Upset at the Superdome, come la difesa dei Falcons ha fermato i Saints

Contro qualunque previsione, gli Atlanta Falcons domenica sera sono riusciti a portarsi a casa il primo dei due derby stagionali contro gli odiati New Orleans Saints, vincendo 26-9 una partita che ha disatteso tutte le premesse della vigilia. Basta snocciolare qualche numero per rendersi conto dell’assurdità di quanto è successo al Superdome di New Orleans.

Prima di domenica sera, solo due squadre partite con il record di 1-7 erano riuscite a batterne una con il record di 7-1. I Falcons sono stati i terzi, e ci sono riusciti tenendo i Saints – che non concedevano 6 sack dal 2013, al 47% di efficienza sui terzi down, il dato peggiore della stagione.

Com’è possibile che una delle squadre meglio allenate e più complete in circolazione, che tra l’altro può contare su uno dei fattori campo più pesanti della lega, sia capitolata così miseramente davanti alla grande delusione di quest’anno?

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I motivi sono tanti e, come vedremo, hanno a che fare con l’impronosticabile resurrezione della difesa dei Falcons. In primis, però, bisogna considerare che quella tra Saints e Falcons è di gran lunga la rivalità più accesa dell’intera NFC South, e si sa quanto in queste partite le differenze tecniche incidano meno. A maggior ragione visto che è sembrato da subito evidente come i padroni di casa avessero sottovalutato i moribondi rivali. Non c’è dato più lampante sotto questo aspetto del numero di penalità. I Saints ne hanno ammassate 12 per 90 yard, concedendo proprio a causa delle flag addirittura 6 primi down gratis ai Falcons.
I Saints, insomma, hanno fatto di tutto per perderla, mentre i Falcons forse per la prima volta in stagione hanno giocato un’intera partita senza spararsi sul piede.

La chiave della partita, e se vogliamo la notizia più sbalorditiva, è stata che la difesa di Atlanta è sembrata per la prima volta da molto tempo una difesa degna della NFL. Ricordiamo per chi non segue da vicino i Falcons che quest’anno il reparto gestito da Dan Quinn ha performato al livello di squadre in pieno tanking come i Miami Dolphins, ed è la causa principale della stagione disastrosa della squadra.

Questo video di Brett Kollman mette a nudo tutti i difetti della difesa di Atlanta

Anche per questo, nel corso della stagione Dan Quinn ha abdicato dal ruolo di playcaller, e nella bye week ha cercato di dare una scossa integrando nello staff difensivo Raheem Morris, che da coach dei Wide Receiver ha fatto il salto a consulente della secondaria.
È difficile dire quanto e come queste mosse abbiano contribuito. L’unico dato certo è che una difesa che viaggiava a medie imbarazzanti è riuscita a tenere Drew Brees sotto i nove punti a casa sua.

A livello schematico non è cambiato granché. I Falcons hanno continuato a giocare nello stile che ormai più di quattro stagioni fa Dan Quinn ha importato da Seattle, un mix di Cover 1-man e cover 3 (d’ora in poi, per facilitare la comprensione, vi consiglio la lettura della spiegazione dei pregi e dei difetti di questo schema nell’articolo di XoS dedicato alla cover 3) con l’aggiunta di elementi di cover 2.

Il problema è che questo schema ormai è in giro da quasi un decennio e Quinn, come ha notato Steve Monson di PFF, è rimasto alla versione 1.0, rifiutandosi d’installare gli upgrade schematici necessari per restare al passo con l’evoluzione degli attacchi. Questo significa che, per poter funzionare, un sistema così antiquato deve per forza contare su una performance eccellente dei giocatori in campo. Il problema enorme per Atlanta è stato che il personale difensivo è di livello mediocre, e quest’anno non è mai stato in grado di colmare le falle strutturali del sistema scelto dall’allenatore. Almeno fino a domenica sera.

La difesa di Atlanta è riuscita a castrare il running game dei Saints (solo 52 yard totali) e a limitare il gioco di passaggi quanto basta per impedire ai Saints di rimontare lo svantaggio iniziale. Ciò è stato possibile grazie ad un miglioramento generalizzato della prestazione, che ha interessato tutti e tre i livelli del campo. 

Partiamo dalla secondaria, e in generale dal back 7, che ha iniziato malissimo la stagione e l’ha proseguita peggio perché i giocatori, sempre più sfiduciati, sbagliavano letture ed esecuzioni a ripetizione. Domenica al Superdome gli stessi giocatori sembravano palle di cannone. Non sempre sono riusciti ad evitare le ricezioni dei vari Alvin Kamara (comunque contenuto da Deion Jones) e Michael Thomas, ma sono stati convinti nei placcaggi e per questo feroci nell’evitare yard dopo la ricezione, il vero tallone d’Achille della difesa dei Falcons.

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Per capirci, questa è la differenza tra la partita di ieri e quella di week 6 contro i Cardinals, forse la peggior prestazione difensiva stagionale dei Falcons.

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Il gap di talento resta e si è visto anche contro i Saints, ma si è vista soprattutto l’applicazione necessaria per ridurlo il più possibile. Basta considerare Isaiah Oliver. L’anno scorso i Falcons hanno speso un secondo giro nella speranza che un cornebrack con le sue caratteristiche (alto, fisico, con braccia lunghissime) riuscisse a limitare i danni causati dai WR/Power Forwards che ci sono nella conference, Mike Evans dei Bucs e lo stesso Michael Thomas. L’esperimento è stato un mezzo disastro per ora, e anche ieri Thomas ha messo a referto 153 yard, più del doppio di qualunque altro ricevitore. Ma guardate l’applicazione di Oliver su questa azione in cui riesce ad atterrare Thomas impedendo ai Saints di convertire il primo down. È la stessa che i suoi compagni di reparto hanno mostrato dal primo all’ultimo snap.

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Tutta la buona volontà del back 7 non sarebbe servita a poco se non fosse stato per la giornata di grazia della linea difensiva. Prima di questa partita i Falcons avevano racimolato la miseria di 7 sack in 8 partite. Domenica sera hanno sdraiato Drew Brees 6 volte, dato a cui andrebbero aggiunti altri due sack impediti dalle penalità commesse dalla Oline dei Saints, un reparto che quest’anno era sembrato imperforabile ed era riuscito a neutralizzare gente del calibro di JJ Watt.

Quanto accaduto domenica è ancora più assurdo se si pensa che i Falcons non si sono inventati niente di cervellotico, nessun blitz esotico e nessuno schema mai visto. Anzi, tutti i sack sono arrivati in situazione di 4 o addirittura 3 men pressure. Grady Jarrett è stato un mostro al centro della linea, ma è stato finalmente seguito dai compagni di reparto, in particolare Adrian Clayborn e Takk McKinley.

Prima di rivalutare la linea difensiva dei Falcons, però, bisogna considerare le colpe degli avversari di giornata. Dietro tante delle giocate migliori della Dline di Atlanta infatti c’è lo zampino della linea dei Saints, che per la prima volta in stagione si è concessa disattenzioni gravissime. L’unico a salvarsi è stato il RT Ryan Ramczyk, perfetto come al solito, mentre il resto della Oline, compreso Terron Armstead (uno dei migliori LT della lega) ha faticato terribilmente.

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In questo sack sul 3&14 il centro dei Saints lascia l’uomo meno esperto, la guardia sinistra Will Clapp in 1 vs 1 contro Grady Jarrett, nettamente il miglior Dlineman dei Falcons. Jarrett vince facilmente il suo duello, così come McKinley si sbarazza in scioltezza del left tackle Terron Armstead.

I Saints quindi hanno perso la partita soprattutto una linea offensiva in alto mare può far sfigurare anche un hall of famer come Brees. Viceversa, la produzione insensata del front 4 dei Falcons per la prima volta quest’anno  ha reso la vita più semplice alla secondaria. 

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In questa ad esempio azione la pressione della linea costringe Brees ad affrettare le letture e a scaricare per il checkdown, Zach Line, che un istante dopo aver ricevuto è già sommerso da maglie bianche.

Il football è uno sport incredibilmente complicato e spesso per capire il risultato di una partita è fondamentale analizzare il lato tattico: chi aveva il piano gara migliore, chi l’ha eseguito meglio e chi è stato più bravo a correggerlo. Poi ci sono partite che ci ricordano che al di là della tattica, c’è una verità semplicissima nel football. Spesso a vincere è chi lo vuole di più. Questo Falcons@Saints è esattamente quel tipo di partita. L’impressione è che Dan Quinn, al netto delle sue carenze tattiche, abbia ancora in pugno lo spogliatoio, perché una squadra che si è ammutinata non gioca con la bava alla bocca come hanno fatto i Falcons domenica.

Ad ogni per il secondo anno consecutivo i Saints hanno commesso uno scivolone inaspettato contro squadre molto meno quotate. L’anno scorso a beneficiarne erano stati i Cowboys, che proprio infliggendo la seconda sconfitta stagionale ai Saints erano riusciti a fare il salto decisivo e guadagnarsi un posto ai playoff. Questo precedente dovrebbe tranquillizzare i Saints, che l’anno scorso si sono ripresi senza problemi dalle débâcle di Dallas, e dovrebbe aumentare i rimpianti dei Falcons, per i quali la vittoria di domenica è ininfluente in termini di classifica. Il risveglio della difesa è arrivato dopo che lo stesso reparto è costato almeno tre partite stagionali, e non riuscirà con tutta probabilità nemmeno a salvare la panchina di Dan Quinn.

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Alberto Cantù

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