Hip Hop Rulez – Super Bowl LVI Halftime Show

Cosa c’è su questo halftime show che non sia già stato scritto e detto alla viglia? Lo show più ‘black’ della storia? Detto. La pace siglata tra la NFL e gli artisti di colore, da Jay-Z in giù? Scritto. L’hip-hop che si prende di peso il palcoscenico più prestigioso, con buona pace dei boomer? Letto. Il cast più maestoso che sia mai stato assemblato? Fatto. Tutto già visto, ma d’altronde il tempo passato dall’annuncio del cast a ieri è stato magnificamente gestito dagli organizzatori per far salire l’attesa, un po’ come sto facendo io cercando di allungare questa introduzione prima di arrivare al punto. Vabbè, visto che ormai mi sono smascherato da solo, procediamo…

Prima però, due brevi note a margine su un paio di cose che non sono proprio halftime show ma fanno parte del lato ‘spettacolo’ del Super Bowl: la presentazione iniziale delle squadre fatta sul terreno di gioco da The Rock è stata una cosa epica nella sua semplicità e nella sua potenza. E l’emozionatissima Mickey Guyton, dopo un inizio incerto e una nota mancata che aveva fatto temere il peggio (Christina Aguilera, anyone?), si è ripresa molto bene eseguendo un inno nazionale in modo molto bello e molto intenso. Però l’abito di Jhené Aiko durante l’esecuzione di “America The Beautiful” rimarrà nei nostri cuori molto a lungo…

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Con le squadre negli spogliatoi tranne Evan McPherson, che da buon fan non ha perso l’occasione e si è voluto vedere tutto lo show da bordo campo, lo spettacolo inizia con un gioco di luce sulla mano di Dr. Dre che simula un tatuaggio con l’immagine di Compton, la cittadina nei sobborghi di Los Angeles nota per molti motivi poco edificanti ma anche per essere stata la culla dello stesso Dre e di Lamar, ma anche di molta parte della scena hip-hop losangelina. E, dopo aver rivelato Dre seduto ad una grande consolle tutta bianca, l’inquadratura si apre e si capisce subito che LA sarà protagonista assoluta dello show, con lo stage costruito come una serie di casette, rappresentazione di un piccolo sobborgo americano, con tanto di decappottabili tamarre parcheggiate fuori e con una enorme mappa luminosa di Los Angeles a fare da pavimento. Molto bello.

La prima voce che si sente è quella di Snoop Dogg e lo show si apre con Dogg e Dre che duettano in “The Next Episode”, e già come inizio ci saremmo anche. Ma quando partono in sottofondo le note di “California Love” e tutto lo stage inizia a ballare come ad una festa di quartiere il mood si alza di colpo e lo stadio non si trattiene più.

A sorpresa compare anche 50 Cent, come se dividere 12 minuti fra 5 artisti non fosse già complicato a sufficienza. Canta (appeso a testa in giù all’interno della casa) “In Da Club” in un tripudio di twerking e chiappone e passa il testimone, per restare in tema, a Mary J Blige sul tetto che infila in sequenza “Family Affair” e “No More Drama” per chiudere poi distesa sul palco.

Si scende in cortile e arriva un leggero stacco stilistico con Kendrick Lamar, l’artista più contemporaneo fra tutti quelli in scena, che assesta un pugno nello stomaco a chi non se lo aspettava cantando “Alright”, uno degli inni de facto delle manifestazioni Black Lives Matter, in una scenografia tutta nera e (direi volontariamente) anche leggermente inquietante. Momento parecchio intenso, per dare seguito al quale non poteva esserci modo migliore delle prime note di “Lose Yourself”. Eminem, forse l’unica persona bianca in tutto il palco, ballerini inclusi, sale sul tetto della casa e dimostra coi fatti come, volendo, il colore della pelle sia in fondo un dettaglio cromatico, iniziando a martellare con la sua voce mentre (seconda sorpresa della serata) ci si accorge che quello che suona alla batteria è Anderson .Paak. E, alla fine, si inginocchia, forse in aperto omaggio a Colin Kaepernick mentre l’onnipresente Dre si siede a suonare il pianoforte. Ma il tempo è tiranno (cit.) ed è ora del finale che – a pensarci – non poteva che avvenire sulle note di “Still D.R.E.”, iniziata da Snoop Dogg e dallo stesso Dre e alla quale poi si aggiungono tutti per il meritato tripudio conclusivo.

E quindi? Come spesso avviene, è stato uno show che ha rispettato le premesse e le attese della vigilia (qui la versione integrale). Che però, in questo caso e con questi nomi in gioco, erano enormi, quindi il giudizio è facile da intuire. Dalla scenografia alle performances, dalla produzione alla scelta delle canzoni tutto è stato impeccabile, all’altezza dei migliori halftime show del passato. L’unica cosa che ha lasciato l’amaro in bocca è stata la durata, il poco spazio a disposizione per i singoli artisti, che ha di fatto reso lo show non un concerto ma gli highlights di quello che sarebbe potuto essere un concerto. Che probabilmente non vedremo mai ma che, in questa occasione, almeno abbiamo potuto assaporare. Bene così.

Voto all’halftime show: 9-

La scaletta:

  • The Next Episode – Dr. Dre & Snoop Dogg
  • California Love – Dr. Dre & Snoop Dogg
  • In Da Club – 50 Cent
  • Family Affair – Mary J Blige
  • No More Drama – Mary J Blige
  • Alright – Kendrick Lamar
  • Lose Yourself – Eminem feat Anderson .Paak
  • Still D.R.E. – Dr. Dre & Snoop Dogg
Merchandising Merchandising

Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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