I grandi fallimenti della NFL: Tony Mandarich
Barry Sanders, Derrick Thomas, Deion Sanders; un bel trittico di Hall of Famer vero? I tre hanno una cosa in comune: sono stati scelti al Draft del 1989, tutti e tre dopo Troy Aikman, leggendario QB dei Dallas Cowboys, ora affermato giornalista, e tutti e tre dopo Tony Mandarich, seconda scelta assoluta di quel draft, ed uno dei più grandi bust di sempre della NFL.
Tony Mandarich nasce il 23 Settembre 1966 in Ontario, Canada, e grazie alle pressioni che suo fratello, già giocatore di Kent State University, fa a sua madre, inizia a giocare, ed a farsi notare dalle high school, negli anni in cui gioca alla Theodore Roosvelt a Kent; Tony gioca offensive tackle, ed impiega poco ad attirare le attenzioni dei college più prestigiosi: Michigan State non perde tempo e gli offre immediatamente una borsa di studio per entrare nel loro programma scolastico, grazie al reclutamento di Nick Saban, allora allenatore dei defensive back a Michigan.
Al college ha una carriera spettacolare per quanto riguarda quello che succede in campo, venendo nominato per il “first team All-American” e vincendo per due volte il premio per il miglior lineman della Big Ten. Se in campo fa faville, fuori dal campo iniziano a venir fuori atteggiamenti poco consoni per un giocatore di football: sono infatti molteplici le volte che si presenta in ritardo ad eventi aperti ai tifosi, talvolta pure ubriaco, così come non sono poche le volte che salta gli allenamenti in preda ai postumi di una sbronza della sera prima; da menzionare inoltre, a sole due settimane dal giorno del draft, il guanto di sfida lanciato al due volte campione del mondo dei pesi massimi Mike Tyson, chiamato da Mandarich a sfidarsi in una “scazzottata” di strada.
Tutto ciò sembra passare in secondo piano grazie alle sue prestazioni alle Combine: viene registrato 1,98 m per quasi 150 kg, con solo l’11% di massa grassa; sarebbero numeri già impressionanti di per sé, ma a questi si aggiungono i migliori risultati mai visti per un giocatore della sua grandezza nelle prove individuali: Mandarich corre le 40 yard in 4.65 secondi (un risultato migliore rispetto a quello di Emmith Smith e Jerry Rice, futuri HOF), fa 39 ripetizioni al bilanciere, salta quasi 80 cm nel salto verticale e 3 metri nel salto in lungo.
“He’s like what O.J. Simpson was for a running back, pound for pound, he’s the best athlete I’ve seen, and there’s a lot of pounds there, baby.”
Questo è quello che disse di lui Tom Boisture, scout NFL che lavorava per i Giants a quel tempo; le preoccupazioni intorno a Mandarich, oltre che per la poca etica del lavoro che sembrava dimostrare, erano relative al possibile uso di steroidi di Mandarich; tutte queste “controindicazioni” non fermarono però i Packers, che lo scelsero con la seconda scelta assoluta di quel draft, pensando di aver draftato il futuro della lega, e probabilmente il miglior offensive tackle di sempre; si dice che il vicepresidente esecutivo dei Packs passasse il suo tempo in chiesa pregando che i Cowboys, la squadra che aveva la prima scelta, scegliessero Troy Aikman, dando quindi la possibilità alla franchigia di Green Bay di portare in Wisconsin Tony.
La sua carriera professionistica non inizia nel migliore dei modi: Tony Mandarich in una intervista dice addirittura che non sa se firmerà con i Packers, ed infatti troverà un’accordo con Green Bay solamente a pre-season finita; quello che preoccupa di più sono però le scarse prestazioni del lineman quando viene chiamato in casa: il coaching staff lo utilizza quasi esclusivamente negli special temp, ed in campo gli preferisce Alan Veingrad, un free agent; molto è dovuto alla spaventosa perdita di peso avuta da Mandarich, che sembrava un giocatore completamente diverso rispetto a quando era uscito dal college, con i giocatori di Green Bay che parlano di un giocatore estremamente dimagrito, che sembrava quasi malato a causa delle sue condizioni. Tutto ciò era dovuto al fatto che Mandarich non abusasse più di PEDs, steroidi molto comuni nell’ambito sportivo, che probabilmente oltre ai muscoli, l’avessero portato ad avere un’esplosività ed una fisicità fuori dal comune, e al fatto che per sopperire alla mancanza degli steroidi, Mandarich aveva iniziato ad abusare di altre sostanze.
Nella seconda stagione da professionista Mandarich giocherà 16 partite da titolare, con numeri quasi imbarazzanti: 12,5 sack e 22,5 knockdown arriveranno solamente dal suo lato, a cui vanno aggiunte pure 8 penalità, con i giocatori avversari, ed i loro allenatori, che arriveranno a ridicolizzarlo; come ammetterà più avanti in un’intervista, la cosa più preoccupante e più spaventosa di quella stagione è che Tony era solito drogarsi anche nel mezzo delle sessioni di allenamento, diventando dipendente dagli antidolorifici e dall’alcol, e portandosi sempre dietro una siringa, per poter continuare nella sua dipendenza; tutto questo senza che nulla venisse fuori nei test della lega, nelle interviste e nelle notizie, dimostrando notevoli lacune sia nei controlli della lega che in quelli interni ai Packers.
Le stagioni successive non vanno meglio delle prime, con Tony Mandarich che arriva a lasciare la sua casa a Green Bay, smettendo di andare agli allenamenti, ed arrivando ad un rilascio dei Packers nel 1993, che chiudono così dopo solo quattro stagioni il contratto con quello che doveva essere il miglior lineman della lega per molti anni a venire. Senza più gli impegni relativi al mondo del football a “fermarlo” Tony inizia la sua spirale verso la completa dipendenza da droghe ed alcol, girovagando per due anni in Michigan; la sua famiglia riuscirà a portarlo in una clinica di disintossicazione solamente nel 1995, da cui Mandarich uscirà dopo un anno da sobrio. Tra il 1996 ed il 1998 riprova a rientrare nell’NFL, firmando per tre anni con gli Indianapolis Colts e giocando tutte e 16 le partite della stagione del 1997 da titolare. Nel 1998 arriverà il definitivo addio al football a causa di un infortunio alla spalla, dopo solo nove anni da quegli strepitosi risultati alle combine del Draft 1989.
Ma cos’è che ha portato Tony Mandarich a passare da essere il miglior prospetto mai visto ad uno dei più grandi, se non il più grande, bust della storia della NFL? Lui stesso: la causa più grande del suo fallimento non è da attribuire a nessun altro se non a sé stesso; già al momento del suo ingresso in NFL si vide la differenza rispetto a quando era al college, cioè a quando abusava di steroidi. che lo “gonfiavano”, e non gli facevano percepire la fatica; se ciò non bastasse Mandarich, che dice di non aver mai passato un giorno da sobrio nella sua carriera a Green Bay, è riuscito nella non semplice impresa di diventare dipendente dall’alcol, di cui abusava anche al college, e dalla droga, cercando sempre più dottori che gli potessero prescrivere antidolorifici, di cui abusava. Dopo 24 anni da sobrio, in cui ha scritto un libro in cui racconta la sua storia (My Dirty Little Secrets – Steroids, Alcohol & God), oggi Mandarich si rende conto dei suoi errori e si rende conto dell’enorme fortuna che ha nell’essere ancora vivo, pur dovendo vivere con il fardello del “greatest bust of all time”.