zone.

Outside zone

Kevin Stefanski si è portato con sé dal Minnesota uno dei sistemi offensivi più implacabili della NFL moderna. Ne abbiamo parlato diverse volte e in diverse sedi, soprattutto sulla nostra guida tattica alla NFL 2020, ma vale la pena fare un passo indietro per chi si è perso le puntate precedenti. Stiamo parlando del sistema elaborato da Mike Shanahan e Gary Kubiak nella Denver degli anni ’90 ed espansosi poi nei quattro angoli della NFL grazie a menti offensive come Kyle Shanahan, Sean McVay e Matt LaFleur. Un sistema cui spesso ci si riferisce citandone il tipo di giocata più iconica, la outside zone. Normalmente nel calderone di “outside zone” finiscono più o meno legittimamente diversi tipi di corsa. Quello che tutte queste run play hanno in comune è che, attraverso un sistema di blocchi a zona, la linea offensiva scivola esternamente verso uno dei due lati (da qui il nome “outside zone”), causando uno scivolamento analogo del front 7 della difesa, costretta ad accompagnare questo movimento laterale.

Iniziamo a conoscere la outside zone, corsa qui dai Dalvin Cook dei Vikings

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Partiamo sfatando un mito: l’obiettivo di queste corse esterne non è puntare sempre e comunque verso l’esterno, ma costringere la difesa a reagire a questo scivolamento laterale di modo che succedano due cose, entrambe potenzialmente positive per l’attacco: se la linea offensiva blocca perfettamente e la difesa resta conservativa nel suo scivolamento, il running back avrà la strada spianata verso la sideline. Se invece defensive linemen e linebacker puntano più decisamente all’esterno, allora si creeranno delle “cutback lanes” per il running back, che potrà tagliare di nuovo verso l’interno. Proprio il lavoro del running back è decisivo per l’esito della giocata. Si tratta di un lavoro mentale prima che fisico: dopo aver puntato l’esterno col primo passo, il RB deve leggere i blocchi per capire se proseguire esterno oppure se (e quando) tagliare verso l’interno. Per giocare in questo sistema non è necessario essere mostri di atletismo, ma è necessario essere running back disciplinati nelle letture. Certo, se poi il running back ha entrambe le skill, le cose si fanno interessanti. Guardate Nick Chubb nella prima giocata offensiva dei Browns.

 Cleveland sta correndo una Outside Zone Weak, nel senso che la corsa esterna va in direzione del lato debole, quello opposto ai tight end. La corsa inizia con tutti i membri della linea che effettuano all’unisono un passo laterale (chiamato “zone step”) in direzione della corsa. In questo momento Chubb riceve l’handoff e non sa ancora dove finirà la corsa. In un certo senso, a deciderlo sarà il comportamento dei difensori. Partiamo dal più esterno: il n. 58 Aldon Smith è esterno rispetto al left tackle Tristan Wirfs, quindi è in ottima posizione per bloccare l’accesso alla sideline. Visto che l’esterno è bloccato, Chubb deve lavorare di nuovo verso l’interno leggendo gli altri difensori. Il secondo difensore partendo dall’esterno è il numero 48 Thomas, un linebacker. Thomas si è fatto attrarre troppo in fretta dalla minaccia di corsa esterna, creando così un varco interno che Chubb legge perfettamente. Se Thomas invece fosse stato più conservativo, restando internamente, Chubb avrebbe comunque trovato spazio sull’esterno.

Quindi, ricapitolando, nella outside zone linea e RB puntano all’esterno, con il RB pronto a tagliare internamente se l’esterno è chiuso. Per una conoscenza superficiale della outside zone vi basta questo. Aggiungiamo una piccola ma fondamentale nota per chi vuole saperne di più. La base di ogni tipo di corsa a zona sono i double team, i raddoppi degli offensive linemen sugli uomini di linea difensiva. In quest’azione ne abbiamo due, rispettivamente centro e guardia sinistra sul numero 95 e guardia e tackle destri sul numero 72. I due uomini di linea che partecipano al double team hanno il compito di bloccare il difensore in coppia fino a che uno dei due riesce a “sigillare” il difensore. A quel punto, l’uomo di linea rimasto libero deve sganciarsi e andare al secondo livello, cercando una safety o un linebacker da bloccare. In particolare il double team di centro e guardia sinistra è eseguito molto bene: appena il centro riesce a sigillare il numero 95, la guardia destra si sgancia e va a bloccare il numero 48 dei Cowboys, aprendo una corsia esterna per Chubb. Perché una corsa esterna funzioni sono imprescindibili due cose: 1) che i blocchi (soprattutto i double team) siano eseguiti come dio comanda 2) che il running back sia abbastanza intelligente da saperli leggere in tempo reale, perché se il punto 1) è valido ci sarà sempre un corridoio da prendere. Il punto è saperlo trovare.

Vedere una squadra di Stefanski correre outside zone è tutto fuorché una novità. I Vikings 2019 – di cui Stefanski era coordinatore offensivo, sono stati quarti per numero di corse con 476 tentativi, il 73% dei quali era composto da corse a zona. In offseason, Stefanski sembrava intenzionato a riproporre lo stesso stile zone-heavy anche a Cleveland, dichiarando che il suo attacco sarebbe stato identico a quello dei Texans 2008, allenati dal suo mentore Gary Kubiak secondo i dettami della outside zone. Le cose invece sono cambiate, perché Stefanski si è reso conto che lo skillset dei suoi giocatori gli avrebbe permesso di strutturare un running game molto più vario a livello schematico. Per motivi che approfondiremo in altre sedi, le squadre che giocano costantemente outside zone sono vincolate dal correre quasi solo quel tipo di schema a zona: la coordinazione richiede tempo da sottrarre ad altri tipi di blocchi e in più gli uomini di linea sono spesso leggeri e per questo meno adatti ad eseguire schemi di corsa più fisici. I Cleveland Browns di Stefanski stanno sostanzialmente smentendo questo assioma. Seguendo l’esempio tracciato dai 49ers di Kyle Shanahan, Stefanski ha reso il suo sistema molto più vario, incorporando nel suo sistema di blocco a zona altri tipi di corse molto diversi. Andiamo a conoscerli partendo dagli “angle blocking schemes”.

Angle blocking: Power e Counter

Non di sola outside zone vive l’attacco dei Browns quindi. Anzi, quest’anno la squadra è seconda nell’uso di schemi di corsa che prevedono almeno un “pull” da parte di un offensive lineman. Quando parliamo di pull abbiamo abbandonato la regione delle corse a zona per addentrarci in un’altra categoria di corse, quella degli “angle blocking schemes”, che concettualmente si trovano all’opposto rispetto ai blocchi a zona.

La outside zone è reattiva per natura: come un maestro di Ju Jitzu, la linea offensiva si limita ad usare la forza dei difensori contro i difensori stessi. Se la difesa chiude aggressivamente l’esterno, la linea asseconda quel movimento per aprire varchi interni, viceversa, se la difesa resta interna la linea offensiva la tiene interna, aprendo varchi esterni. Negli schemi a zona quindi è la difesa a “decidere” dove finirà la corsa, è la reazione della linea a questi movimenti a indicare al running back quale strada percorrere, se interna o esterna. Al contrario, negli schemi angle l’attacco sa dove vuole andare e sa già prima dello snap quali uomini apriranno la strada al running back. Cito da un ottimo libro come Take your eye off the ball di Pat Kirwan: «Gli schemi a zona fanno tirare la difesa il primo pugno e poi contrattaccano. Gli schemi “angle blocking” vogliono tirare il primo pugno». Si tratta di schemi sono molto più fisici e verticali rispetto agli zone schemes, nei quali l’obiettivo è imporre il proprio dominio fisico sfruttando dei movimenti predefiniti. La differenza rispetto alla zona sarà chiara appena affronteremo il primo di questi schemi, la Power.

In un certo senso, la base della Power è controintuitiva. Se voglio correre a destra, quasi tutti i miei blocchi sono in direzione contraria, quindi a sinistra. In questa azione dei Browns vediamo che, mentre il running back Kareem Hunt punta a sinistra, tutti i giocatori di linea bloccano verso destra, effettuando quello che si chiama “down block”. Tutti tranne due, la guardia destra e il tight end n. 88, che invece bloccano “playside”, in direzione della giocata e quindi verso sinistra. L’idea è che uno dei due, in questo caso il tight end, sigilli il lato esterno con un “kickout block” mentre l’altro, la guardia, apra la strada al RB come lead blocker.  Hunt arriva al secondo livello grazie ai blocchi poi “rimbalza” verso l’esterno per segnare il touchdown. Di nuovo, una nota aggiuntiva sulla linea. Gli schemi di blocco “angle” prevedono sempre un “puller”, ovvero un uomo di linea che attraversa lo schieramento per andare a bloccare verso il lato della corsa, nell’esempio di prima, la guardia destra si sposta a sinistra per bloccare. Il ruolo di questo puller è talmente importante da aver dato il nome allo schema, perchè la Power prende il nome dalla lettera “p” di “puller”. Per questo le corse “angle” sono molto facili da riconoscere, basta seguire il movimento a mezzaluna del “pulling lineman”.

Per quanto riguarda i compiti del running back, a differenza delle corse a zona nelle “angle” non si chiedono al corridore letture particolarmente elaborate, ma di seguire il suo lead blocker e penetrare centralmente nella difesa. Oltre alla Power, l’altro schema principale tra gli angle schemes è il counter, anche questo usatissimo dai Browns. Senza complicarci troppo la vita, la Counter è estremamente simile alla Power, ma potete riconoscerla guardando il running back: se il RB fa un passo (chiamato appunto “counter step”) opposto alla direzione della corsa, allora quella è molto probabilmente una Counter.

Nella counter i compiti tra fullback e “pulling” offensive lineman sono opposti rispetto alla power: qui infatti l’OL effettua il kickout block più esterno, mentre il FB diventa il lead blocker.

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Negli angle schemes la potenza è una caratteristica più importante dell’agilità per quanto riguarda gli offensive linemen. Il fatto che la linea di Cleveland riesca a giocare schemi “di potenza” come power e counter e allo stesso tempo sia devastante su corse “di agilità” e “di coodinazione” come la outside zone rende giustizia al grandissimo lavoro fatto da Bill Callahan, il nuovo coach di linea offensiva dei Browns.

Man blocking

Abbiamo visto come l’attacco dei Browns padroneggi magistralmente due famiglie di corse molto diverse tra loro come zone e angle. Non è finita qui, all’occorrenza i ragazzi di Stefanski sanno usare anche il terzo ramo, quello dei “man blocking schemes”, gli schemi più fisici e basilari della NFL. Restando sulla nostra metafora pugilistica, se le corse a zona sono un contrattacco da Ju Jitsu e le corse power sono una combo jab sinistro-gancio destro, le corse a uomo sono una testata in fronte tirata alla difesa. Sono rudimentali nell’esecuzione e violente nel risultato. Lo dice il nome: man blocking significa che ogni uomo di linea prende un difensore e lo deve spostare da dove si trova. Spesso in questi schemi c’è un fullback, o comunque un giocatore che cui è assegnato il blocco decisivo. Il più famoso degli schemi basati sul blocco a uomo è Iso lead, anche in questo caso il nome aiuta a capire il concetto. Nella Iso Lead vogliamo isolare (iso) il nostro lead blocker contro un linebacker avversario. Essenzialmente si sceglie un gap da attaccare (se non sapete cosa sono trovate qui la spiegazione) lo si allarga il più possibile e poi ci si manda dentro il fullback, che uno contro uno deve bloccare il linebacker avversario. Se tutto va bene, il running back sfonda centralmente e arriva al secondo livello della difesa. Vista l’importanza del blocco del FB, questo schema viene definito anche BoB o Back on Backer, ovvero un (full)Back isolato contro un (line)Backer.

Qui I Browns vogliono attaccare il B gap di destra (quello tra guardia e tackle) di modo che il fullback possa trovarsi isolato contro il linebacker numero 48 dei Cowboys. Le cose non vanno esattamente secondo i piani perché la guardia destra si fa battere internamente dal numero 72 dei Cowboys, ma il blocco del fullback è comunque efficace e permette a Kareem Hunt (ottimo nel leggere la situazione) di attaccare il C gap e ottenere un buon guadagno.

Pin and pull

Come se non bastasse, i Browns hanno dimostrato di saper ricorrere ad un altro schema, usato come “change up” per cambiare passo rispetto alle corse esterne e chiamato Pin and Pull. In questo caso ci sono due “pullers”, a decidere chi sono è sostanzialmente l’allineamento difensivo. Nelle pin and pull ogni uomo di linea deve leggere pre snap la propria situazione: se ha un difensore al suo interno (rispetto alla direzione della corsa) lo bloccherà (pin), se invece è libero all’interno diventerà un puller che andrà ad aprire la strada per il running back. Con questo schema i Browns hanno fatto a pezzi i Redskins in week 3.

La giocata è chiamata verso la sinistra. Gli uomini di linea che hanno un difensore alla loro destra (n. 71, 65, 78, 88) bloccano il loro uomo (pin). I due olinemen liberi sulla destra (75 e 77) invece effettuano un pull per aprire la strada a Chubb. Lo schema funziona alla perfezione e il running back si invola fino alla endzone.

Trap e Wham

Semplificando all’estremo, ogni famiglia di running schemes punta a vincere grazie ad un aspetto: nelle corse a zona è la coordinazione e l’agilità della linea, in quelle “angle” è la potenza mista agli angoli di blocco favorevoli, nelle corse a uomo la forza bruta della linea e la presenza di un ottimo fullback. Per non farsi mancare niente, i Browns vincono anche grazie all’effetto sorpresa garantito dalle “trap runs”, ovvero corse in cui si lascia volutamente libero un difensore ad inizio azione, lo si fa penetrare nel backfield e solo in un secondo momento lo si va a bloccare lateralmente. Le trap sono un argomento interessantissimo (qui ne trovate una spiegazione approfondita), così come le loro cugine, le “wham plays”, che i Browns usano alla perfezione. La Wham funziona come una Trap, l’unica differenza è che ha portare il blocco laterale è un giocatore di movimento (quasi sempre un tight end) mentre nelle Trap quel lavoro spetta ad un uomo di linea.

Qui i Browns lasciano volutamente unblocked il nose tackle numero 99. Solo in un secondo momento arriva il “wham” block da parte del tight end n.88 che toglie di mezzo il 99 dei Cowboys e apre una voragine centrale per Kareem Hunt.

WR runs

Se vi sembra un incubo difendere schemi così diversi avete totalmente ragione. Ma nella via crucis difensiva di chi deve bloccare un running game così esplosivo c’è un’ultima stazione, quella in cui i Browns fanno correre i wide receiver. Oltre ai running back, infatti, i Browns usano spesso e bene i ricevitori nel gioco di corse, aggiungendo in questo modo un altro elemento di misdirection al loro gioco di corse. Spesso le azioni dei Browns sembrano una tradizionale corsa del running back, salvo poi rivelarsi tutt’altro. Sotto questo aspetto Stefanski ha dimostrato di saper mimetizzare il proprio attacco in modo che giocate diverse sembrino in un primo momento uguali tra loro.

Inizialmente questa corsa sembra in tutto e per tutto una counter verso sinistra (ne abbiamo visto un esempio poco su), con la guardia destra e il numero 88 a bloccare verso sinistra. Logicamente, la difesa dei Cowboys scivola verso il lato da cui si aspetta una corsa.  Qui c’è il barbatrucco. La palla non arriva al running back Nick Chubb, perché Baker Mayfield la affida a Odell Beckham Jr, che si sta muovendo da sinistra a destra dello schieramento, quello più sguarnito perché la finta di corsa ha spostato i linebacker dei Cowboys verso il lato sinistro. La counter è diventata un reverse per OBJ, che può anche contare su un lead blocker: esattamente il tight end numero 88, che ha fatto marcia indietro (windback) per aprire la strada a Odell.

Conclusione

Insomma, ci sono tantissimi di modi in cui un attacco può dominare grazie al gioco di corse. La capacità dei Browns di sfruttarli quasi tutti è davvero impressionante, visto che parliamo di una squadra che ha rivoluzionato staff e personale offensivo nel corso di un’offseason mutilata dal Covid. Nonostante queste difficoltà, i Browns si stanno iscrivendo a quel club di squadre capaci di correre con un successo esagerato anche nell’era della passing league. Essendo un club molto esclusivo, è molto probabile che la vostra squadra del cuore non ne faccia parte. Forse vi state chiedendo perché la vostra squadra sembra correre contro un muro di cemento armato, guadagnando un paio di yard quando va bene, mentre i Browns affondano come un grissino nel Rio Mare. La risposta non è semplice, perché non c’è una sola motivazione dietro il successo del running game della squadra di Stefanksi. Correre così bene e in modo così vario è difficilissimo e dipende da una serie di componenti tutte necessarie e difficili da avere tutte insieme.

La prima per importanza è la performance della linea offensiva, e nessuno al momento sta bloccando bene quanto Wills, Bitonio, Tretter, Teller e Conklin. Il secondo requisito è la bontà dello schema. Per i Browns, il mix tra corse a zona, angle e uomo sta funzionando alla perfezione, anche per merito del nuovo OL coach Bill Callahan. Correre schemi diversi è difficile non solo per la linea ma anche per i running back, che devono adattarsi a compiti e letture spesso opposti. Nonostante l’infortunio di Nick Chubb, i Browns possono ancora contare su uno dei migliori running back della lega in Kareem Hunt, spalleggiato da due validi mestieranti come D’Ernsest Johnson e Dontrell Hillard. Certo, un altro ingrediente che non guasta è l’arrendevolezza degli avversari – i Cowboys hanno difeso le corse come peggio non potevano – ma questo attacco ha tutto per sfondare a suon di corse anche front 7 più solidi e disciplinati. Sarà interessante vedere se i Browns riusciranno a mantenere questo dominio per altre dodici partite e, chissà, arrivare sulle spalle del loro running game alla prima apparizione in postseason dal 2002. In ogni caso, analizzare il loro gioco di corse ci ha permesso di avere una panoramica su tutti i principali schemi di corsa attualmente utilizzati in NFL. Ne mancherebbero solo due, Inside Zone e Duo, che andremo a recuperare in un episodio separato di X&Os. Per il momento può bastare, grazie della pazienza. Vi lascio con un video di highlights di “Stump” Mitchell, direttamente da un’era in cui i RB contavano molto più rispetto ad oggi. Alla prossima puntata!.

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Alberto Cantù

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