[NFL] AFC East ad un terzo di stagione

Cinque giornate andate, la sesta in arrivo, il periodo dei bye week iniziato: insomma, siamo a un terzo di stagione. Tempo, cioè, dei primi bilanci. Come stanno le quattro contendenti nella AFC East, division magari non più “powerhouse” come qualche tempo fa ma sempre molto competitiva?
La classifica, oggi come oggi, è molto confusa e molto corta, con tre squadre a 2-3 e New England avanti solo di una partita: gli scontri diretti sono quasi tutti ancora da disputare e tutti gli scenari sono aperti, da quelli più prevedibili a quelli più clamorosi. Esaminando quindi le quattro squadre nell’ordine dei power ranks di inizio stagione di Huddle, ecco come stanno:

NEW ENGLAND PATRIOTS (rank ad inizio anno: 5 – ora: 6)

Si sa, finchè ci saranno Bill Belichick e Tom Brady le cose a Boston non potranno andare tanto male. Però è sempre un problema di aspettative, perchè finchè ci saranno Bill Belichick e Tom Brady tutti si attenderanno sempre qualcosa di grande. Su questa base, i Patriots stanno confermando quanto si pensava: l’attacco va bene, ha il suo punto di forza nei tight end e l’inserimento di Brandon Lloyd ha offerto a Brady un’arma che l’anno scorso gli mancava; Wes Welker è un problema più fuori dal campo che in campo, per la sua situazione contrattuale che ne complica la gestione; i giovani tailback (Ridley, Bolden) stanno emergendo e facendo vedere che anche loro possono contribuire. Qualche problema di più – e si sapeva anche questo – c’è in difesa, reparto imbottito di giovani e ancora senza un leader nei posti chiave come è Brady per l’attacco. Ma il talento c’è ed è solo questione di tempo e di lavoro. I Patriots, in questo momento, sono ancora i favoriti nella division.

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BUFFALO BILLS (rank ad inizio anno: 20 – ora: 27)

Si pensava che questo fosse l’anno buono per fare il salto di qualità, grazie soprattutto ad un attacco che lo scorso anno aveva saputo farsi valere ed agli innesti pesanti fatti in difesa durante la offseason. Invece proprio la difesa è finora la delusione più grossa, con in testa lo strapagato Mario Williams, finora incapace di incidere come si suppone potrebbe fare. La partita contro i Patriots, persa 52-28 dopo essere stati in vantaggio 21-7 nel terzo quarto, è e rimarrà una ferita aperta nel cuore dei tifosi. L’attacco da parte sua conferma quello che si sapeva, cioè la dipendenza dai punti di forza e dai limiti di Ryan Fitzpatrick, e solo l’emergere di CJ Spiller ha permesso di evitare che l’infortunio e la conseguente indisponibilità di Fred Jackson diventassero una catastrofe. Insomma, la squadra che lo scorso anno aveva fatto sognare gli assetati tifosi di Buffalo per il momento si è nascosta; di tempo ce n’è, ma bisogna cambiare registro.

NEW YORK JETS (rank ad inizio anno: 23 – ora: 28)

La delusione più grossa abita qui. Sarà perchè tutto quello che riguarda i Jets è pompato a mille dall’ambiente e dai media, ma sembra che i biancoverdi di Rex Ryan non possano essere una squadra normale. E proprio nell’anno in cui il vulcanico head coach pare aver adottato un profilo più basso, assumendo anche il suo contraltare ed ex-nemico Tony Sparano come OC, quasi nulla va per il verso giusto. La difesa, che già di suo non sta impressionando, ha perso Darrelle Revis per tutto l’anno e, per quanto la secondaria sia profonda, è di sicuro un brutto colpo. E in attacco, se possibile, va anche peggio, fra le vicissitudini di Santonio Holmes e la profonda crisi di Shonn Greene. E il tutto è ancora nulla se messo a confronto con la situazione tragicomica di Mark Sanchez (si sta involvendo o più di così non può fare?) e Tim Tebow (non può fare più di così o non si sta evolvendo?) e con l’ebollizione di una piazza e di una tifoseria da sempre molto calda e ‘rumorosa’. Insomma, purtroppo c’è puzza di caduta libera e di stagione a rischio e per risollevarsi i Jets avranno bisogno di molto orgoglio: Rex Ryan ne ha sicuramente, vedremo se ce l’hanno anche i suoi.

MIAMI DOLPHINS (rank ad inizio anno: 30 – ora: 19)

La sorpresa più grossa, invece, abita qui. Il progetto di ricostruzione impostato da coach Philbin sembra partito bene (il record è 2-3, ma due sconfitte sono arrivate solo all’overtime ed una per un errore del kicker) e, sebbene l’ambiente si sforzi di mantenere un profilo basso dopo anni di scottature e fallimenti che ancora bruciano, l’ottimismo inizia a farsi strada. Il roster ha ancora buchi – soprattutto nelle posizioni di wide receiver e cornerback – e non è molto profondo, ma alcuni pezzi importanti sono stati messi. Grazie ai ripetuti innesti compiuti nelle posizioni alte del draft la linea d’attacco si sta solidificando, con il centro Mike Pouncey sempre più affidabile e il rookie RT Jonathan Martin che sta crescendo bene. La difesa, poi, ha abbracciato in fretta la filosofia del nuovo coaching staff ed è già diventata abbastanza solida, soprattutto contro le corse. Reggie Bush è uno spettacolo tanto in campo quanto nello spogliatoio, vero leader ed esempio per i giovani compagni quanto a tratti dominante con la palla in mano. Ma su tutto, ovviamente, si staglia Ryan Tannehill: dopo sei partite è chiaro che il quarterback ex-Aggie valeva l’ottava scelta assoluta che Miami ha speso su di lui e che renderlo subito titolare è stata la cosa giusta. L’importante ora è gestirne bene la crescita, perchè anche (ah-ehm…) Chad Henne era partito bene e poi è andata a finire male. Joe Philbin e Mike Sherman hanno il (parecchio) lavoro giusto per loro: ma nell’ottimismo, si sa, si lavora meglio.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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