La diatriba tra NFL e NFLPA sugli infortuni

I Denver Broncos ed il tackle Ja’Wuan James sono il punto focale dell’acredine che si è venuto a creare tra la NFL e NFLPA, l’associazione che rappresenta i giocatori. Presto, sempre da Denver, potrebbe aggiungersi anche il ricevitore DaeSean Hamilton anche lui vittima di un infortunio season ending per il 2021 subito all’infuori delle strutture societarie.
Tornando a Ja’Wuan James il cui contratto è, o meglio era, bello pesante da 51 milioni di dollari per quattro anni, non giocando praticamente mai per la franchigia tra un altro infortunio e l’opt-out del 2020. James si è infortunato nei giorni scorsi rompendosi il tendine d’achille in un allenamento esterno alle facility della franchigia, un allenamento “non autorizzato” per capirci.

La NFL prevede nel contratto dei giocatori all’articolo 26, paragrafo 5, che il salario dell’annata sia pienamente garantito per abilità, infortunio o speciali accordi contrattuali. All’interno di questo paragrafo vi è però una postilla che stabilisce che se gli infortuni avvengono al di fuori delle strutture del team questi vengono ritenuti infortuni non legati al football (Non-Football Injury List) e per tanto non vi è più la garanzia attiva che il contratto prevedeva come da riga precedente.
Questo ovviamente avviene per un semplice motivo: il salary cap ha una morsa stringente sulla forza economica annuale di un team che lavora al meglio ridistribuendolo tra i giocatori in maniera da essere il più competitivo possibile. Tuttavia se i giocatori per loro incuranza si procurano infortuni fuori dalle sedi di allenamento dei team, e quindi non sotto la supervisione dei preparatori della quadra, non sarebbero in grado di dare alla squadra la prestazione per cui la stessa li paga.

Nel caso Ja’Wuan James, che nelle ultime ore è stato rilasciato dai Broncos, è intervenuta la stessa NFL con un comunicato dopo che molti team si erano fatti avanti per chiedere delucidazioni su come si dovessero muovere le franchigie in merito a questi eventuali accadimenti. La lega non ha tardato ad annunciare come i team non siano tenuti a pagare lo stipendio ad un giocatore che si infortuna al di fuori delle strutture del club e che quindi nella fattispecie i Denver Broncos non sono tenuti a pagare il contratto da 10 milioni di dollari (quota che spettava al giocatore per il 2021). La NFL ha altresì tenuto a specificare come il contratto con il team produca protezioni garantite per il giocatore che si infortuna all’interno delle facilities del team come l’assistenza medica, il credito pensionistico ed il salario garantito; il tutto fino al pieno recupero dell’infortunio.
La lega si è detta altresì perplessa dalla sorpresa dalle reazioni che molti giocatori hanno espresso in seguito all’infortunio di James nello scoprire che non era coperto dalla garanzia di infortunio, quando in realtà è tutto molto chiaro e spesso motivo di dibattito all’interno degli incontri con la NFLPA. I team sono tenuti tra l’altro a comunicare e fare promemoria ai giocatori ricordando tale situazione incentivando a non allenarsi in strutture al di fuori dalla protezione della franchigia.

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A stretto giro di posta è arrivata la risposta della NFLPA che ha girato una e-mail a tutti gli associati facendo riferimento al caso James. Da questa comunicazione risulta che l’associazione ritiene offensiva la tattica della lega di utilizzare l’infortunio di un giocatore come tecnica per convincere gli stessi a rientrare ad allenarsi all’interno delle facilities. La NFLPA fa inoltre presente come sia ancora una volta sempre più evidente come i team vogliano controllare la vita del giocatore per tutto l’anno.
Molti giocatori quest’anno hanno disertato gli allenamenti volontari, quelli dei Broncos sono stati tra i primi ad opporsi, preferendo continuare ad allenarsi in autonomia e tranquillità per non rischiare un contagio da Covid-19.
Altra polemica all’interno del comunicato è data dal fatto che i team e la NFL, a dire della NFLPA, non abbiano assolutamente inviato alcun promemoria ai giocatori riguardo agli allenamenti volontari come scritto nel comunicato della lega, menzionando tuttavia che la designazione di Non-Football Injury è presente e faccia parte degli accordi tra le due.

La NFLPA è inoltre tornata sul caso specifico di Ja’Wuan James asserendo che i giocatori, in seguito alla decisione di boicottare i camp volontari, si stiano allenando in strutture private seguendo regimi di allenamento che gli stessi allenatori della franchigia avrebbero fornito. Tali infortuni quindi sarebbero legati a degli stili di allenamento dettati dalla franchigia stessa. Sempre la NFLPA specifica che lo stesso James è stato più volte nell’ultimo periodo all’interno delle facility del Colorado, lo stesso General Manager George Paton prima del draft aveva riferito di come il tackle si stesse allenando bene e stesse recuperando dai postumi dell’infortunio.

Ascoltate entrambe le versioni, la sensazione è che questa volta il coltello dalla parte del manico sia nelle mani della NFL forte del contratto che prevede come l’infortunio non legato al football permetta alla franchigia di non riconoscere lo stipendio pattuito al giocatore. Ovviamente questa disamina, alla luce di quanto riferito dalla NFLPA, non potrà che portare ad un nuovo tavolo di confronto tra le due parti che probabilmente andrà a rivedere tale situazione molto sfavorevole per i giocatori.

A questo punto subentra però la parte legata alla off-season dei giocatori. Troppo lunga e spesso trascurata, questa porta in dota notevoli problemi alla prestazione degli atleti. Le facilities delle franchigie non sono sempre a loro disposizione, ma solo in periodo della off-season prestabiliti. Di conseguenza molti di questi per tenersi in forma devono gioco forza percorrere la via di palestre private o altri tipi di allenamento, mettendo a rischio la propria sicurezza economica e contrattuale pur di farsi trovare pronti quando la stagione riprende i battenti mesi dopo. Se si presentassero in condizioni pietose cosa farebbero le franchigie? A volte arrivano al taglio, a volte al mancato rinnovo, altre attendono il giocatore. Rimanendo in casa Broncos, luogo da cui è partita questa ultima polemica, troviamo uno degli emblemi di questo limbo: l’OL Garrett Bolles. L’ex primo giro da Utah ha fatto imprecare e dannare qualsiasi membro del management ed il tifo intero per il suo continuo trascurare l’allenamento nella off-season presentandosi per tre anni in condizioni pessime tanto da entrare in condizione solo nei finali di stagione. L’ultima annata, con la scelta agli albori della stessa della franchigia di non esercitare l’opzione per il quinto anno, invece ha portato all’esplosione del giocatore arrivato in forma smagliante ai camp tanto da ottenere i migliori grade di PFF per la stagione ed il rinnovo. Questo tuttavia non sarebbe successo se Bolles non si fosse allenato in autonomia fuori dal campo di allenamento dei Broncos rischiando il proprio contratto e le garanzie dello stesso.

Dove sta quindi la dose giusta? Nel mezzo, come al solito. Le franchigie potrebbero permettere ai propri tesserati di allenarsi sempre all’interno delle proprie strutture evitando così che questi si allenino fuori da esse. Fermo restando che le franchigie non possono farsi carico oneroso di comportamenti sconsiderati, a volte, di elementi irrispettosi del proprio team e dei propri tifosi.

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Eugenio Casadei

Appassionato di calcio (Bologna) e trekking, segue il football assiduamente dal momento in cui vide giocare Peyton Manning con la maglia orange di Denver, divenire tifoso Broncos una naturale conseguenza. Scrive la rubrica settimanale "Indiscrezioni di mercato NFL" in offseason e la "Top Ten" in regular season con grande divertimento e passione.

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