The Playbook Vol. III – Wild, wild west

In esclusiva per Huddle Magazine pubblichiamo un estratto proveniente da “The Playbook Vol. III”, la guida tattica alla stagione 2022 scritta da Alberto Cantù e Michele Serra. Il libro sarà disponibile in formato cartaceo e digitale a partire da lunedì 22 agosto. L’estratto proviene dal capitolo dedicato ai quarterback della AFC West e contiene parti dei paragrafi sui Chiefs di Patrick Mahomes e sui Chargers di Justin Herbert.

Wild, wild west

Quella che abbiamo vissuto nei mesi scorsi è stata una offseason pazza, in cui tanti grandi giocatori si sono mossi più o meno a sorpresa. Molti di loro si ritroveranno nella stessa Conference, la AFC, in un’unica division, la AFC West, ricolma di superstar su entrambi i lati del pallone. La corsa agli armamenti che ha coinvolto Raiders, Chiefs, Broncos e Chargers non ha precedenti nella storia del gioco per volume, capitale investito e numero di Pro Bowler acquisiti. La storia della nuova AFC West parte dalla stagione 2018 ma ricorda un periodo ben più lontano nel tempo. Come tutti avranno intuito dalla copertina di questo libro, stiamo parlando del vecchio West. Il nome della division stessa si presta facilmente al paragone, ma ci sono tanti motivi che ci portano ad interpretare la AFC West come una nuova frontiera verso occidente. I gunslinger che popolavano i saloon sono gli antenati dei nuovi pistoleri, quelli che non sparano più proiettili di piombo ma bombardano il campo di palloni in cuoio. In più di cent’anni di storia NFL non si è mai visto un quartetto di quarterback paragonabile a quello composto da Derek Carr, Justin Herbert, Russell Wilson e Patrick Mahomes. Nella NFL odierna schierare un quarterback di alto livello è diventato anche uno strumento di recruiting: i free agent più ambiti e i veterani in cerca di un anello sono attratti da un franchise quarterback come un bandito da un treno valori. Anche per questo la AFC West scoppia di talento in qualunque ruolo. L’afflusso di campioni a cui abbiamo assistito è una vera e propria corsa agli armamenti che ci regalerà dodici testa a testa memorabili. Nella AFC West 2022 vigerà la stessa legge del più forte che regolava il vecchio West. Questi scontri sanguinosi decideranno le aspettative, il potenziale e il destino di quattro squadre che puntano al Super Bowl. Pensare che, molto probabilmente, almeno una squadra di questo blocco rimarrà fuori dai playoff sembra assurdo, eppure è così. Benvenuti nel nuovo, vecchio selvaggio West.

La sfida di Cherokee Bill: I Chiefs di Patrick Mahomes

Cherokee Bill è stato uno dei banditi più famigerati del vecchio West. Nato in Texas da padre americano e madre Cherokee, Crawford Goldsby – questo il suo vero nome – terrorizzò l’Oklahoma per diversi anni senza che nessuna banda riuscisse a soppiantarlo e nessuno sceriffo riuscisse ad acciuffarlo. Il regno di terrore instaurato da Patrick Mahomes sulla AFC West non è tanto lontano da quello che ha reso celebre Cherokee Bill. Nei suoi cinque anni in NFL Mahomes ha vinto 21 partite dei 24 divisional game disputati, garantendosi cinque anni in vetta alla division e altrettanti negli incubi peggiori dei tifosi di Raiders, Chargers e Broncos. Mai come quest’anno, però, il dominio di Mahomes sulla division sembra sul punto di vacillare. Le cause sono sia interne che esterne. Per prima cosa, la AFC West si è rinforzata in modo vertiginoso. In secondo luogo, Mahomes nel 2021 è apparso meno invincibile rispetto al passato. Infine, i Chiefs hanno perso pezzi importantissimi del loro roster e sembrano essere entrati in una fase di ricostruzione. Se del primo aspetto parleremo diffusamente negli altri paragrafi di questo capitolo, degli altri dobbiamo assolutamente parlare qui se vogliamo capire quanto Mahomes sia davvero vicino a perdere lo scettro della division.

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L’ultimo ricordo che abbiamo di Mahomes è quello del primo momento in cui è sembrato davvero umano, con quel lancio intercettato dalla safety dei Bengals Von Bell che ha portato all’eliminazione dei Chiefs dal Championship AFC. Quel brutto errore è stato il culmine di un finale di partita disastroso in cui il 15 dei Chiefs ha lanciato per sole 55 yard e tre intercetti dal terzo quarto fino all’overtime. Nella disfatta contro Cincinnati Mahomes è stato forse per la prima volta il vero responsabile della sconfitta della sua squadra. Nel Super Bowl contro i Bucs, quello in cui la linea offensiva dei Chiefs era stata divorata dalla pass rush avversaria, Mahomes era sembrato un martire costretto a patire per colpe non sue, come i cristiani gettati in pasto ai leoni nel Colosseo. Contro i Bengals, più che Sant’Ignazio Mahomes è sembrato Ralph de “I Simpson” che si infila un pastello nel naso, completamente smarrito e protagonista di errori inspiegabili. Quando un quarterback ci abitua a standard che non dovrebbero essere mantenibili, è facile gridare all’allarme al primo passo falso. In realtà quella di Mahomes non è stata una stagione di declino, ma di certo è stata una stagione di cambiamento dovuta in primis alle contromisure prese dal resto della lega. Dopo tre anni senza risposte davanti ai Chiefs, le difese della NFL hanno finalmente trovato un modo per contenere la marea rossa di KC privandola della sua arma migliore, il gioco aereo sul profondo. I Chiefs sono stati la squadra che ha subito più di tutte il ritorno in voga delle difese a due safety profonde, schieramenti particolarmente efficaci nel contenere il passing game sul profondo. Il gioco di passaggi esplosivo dei Chiefs, con le sue tracce profonde ad attraversare il campo, era perfetto per attaccare gli schieramenti ad una safety profonda che spopolavano fino a poco tempo fa, ma si è dimostrato meno efficace contro questo nuovo tipo di difese. In sostanza, gli avversari dei Chiefs hanno puntato tutto sul togliere le big play, costringendo KC ad un gioco offensivo più ragionato e a corto raggio. In secondo luogo, le difese hanno smesso di blitzare Mahomes, realizzando che spendere uomini in pressione sottraendoli alla secondaria equivaleva a firmare la propria condanna a morte. Costretti a giocare con la mano sinistra, soprattutto ad inizio 2021 i Chiefs sono incappati in errori di disciplina che sono costati turnover e, di conseguenza, sconfitte. A lungo andare Andy Reid ha trovato il modo di contrastare questi accorgimenti tattici, ma per farlo ha dovuto mutare l’identità offensiva della sua squadra. Mahomes ha continuato a passare tantissimo e lo ha fatto in modo efficace, ma non più in modo esplosivo, al punto che è stato il 32° quarterback su 38 per profondità di passaggio sui primi due down. In breve, i Chiefs sono rimasti un attacco d’élite, ma hanno perso lo smalto dei precedenti tre anni. Ad una metamorfosi tattica, poi, se n’è aggiunta negli ultimi due anni una tecnica. Degli undici titolari scesi in campo nel Super Bowl del 2019, solamente due sono ancora a roster, Patrick Mahomes e il tight end Travis Kelce. Se nell’offseason dello corso anno i Chiefs avevano ribaltato completamente la loro linea offensiva pur mantenendo quasi inalterato il parco ricevitori, questa primavera hanno confermato la OL ma hanno cambiato quasi tutti i pass catcher a roster. L’addio più rumoroso è stato ovviamente quello di Tyreek Hill, tradato ai Miami Dolphins dopo 6 stagioni in cui era stato il pilastro dell’attacco. Sulla sua velocità si è fondata la strategia dei Chiefs e forse ancora di più quella difensiva degli avversari. Non c’è stata nessuna squadra in NFL che potesse permettersi di affrontare Kansas City senza un piano (o almeno una preghiera) per contenere il numero 10 e la sua bruciante velocità. Lo spropositato ricorso alle due safety profonde è stata proprio la contromisura trovata dalle difese per interrompere la connessione sul profondo tra Hill e Mahomes. Senza Hill, alcune delle armi tattiche dei Chiefs perderanno di efficacia. Ad esempio, lo spear concept di KC sarà meno minaccioso che in passato. Si tratta di un concetto che prevede due tracce post e una crosser profonda. Sia che Hill corresse la prima traccia che la seconda, la sua velocità era fondamentale per guadagnare yard sul profondo.

Inoltre, i celebri 1×3 sets (schieramenti in cui Kelce era isolato su un lato del campo e Hill giocava spesso da ricevitore più interno dei tre sul lato opposto) non saranno più una camera delle torture senza via d’uscita. In passato Mahomes da quel tipo di formazioni leggeva sostanzialmente la safety sul lato debole: se si interessava a Kelce si aprivano spazi per Hill, se contrastava Hill ecco che Kelce era in uno contro uno e i compagni trovavano spazi enormi da attaccare. La vera sfida sarà quindi sostituire un giocatore che sostituibile non è. Possiamo farci un’idea di una KC senza il suo Ceetah a partire dalle prime quattro partite del 2019, tutte saltate da Hill per squalifica. A dispetto di quello che potremmo pensare, quella stretch di partite fu per Mahomes una delle più prolifiche per quanto riguarda i lanci sul profondo: 116 yard a partita, 6 touchdown e 0 intercetti sui lanci di oltre venti yard. Nelle restanti nove partite giocate con Hill le medie calarono a 64 yard a partita, 6 touchdown e 2 intercetti. Non bisogna desumere troppo da un campione statistico così ristretto, ma il settembre del 2019 ci dimostra che la prolificità di Mahomes sul profondo non dipende solo dalla presenza di Hill. Da un certo punto di vista il ritorno della palla lunga a KC non dipende da Hill, che ormai non c’è più, né dai nuovi ricevitori a disposizione di Mahomes. Dipende piuttosto da come le difese si oppongono a KC. Nel 2019 gli snap di difese a una safety profonda erano stati 22 a partita contro soli 9 a due safety profonde. Nel giro di soli due anni quel rapporto si è invertito, causando la metamorfosi offensiva dei Chiefs che abbiamo affrontato poco fa. Se i Chiefs vogliono tornare esplosivi, questi dati devono cambiare, perché solo riuscendo a stanare le difese dall’atteggiamento attendista dell’ultima stagione è possibile tornare ad avere spazi liberi sul profondo. L’obiettivo, oltre a migliorare ancora di più il rendimento contro le due safety profonde, è costringere gli avversari a spostare una delle due safety dal profondo al livello intermedio del campo. Per quanto possa sembrare controintuitivo, una spinta in questa direzione la darà proprio l’addio di Hill. Senza il terrore generato dal Ceetah, forse le difese si sentiranno meno minacciate sul profondo e diminuiranno il numero degli snap giocati in due safety profonde, a patto però che i Chiefs diano loro un motivo per farlo…

Third time’s the charm? I Chargers di Justin Herbert

Il braccio di Herbert è già uno dei migliori della NFL, e lo stesso vale per il suo ball placement. Se però pensate che l’attacco aereo dei Chargers sia uno dei più esplosivi del campionato, vi sbagliate. Nella scorsa annata, le explosive plays su passaggio, ovvero tutti quei completi che permettono di guadagnare almeno 20 yard, sono state solo 55 su 703 passaggi totali, buoni per l’8%, 22esimo dato di Lega. Come accennato prima, il sistema di Joe Lombardi è predicato sui passaggi corti e veloci. L’utilizzo di formazioni condensate, infatti, è propedeutico a creare “ingorghi” di ricevitori per costringere i cornerback a fare scelte rapide su quale attaccante seguire: chi non ci riesce, perché magari intralciato da un compagno di squadra o da una traccia di un’attaccante – le cosiddette pick play – rimane indietro. Per rendere le cose ancora più complicate alle difese, inoltre, L.A. fa ampio uso dei movimenti pre-snap, per identificare il tipo di marcatura – a zona o a uomo – e per agevolare l’inerzia dell’attaccante che sarà già in movimento una volta partita l’azione. Tornando al primo punto del nostro discorso, il fatto che quello dei Chargers sia un attacco piuttosto orizzontale, a testimoniarlo c’è la lunghezza media dei passaggi tentati da Herbert, di 7.6 yard, nella metà bassa della classifica. Guai però a pensare che il numero 10 dei Chargers non ami rischiare: la sua percentuale di aggressiveness, ovvero di passaggi recapitati ad attaccanti marcati a non più di una yard di distanza dal difensore, è di 17.6, settimo dato più alto. Questo è probabilmente dovuto sia a qualche comprensibile forzatura di gioventù, ma anche dall’accento che l’attacco stesso pone sull’attaccare la parte centrale del campo, dove si concentra la maggior parte dei difensori. La squadra di Staley ha due ricevitori dichiaratamente più forti degli altri in Keenan Allen e Mike Williams: dopo una prima stagione con Herbert piuttosto negativa, gli ex Oregon e Clemson sembrano aver sviluppato un bel rapporto “lavorativo”, come testimoniano i career high in ricezioni (76) e yard guadagnate (1146). Quello che manca alla squadra è un velocista, un giocatore in grado di attaccare le difese sul profondo aprendo garantendo esplosività ma anche creando opportunità sul medio-corto. Il ricevitore più vicino a questo tipo di descrizione è Jalen Guyton, ma non sembra esattamente il terzo ricevitore ideale per una squadra che vuole competere al massimo. Un grosso problema relativo alla scorsa stagione sono stati i drop: i Chargers sono la squadra che ha lasciato per strada più palloni, ben 33. La sorpresa negativa è stata senza dubbio Keenan Allen che, di questi 33, ne ha messi a segno ben 8, peggior dato in carriera. Il dubbio che possa aver perso un passo c’è, ma è anche vero che l’ex California rimane uno dei ricevitori più prolifici della Lega, nonché uno dei miglior route runner, e i difensori tendono a non concedergli spazi.Sono stati 6, invece, quelli di Mike Williams: il giocatore è migliorato moltissimo nelle ricezioni contestate, ma la sensazione è che spesso giochi “più piccolo” di quello che è, cioè un uomo di 193 centimetri per 98 kili. Sono 6 anche quelli del tight end Jared Cook, che però aveva fatto peggio nel 2018, con 9. L’ex Raiders ha fornito un buon apporto offensivo, nonostante una delle percentuali di ricezione (57.8) più basse della carriera. É per questo che non è stato confermato: al suo posto, Gerald Everett, più giovane, più atletico e con meno problemi di drop (ad eccezione della stagione 2020, quando ne mise a referto 7). A proposito di tight end, grandi speranze sono riposte in Donald Parham. Il giocatore da Lakeland, Florida, ha vagato un paio di stagione tra practice squad NFL e la XFL prima di arrivare ai Chargers. Nonostante il ridotto numero di snap, Chicken Parm ha messo in mostra un talento grezzo molto interessante, atletismo e coordinazione nonostante la stazza (oltre i 2 metri e i 100 kg). La sua stagione si è conclusa anzitempo per una brutta commozione cerebrale, ma è un candidato interessante a espandere i propri minuti, se non addirittura ad una breakout season.

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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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Un Commento

  1. Ad oggi mi pregio di essere il possessore di tutti i volumi di “The Playbook” fin qui pubblicati.
    E’ evidente come il lavoro stia migliorando aumentando la profondità delle analisi e così mi permetta di apprezzare maggiormente gli aspetti più cerebrali del gioco.
    Mi permetto una critica e un suggerimento; primo ho constatato che sono molti gli errori tipografici legati sicuramente alla rapidità con cui è necessario concludere il lavoro tra aprile e agosto prima di mandare in stampa, quindi mi propongo come correttore di bozze (segnalo che almeno un quercode relativo all’analisi dei Rams risulta in un duplicato), secondo il tipo di carattere scelto per il vol III non aiuta la lettura di chi è un pò attempato ma non abbastanza da definirsi presbite e per tanto munirsi di protesi. Sono ansioso di vedere come i vaticini di quest anno si tradurranno nella realta.
    Complimenti per lo sforzo.

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