Sean McVay: il diavolo è nei dettagli

Sean McVay è l’unico coach di cui ho scritto in tutti e tre i miei libri sulla tattica del football americano. Oltre che una scelta di gusto dettata dal mio gradimento per il football espresso dall’allenatore dei Rams, questa attenzione quasi maniacale verso McVay è stata in un certo senso necessaria, perché nessuno nell’ultimo decennio è stato così influente sull’evoluzione tattica del football offensivo. Parlare di Sean McVay è stato inevitabile in passato e continua ad esserlo oggi, ed è qualcosa che faccio volentieri perché il suo sistema è in continua evoluzione. O meglio, continua ad evolvere restando uguale. Quindi si muove o fermo? In un certo senso entrambe le risposte sono valide, perché Sean McVay è il maestro della “Illusion of complexity”, un prestigiatore e allo stesso tempo una sorta di Gattopardo il cui attacco cambia pur restando uguale a sé stesso. Nella partita di domenica scorsa contro gli Atlanta Falcons abbiamo avuto l’ennesima conferma di questa dinamica. Già dal primo snap offensivo era chiaro che un piccolo, grande dettaglio era cambiato. Il resto della partita ci ha confermato che quel singolo cambiamento ha permesso al sistema di McVay di funzionare come ha sempre fatto negli ultimi anni. Dicevamo del primo snap offensivo dei Rams. Ecco l’immagine dall’inquadratura endzone.

rams i formation

Quando ho visto Los Angeles schierare un fullback ho alzato un sopracciglio. Se c’è una certezza che ho nella vita è che McVay non usa mai un fullback, li ha sempre rifiutati come una modella di Prada rifiuta un triple cheeseburger. McVay si stava forse concedendo un “cheat day”? Quando ho realizzato che quel fullback in realtà non era un fullback, ma un ricevitore schierato nella posizione di fullback, i miei sensi di ragno si sono attivati e non hanno smesso di pulsare fino alla fine di una partita in cui per 19 occasioni Los Angeles ha schierato un “fullback” nel backfield. Se vi sembra una cosa da niente, continuate a leggere e scoprirete che non è così.

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Il football gattopardesco di Sean McVay

Il football di McVay si basa su un menù quasi scarno di concetti offensivi, giocati quasi sempre dallo stesso personale e da formazioni simili, ma McVay è prodigioso nel presentarli in modo sempre diverso. Se mettiamo da parte l’evoluzione del passing game da shotgun ed empty in seguito all’arrivo di Matt Stafford, la base del sistema di McVay è sempre stato un gioco da sotto il centro, con tre ricevitori in campo e corse outside zone, screen e playaction. 

 Nell’ordine, una corsa Wide Zone, un bootleg e uno screen pass

Piccolo spazio pubblicità: I concetti che avete appena letto li ho spiegati in tutte le salse e in tutti i formati, quindi per evitare di ripetermi all’infinito invito chi non conosce a sfogliare uno qualunque dei tre “The Playbook” per trovare una trattazione dettagliata dei fondamenti del sistema offensivo di McVay.

the playbook cover

L’unica costante nei sei anni di McVay a LA è stata, come dicevamo poco fa, la quasi totale assenza di un fullback in campo. I Rams sono rigorosamente una one back offense (un solo RB in campo) e hanno sempre rifiutato di schierare il fullback, che è invece un punto fisso dell’attacco di Kyle Shanahan, che con McVay condivide l’impostazione filosofica ma si discosta dal coach dei Rams soprattutto per l’uso del personale offensivo.

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rams 21 personnel usage mcvay

Guardate questo grafico che lista le squadre NFL in ordine decrescente di 21 personnel, il personale con due runningback, un tight end e due ricevitori. I 49ers di Shanahan sono primi, i Rams di McVay ultimi con un solo snap in tutta la stagione 2021. Questo assioma è rimasto valido fino a domenica sera, poi è arrivato lui.

skowronek RAMS

Ben Skowronek di professione farebbe appunto il ricevitore e  l’anno scorso si è ritagliato una nicchia come blocking receiver per i Rams. Nella partita contro Atlanta Sean McVay lo ha usato quasi esclusivamente come fullback, sfruttando il suo fisico comunque possente per aprire varchi per i runningback . In tutto il 2021 Skowronek aveva giocato solamente 11 snap nel backfield. Nella sola partita di domenica ne ha giocati ben 19 all’interno di una formazione chiamata “I Formation” (quella mostrata ad inizio articolo) che prevede il quarterback sotto il centro, un fullback e un runningback. Dobbiamo avere chiaro in testa che questo tipo di formazione (la I Formation, con un fullback e un runningback dietro il quarterback) non è mai stata usata da McVay (ricordo a memoria solo un uso sporadico in un Thursday Night del 2020 contro i Patriots), ed è interessante chiedersi il perché di questa inversione a U da parte del coach dei Rams. Verrebbe da rispondere che una novità così rilevante comporti un cambiamento totale di strategia, nuovi giochi e nuovi compiti per i giocatori. Invece è tutto il contrario: McVay ha chiamato tutte le “greatest hits” del suo football offensivo, tutti i giochi che gli hanno permesso di dominare la NFL negli ultimi anni.

Ricordate corse oustide zone, screen e bootleg? McVay li ha chiamati a ripetizione anche da questa formazione.

Corsa

 

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Bootleg “tradizionale”

 

Bootleg “fantasia dello chef”

 

La mano dell’artista si vede in questa variazione di flood concept in cui il fullback corre la traccia intermedia direttamente in uscita dal backfield

Screen

 

Se McVay domenica ha fatto quello che ha sempre fatto in passato, che differenza c’è nell’avere un fullback – o almeno un giocatore che occupa quella posizione – in campo? Per prima cosa, la I formation è una formazione che minaccia corsa e che quindi tende a far schierare le difese in modo più prevedibile, permettendo a McVay di attaccarle in modo più efficace. Il cuore dell’attacco di McVay è pensato per attaccare la Cover 3, proprio lo schieramento a cui le difese ricorrono per fermare le corse. Dobbiamo considerare che la linea offensiva dei Rams e in particolare il loro gioco di corse non sono più dominanti come un tempo, e per questo le difese ultimamente si sentivano più tranquille nel giocare con entrambe le safety profonde per difendere meglio i passaggi. La semplice mossa di schierare un fullback rende più pressante la minaccia della corsa e rende meno semplice per le difese sguarnire la box tenendo due safety sul profondo. In alternativa al loro gioco orizzontale di corse esterne e bootleg, i Rams infatti sono riusciti ad esprimere un gioco più fisico e verticale sia nella corsa che nel gioco di playaction. Di seguito vediamo una due azioni, rispettivamente una corsa centrale “iso lead” e una finta di corsa “drift”, il cui successo è molto influenzato dalla presenza di un fullback.

Detto questo, i danni veri in questa lega si fanno sempre attraverso i passaggi, ed è qui che entra in gioco il fatto di non usare un fullback vero ma un ricevitore. Questa mossa ha poi permesso a McVay di non abiurare il suo vero mantra, quello di mettere in conflitto la difesa attraverso il personale. La I formation con un WR come FB è una formazione “da corsa” usata però con un personale da passaggio (3 WR in campo). In soldoni, se la difesa adegua il suo personale al personale (personal offense leggero -> difesa leggera) McVay può tranquillamente correrti in faccia finché ti viene voglia di coprirti con un linebacker in più. Se invece le difese adeguano il loro personale alla possibile formazione (formazione da corsa -> difesa pesante per fermare la corsa) i Rams possono passare il pallone contro una difesa più pesante. Insomma, i Rams non sono completamente imprevedibili pur usando un singolo personale d’attacco, perché dal loro personale a tre ricevitori possono mettersi in assetto da corsa con il loro finto fullback nel backfield oppure possono allungare il campo attaccando nel passing game dalla shotgun.

Chi ha letto il primo The Playbook si sarà completamente ritrovato in questa dualità dell’attacco di McVay, nella capacità del coach di LA di minacciare corsa e passaggio dallo stesso personale. Il singolo aggiustamento della partita contro i Falcons ha permesso di riportare questo equilibrio di opportunità offensiva che nel tempo aveva perso di efficacia. Vedremo nelle prossime settimane se basterà anche contro avversari meno arrendevoli rispetto agli Atlanta Falcons.

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Alberto Cantù

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