Pareri non richiesti: Super Bowl Halftime Show

Quando dici che fai la nottata per vedere il Super Bowl dal vivo una delle domande che ti fanno più di frequente è: “Chi suona nell’intervallo?”. Perché il concerto fra il primo e il secondo tempo della partita è, per tanti non appassionati e per molti media sportivi italiani e non, uno dei principali motivi di attrazione (se non il principale) della prima domenica di febbraio, quel giorno in cui “l’America si ferma” (cit.). E ciò è la prova più lampante che la tattica usata dalla NFL per allargare la platea della gente interessabile al suo massimo evento ha funzionato alla perfezione, ed ha accompagnato il passaggio del Super Bowl in più o meno una ventina di anni dalla finale dello sport più seguito negli Stati Uniti ad evento globale seguito in tutto il mondo.

Chi ci segue sa che non è sempre stato così e che davvero ad un certo punto la NFL pensò di ingaggiare le maggiori star della musica per esibirsi nell’intervallo della partita, contando così di catturare davanti al televisore parti di pubblico che con il solo football non avrebbe raggiunto. E da lì è stato un crescendo di stelle, grandi e meno grandi fino alla vera o presunta “crisi” dei giorni nostri, con l’esaurirsi dei grossi nomi e le difficoltà di “pubbliche relazioni” in cui si dibatte la NFL di oggi. In ogni caso, per ingannare l’attesa, abbiamo chiesto al nostro consulente musicale dei podcast di Huddle Magazine (ah-ehm…) di ascoltarsi un po’ di musica e di passarsi in carrellata tutti gli halftime show del passato per dare un suo personalissimo voto ad ognuno di loro. Consci che qualche fan, in qualche caso, potrebbe non essere del tutto d’accordo… 😉

1993 – Pasadena
Michael Jackson

Tutto è iniziato qui. Prima di allora erano state solo marching bands, spettacolini, e qualche isolato artista (Gloria Estefan l’anno prima, per dirne una, ma anche Ella Fitzgerald nel 1972, per dirne un’altra di UN PO’ più importante…). Da quell’anno l’NFL decise di cambiare marcia e per farlo decise di puntare al massimo, riuscendoci alla grande. Lo show fu spettacolare: Jackson iniziò comparendo sopra i tabelloni dello stadio per poi apparire al centro del palco e lasciare che per un minuto buono il pubblico si sfogasse. E poi, via con la sequenza di “Jam”, “Billie Jean”, “Black or White”, “We Are the World” e “Heal the World”. Uno dei migliori halftime show di sempre. Voto 9

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1994 – Atlanta
Clint Black, Tanya Tucker, Travis Tritt, The Judds

Chiiiiiiiiiiiii? (cit.). Ecco appunto. Diciamo che l’impressione fu quella che la NFL si fosse mangiata tutti i soldi l’anno prima e che quell’anno avesse deciso di andare al risparmio, puntando su artisti locali. La presenza di Stevie Wonder nel finale non basta a salvare lo show, che paga soprattutto il confronto con quello dell’anno prima. Ma così è la vita. Voto: 5 (un punto in più per Stevie Wonder)

1995 – Miami
Patti Labelle, Indiana Jones & Marion Ravenwood, Teddy Pendergrass, Tony Bennett, Arturo Sandoval, Miami Sound Machine

Uhm… Chi aveva studiato i dati d’ascolto degli show dei due anni precedenti non doveva aver fatto un gran lavoro. O forse si trattò di un gigantesco marchettone verso la Walt Disney (che produsse lo show) visto l’abbinamento dello show con il personaggio di Indiana Jones e la vicinanza a Disneyland. Oppure, semplicemente, la NFL non aveva ancora capito l’aria che tirava. In ogni caso, Patti Labelle negli anni 90 negli USA non era proprio una sconosciuta quindi, vabbè. Voto: 5

1996 – Tempe
Diana Ross

Si torna a ragionare, con la scelta di un artista singolo al quale affidare lo show. Diana Ross non sarà stata una trascinatrice di folle ma in quanto a far muovere e cantare la gente non fu sicuramente una brutta scelta. Magari qualcosa di meglio si poteva provare ma dopo Patti Labelle & compagnia era sicuramente un bel passo avanti. Voto: 6,5

1997 – New Orleans
The Blues Brothers (Dan Aykroyd, John Goodman and James Belushi), ZZ Top, James Brown

Cioè, fatemi capire: a New Orleans, I Blues Brothers, James Brown e gli ZZ Top? “Everybody Needs Somebody to Love”, “Soul Man”, “I Feel Good”, “Sex Machine”, “Legs” e “Gimme Some Lovin'”?? Ti piace vincere facile, eh? Voto: 8

1998 – San Diego
Boyz II Men, Smokey Robinson, Martha Reeves, The Temptations, Queen Latifah, Grambling State University Marching Band

Metti insieme un po’ di gente, presa un po’ qua e un po’ la, basta che facciano R&B oppure un po’ prima oppure un po’ dopo, un po’ di roba vecchia e un po’ di roba nuova, aggiungi una marching band che è un po’ che non le mettevamo più, agitare bene e servire. Va bene che alla fine cantano tutti insieme “Dancing in the Street” e nessuno nello stadio sta più fermo ma hai iniziato ad abituare la gente a qualcosa di più… Voto: 6

1999 – Miami

Gloria Estefan, Stevie Wonder, Big Bad Voodoo Daddy, Savion Glover

Gloria Estefan a Miami può cantare anche le Pagine Gialle e sono contenti tutti. E quando Stevie Wonder attacca “Sir Duke”… va bene tutto. Insomma, un quarto d’ora di soul e salsa mischiati assieme: non si può dire che non sia stato divertente però… io un concerto di Stevie da solo l’avrei preferito. Voto 7,5

2000 – Atlanta
Phil Collins, Christina Aguilera, Enrique Iglesias, Toni Braxton

La Disney colpisce ancora. Quattro bei nomi presi uno per uno e, una volta messi insieme, esce una cosa da “meh”. Dal primo halftime show del nuovo millennio ci si poteva aspettare qualcosa di più. Voto: 6

2001 – Tampa
Aerosmith, NSYNC, Britney Spears, Mary J. Blige, Nelly

In quel periodo Britney Spears non era ancora la superstar in grado di reggere uno show da sola però il suo ruolo nello spettacolo fu molto secondario, stretta fra la celebrazione della boy band e – soprattutto – i vecchi dinosauri del rock. Alla fine, niente di che, anche se “Walk this way” nel finale lascia sempre un buon sapore in bocca. Voto: 6,5

2002 – New Orleans
U2

Ok, cinque mesi prima era successo quello che era successo e il Super Bowl più blindato della storia non aiutava certo a far dimenticare quello che era successo, ammesso che fosse possibile dimenticarlo. Però però però… sedici anni dopo la scienza dei nomi delle vittime che salgono al cielo sulle note di “Where The Streets Have No Name” mi causa ancora una pelle d’oca alta un dito. Best halftime show ever. Voto: 10

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2003 – San Diego
Shania Twain, No Doubt, Sting

Dai, la NFL lo sapeva che il trionfo dell’anno precedente non si sarebbe potuto replicare. Per cui la scelta (per certi versi saggia) fu di lasciare in parcheggio il rock e puntare su qualcosa di più tranquillo e rassicurante, come il country pop di Shania Twain e i bei messaggi di “Message in a Bottle”. Non poteva essere come il 2002, e non lo fu. Voto: 6,5 (mezzo punto in più per Sting)

2004 – Houston
Jessica Simpson, the Spirit of Houston from the University of Houston, and the Ocean of Soul of Texas Southern University marching bands, P. Diddy, Nelly, Kid Rock, Janet Jackson and Justin Timberlake

Rileggete l’elenco dei nomi, tralasciandoli tutti tranne gli ultimi due in grassetto, tanto tutti gli altri non se li ricorda nessuno. Questo è stato il Super Bowl della tetta, quello che ha costretto tutto ciò che è venuto dopo di lui a cinque secondi di differita. Breve riepilogo per i distratti o per gli alieni che dovessero leggere questo articolo: durante l’esecuzione di Rock Your Body Justin doveva strappare un pezzo della blusa di Janet in una coreografia studiata ma per un dannato “wardrobe malfunction” (termine inventato lì per lì) le venne via tutto, esponendo per una frazione di secondo un di lei capezzolo agli occhi del pubblico presente e televisivo senza distinzioni di sesso, età e convinzioni religiose: dopo di ciò, il diluvio (semicit.). E chi c’era non venga a dire che si ricorda le canzoni che hanno suonato perché non gli crede nessuno. Voto: 5 allo show, 8 alla tetta

2005 – Jacksonville
Paul McCartney

La leggenda vuole che gli organizzatori si chiusero in una stanza per cercare di trovare la soluzione meno sensuale possibile per l’halftime show post-nipplegate. E che, piuttosto di tornare alle marching bands, la scelta cadde su Sir Paul, asessuato a sufficienza e molto più che semplicemente famoso. Come poteva andare male, chiudendo poi lo show con “Hey Jude” cantata in coro da tutto lo stadio? Infatti, non andò male. Voto: 8

2006 – Detroit
The Rolling Stones

Dopo i Beatles, o quello che ne restava, chi altri? Tanto, nel 2006, gli Stones erano già sufficientemente anziani e appagati per non costituire più una minaccia alla pubblica decenza. E poi bastò spostare tutto in differita TV di cinque secondi, mettersi d’accordo con loro e, in alcuni passaggi del testo, far saltare brevemente il microfono. Censura? Maddaaaaai… al pubblico 12 minuti aperti da “Start Me Up” e chiusi da “Satisfaction” furono più che sufficienti. Voto: 8

2007 – Miami
Prince

Ora… lasciamo perdere il fatto che questo fosse un genio, ma… “Purple Rain” suonata sotto il diluvio con le colombe che volano attorno e la gente che canta? No vabbè, chiudiamo qui… Voto: 9

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2008 – Glendale
Tom Petty & the Heartbreakers

Faccio outing: a differenza di altri membri della redazione, Tom Petty non mi ha mai fatto impazzire. Però il suo show è stato tutto quello che ci si aspetta da un ottimo concerto rock, senza nulla in più e nulla di meno. Voto: 7,5

2009 – Tampa
Bruce Springsteen and the E Street Band

Nella conferenza stampa di presentazione chiesero a Springsteen come sarebbe stato il suo show, compresso in 12 minuti, lui abituato alle durate leggendarie dei suoi concerti. Lui rispose placido: “Sarà come se uno dovesse venire a un mio concerto, avesse sbagliato un’uscita sulla New Jersey Turnpike e fosse stato costretto a fare un giro clamoroso, perdendo un sacco di tempo e arrivando allo stadio solo per i 12 minuti finali. Ecco, una cosa così”. Toccatemi tutto, ma non il boss. Voto: 9,5

2010 – Miami
The Who

Per la serie “andiamo a recuperare tutte le vecchie glorie del rock inoffensive ancora vive”, signori e signori, gli Who. Però, dopo essere andata bene con McCartney, Stones, Petty e Springsteen, con gli Who il colpo finì un po’ a vuoto e il risultato non fu quello atteso. Vabbè… Voto: 6

2011 – Arlington
The Black Eyed Peas, Usher, Slash

Dopo anni di rock bianco la musica nera bandita dopo il TettaGate doveva tornare a trovar spazio al Super Bowl. Per fortuna della NFL in quel momento i Black Eyed Peas erano un po’ la faccia pulita dell’hip-hop e cavalcavano il loro massimo successo commerciale (“I gotta feeling, that tonight’s gonna be a gooood niiight….”), quindi erano perfetti. Lo show non fu da meno: a un certo punto uscì dal nulla anche Slash che c’entrava come i fichi sui maccheroni ma attaccò l’inizio di “Sweet Child O’ Mine”. Pandemonio da 100.000 persone. Voto: 8,5

2012 – Indianapolis
Madonna

Risparmiamoci l’elenco di tutti quelli che comparvero nello show come comparse più o meno importanti per celebrare l’unica regina del pop ogni epoca. Un di tutto di più che univa Usher e il Cirque du Soleil, Nicky Minaj e un paio di drumline di high school dell’Indiana. L’importante era stupire e esagerare, come d’altronde in quasi ogni concerto di Madonna dell’epoca. Poi, se uno vuole anche la musica, prego ripassare in un altro momento. Voto: 6,5

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2013 – New Orleans
Beyoncè

Chi poteva reggere il paragone con Madonna dodici mesi prima? Probabilmente, sul piano del pop, solo Beyoncè che in quel momento era anche all’apice assoluto della popolarità. Aggiungendoci una reunion con le Destiny’s Child, una serie di hit spaccaclassifiche e le conosciute doti vocali ed… ehm… estetiche della signorina, fu come un rigore a porta vuota. Voto: 7,5

2014 – East Rutherford
Bruno Mars

Inizia il periodo in cui uno si dice “vuoi vedere che la NFL sta finendo gli artisti?”. Nulla di personale contro Bruno Mars, che è anche bravino, ma il livello dei nomi negli ultimi anni era stato di altro livello. Comunque, questo show in coppia con i Red Hot Chili Peppers (un po’ come nutella e maionese, se vogliamo) non fu così male, anzi fu probabilmente l’occasione in cui molti notarono che Bruno ci sapeva anche fare. D’altronde, nell’intervallo della distruzione del Broncos 43-8 da parte dei Seahawks, anche una marching band avrebbe fatto un figurone. Voto: 7,5

2015 – Glendale
Katy Perry, Lenny Kravitz, Missy Elliott

E’ ancora ignoto il motivo per cui Lenny Kravitz si sia prestato a fare da spalla in una canzone a Katy Perry, a parte le bollette da pagare. A parte questo, lo show fu il tentativo più riuscito di rivaleggiare in kitch e maestosità con quello di Madonna del 2012. Una tigre metallica, cinque cambi d’abito senza motivo, effetti speciali come se non ci fosse un domani e, soprattutto, gli squali blu. Come si può giudicare serenamente un tale trip sensoriale? Non si può. Voto: 6 (di stima per Lenny Kravitz)

2016
Santa Clara – Coldplay, Beyoncé, Bruno Mars, Mark Ronson, Gustavo Dudamel

Nel 2016 e probabilmente anche oggi, piaccia o no e tolti i mostri sacri purtroppo in estinzione (cfr. U2), c’è una sola band che, a livello globale, ha una discrete garanzia di fare concerti ovunque nel mondo e esaurirli tutti, e sono I Coldplay. Per cui la scelta di affidare a loro l’halftime show del Super Bowl fu tanto ovvia quanto incomprensibile fu quella di affiancarli a Beyoncè (di nuovo) e all’onnipresente Bruno Mars, come se da soli i Coldplay non potessero offrire uno show all’altezza. D’accordo che quell’anno “Uptown Funk” spaccava come non mai e bisognava martellarla dentro anche qui ma, però, insomma… Ne uscì una cosa tutto sommato neanche così bifida, ma cosa sarebbe potuto essere… Voto: 7

2017 – Houston
Lady Gaga

E fu così che, giunti al fondo del barile, si resero conto che avevano dimenticato Lady Gaga. Oh, non stiamo parlando di Mozart ma comunque dell’ultimo grande personaggio del pop che la NFL poteva permettersi, visto che con gli artisti di colore (cfr. Rihanna) i rapporti iniziano a farsi tesi per l’affaire Kap. Lo show non deluse le attese, ma sempre di pop si tratta. Fatto bene, ma sempre pop. Voto: 7

2018 – Minneapolis
Justin Timberlake

E alla fine il figliol prodigo tornò a casa e fu ammazzato il vitello grasso. Però fu cura degli organizzatori evitare accuratamente la presenza di esseri tettuti sul palco a fianco del Timberlake, perché errare sarà anche umano e perdonare è divino, ma accà niscuno è fesso. Il ragazzo fu bravino di suo ma, questa volta un panino nell’intervallo ce lo si poteva anche fare. E infatti, me lo feci. Voto 6,5

2019 – Atlanta
Maroon 5

Eh… il 2019… Quell’anno per la NFL fu davvero dura, l’unico nome spendibile e in linea con gli standard del passato sarebbe stato Rihanna, ma il polverone Kaepernick aveva alienato alla lega le simpatie di quasi tutti gli artisti di colore, o almeno di quelli che davvero contavano (cfr. Jay Z). Così, scorrendo verso il basso le classifiche, il dito era arrivato ai Maroon 5 (che comunque in quanto a hit di classifica avevano i loro argomenti) e finì che i poveri 5 si trovarono loro malgrado nel polverone, tirati per la giacchetta da una parte e dall’altra. La NFL tirò nel mucchio anche la solita spruzzata di hip hop, con Travis Scott e Big Boi (nativo di Atlanta), per cercare di riequilibrare, ma la situazione era oggettivamente difficile. Ne uscì, con tutto il rispetto, uno show fiacchetto, in cui Adam Levine le provò tutte per far decollare lo spettacolo, compreso il cantare senza giacchetta e a petto nudo, con tutta la collezione di tatuaggi in bella mostra, ma alla fine se avessero fatto direttamente dodici minuti di “Moves Like Jagger” sarebbe stato meglio. Voto: 5, 5 (mezzo voto in più di stima per aver sopportato tutto il putiferio mediatico)

2020 – Miami
Jennifer Lopez & Shakira

Una review più approfondita la trovate qui. In breve, basta dire che mettere Shakira e JLo a cantare nell’intervallo del Super Bowl a Miami è talmente facile e geniale quanto portare William Shatner ad una convention sci-fi. Specialmente poi se le due cantanti indosseranno abiti succinti (tanto ci sono i soliti cinque secondi di differita…). Specialmente se lo stadio sarà pieno. E siccome tutto ciò si è puntualmente verificato, immaginare cosa sia successo dopo l’iniziale “Hola Miami!” è abbastanza semplice. Metri quadrati di pelle al vento, pole dance, twerking, salsa, spanglish, ritmo in ogni dove e le due cantanti nel mezzo, come topi nel formaggio. Per impatto (anche… ah-ehm… visivo), miglior halftime show degli ultimi 5 anni. Voto: 8.

2021 – Tampa
The Weeknd

Ovvero: l’halftime show al tempo del COVID. Niente pubblico sul terreno, spettacolo pensato e realizzato esclusivamente per la televisione (qui la review approfondita). Sì, va bene, non è che potessero fare altrimenti in piena pandemia, The Weeknd è stato anche bravo, le sue canzoni hanno retto bene e molti si saranno anche detti “Ah, ma è di Weeknd (senza il The, come se fossero già amici) questa, allora lo conosco!”, ha fatto lo show tutto da solo, senza alcun guest artist, ed era qualche anno che non succedeva più…
Però alla fine del quarto d’ora lo spettacolo è finito lasciando quella strana sensazione di incompiuto. La musica ha fatto il suo, l’artista ha fatto il suo, la produzione ha fatto il suo ma… non so… è come se fosse mancato qualcosa. Dopo anni passati a criticare il pubblico farlocco che si agitava sotto il palco, stai a vedere che siamo arrivati a rimpiangerlo? Voto: 6 1/2.

2022 – Los Angeles
Dr. Dre, Mary J Blige, Eminem, Kendrick Lamar, Snoop Dogg, 50 Cent, Anderson .Paak

Uno show (qui la review approfondita) preceduto da una hype imponente che ha rispettato le attese. Un tributo a Los Angeles a tempo di hip-hop diretto con maestria da uno dei suoi esponenti più iconici come Dr. Dre e messo in scena da un cast per il quale molti festival musicali ucciderebbero. Una realizzazione impeccabile, dalla scenografia alle performances, dalla produzione alla scelta delle canzoni, che rimarrà nella memoria quantomeno di tutti i fans del genere. E un repertorio che ha messo insieme momenti più leggeri (cfr. 50 Cent) a momenti più intensi e impegnati (cfr. Kendrick Lamar) con una fluidità invidiabile.
L’unica cosa che ha lasciato l’amaro in bocca è stata la durata, il poco spazio a disposizione per i singoli artisti, che ha di fatto reso lo show non un concerto ma gli highlights di quello che sarebbe potuto essere un concerto. Che probabilmente non vedremo mai ma che, in questa occasione, almeno abbiamo potuto assaporare. Bene così. Voto: 9-

2023 – Phoenix
Rihanna

Non è stato uno concerto ma un imponente spettacolo visuale (qui la review in dettaglio). Piattaforme volanti che estendevano in verticale un palco sviluppato come una lunga linea orizzontale longitudinale al campo, scenografia giocata su due soli colori, riprese da tutti gli angoli coordinate da una regia quasi perfetta e, su tutto, delle coreografie ipnotizzanti e un corpo di ballo tutto vestito di bianco in movimento dal primo al tredicesimo e ultimo minuto, con un sincronismo imbarazzante. E Rihanna, di rosso vestita, che dominava la scena come una regina, sia da sopra una piattaforma in aria sia in mezzo ai ballerini come un puntino rosso sempre chiaramente visibile in mezzo ad un mare di bianco.
La musica non è neanche stata l’elemento più importante ma ha chiaramente fatto la sua parte, Rihanna non ha neanche dovuto sfoderare tutte le sue hit per confezionare una scaletta che miscelava successi planetari con brani forse meno conosciuti al di fuori dei fans. Un vero spettacolo, che probabilmente si ritaglierà uno spazio nella nostra memoria. Impeccabile. Voto: 9

T.Shirt e tazze di Huddle Magazine Merchandising

Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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4 Commenti

  1. E per lo “squalo di sinistra” del SB 2015 niente voto? Fu il vero protagonista dello show. Da 10.

    1. Non è il mio genere, più che il mio forte. Ma, dopo Michael Jackson, chiunque fosse salito sul palco avrebbe patito il confronto. Grazie per il parere! 🙂

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