[NFL] Week 5: Niente rimonta Broncos, vince Brady

Sono fiduciosi gli occhi di Peyton Manning che, uscendo sconfitto dal Gillette Stadium, si incammina verso gli spogliatoi? Che opinione ha dei suoi Broncos? Li vede come una squadra incappata in una schedule impossibile e ancora a galla o come una vera delusione?
La più enigmatica delle partite era per i suoi cominciata in modo rassicurante. Drive lunghi, New England implacabile ma lenta, soli 10 punti di svantaggio all’intervallo nonostante la produzione incessante di primi down degli avversari. Era, sì, mancata pressione su Tom Brady, ma come spesso in stagione gli aggiustamenti si sarebbero presi cura di questo difetto, ed il secondo tempo sarebbe stato combattuto. Invece, il blackout.

La difesa non argina i runningback dei Patriots, che approfittano dei soliti sontuosi blocchi della squadra di Belichik per avere guadagni principeschi. Le 19 yard di Danny Woodhead su un terzo e 17 la dicono lunga su quanto le corse abbiano funzionato contro Denver, team che dovrebbe basarsi sulla difesa e su quello che può dare al suo attacco, ma che nella notte di Foxborough non produce nulla per più di tre quarti.
brady tdQuindi il terzo quarto è riassumibile in tre giocate: la corsa sopracitata di Woodhead, il sack subìto da Manning con susseguente fumble ed il touchdown di Stevan Ridley per il 31 a 7. In questo frangente i Broncos non sembrano alla mercè completa degli avversari, ma piuttosto una squadra che non riesce a realizzare il suo potenziale. Il ché, forse, è peggio.

Per fortuna degli spettatori la partita è ben lungi dal smettere di dispensare emozioni. La ragione per cui Manning prende complimenti a fine partita è la lucidità con cui gestisce la palla in seguito. Il 14 a 31 arriva con un drive da 90 yard che dura 3 minuti. Jacob Tamme e Demaryius Thomas (talento a grappoli per quest’ultimo) ricevono palle importanti, mentre il 18 sopravvive alla pressione avversaria con la presenza scenica di un tempo. La ricezione finale è di Eric Decker, giocatore dalle mani delicate, ideale ad interpretare gli intelligenti lanci del suo QB. E’ la fine del terzo quarto, in cui è successo tutto e l’incontrario di tutto. Denver è in “desperate mode”, con gli avversari a tre possessi di vantaggio, ma la sensazione è che basterebbe avere tre palloni giocabili e il 18 scriverebbe una pagina del tutto simile a quel mitico Monday Night contro i Buccaneers di una decina di anni fa.

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Ma, come vi avevamo accennato nella nostra preview, questa volta l’affermazione di Manning, o di Brady, non sarebbe dipesa da loro due. Questa volta sarà un comprimario ad essere fautore del destino di una rivalità che ha fatto la storia di questo sport. Quarto e 1 per Denver, Manning non ci pensa nemmeno ad uscire dal campo, vede la traccia del suo numero 23 andare verso la sideline destra. Gli mette la palla in mano. Appena il cuoio tocca la pelle dei suoi guanti, Willis McGahee gira la testa. E’ l’errore da dilettante di un giocatore esperto, la palla cade e Denver si ferma.
Solo momentaneamente, perchè nuova linfa vitale sembra scorrere nelle vene dei giocatori di John Fox. Sack, pressione, placcaggi. La difesa torna la migliore dell’NFL. Brady è a terra, perde il pallone e lo ridà alla sua nemesi, che trova Brandon Stokley per il 21 a 31. Nuovo drive, nuova emozione. Stevan Ridley perde il pallone, altra possibilità, con 4 minuti sul cronometro, per l’atttacco del Colorado. La difesa di New England è stanca, acciaccata, lenta. Perde Thomas, che si gira e riceve sulle 14 dei padroni di casa.
Palla ancora a McGahee, secondo tradimento: il fumble dell’ex Ravens chiude la partita, per lo scoramento di chiunque stesse aspettando di vedere la partita decisa all’ultimo secondo dal field goal del pareggio di Matt Prater allo scadere.

Perchè non c’erano dubbi che sarebbe finita così. Quel drive sarebbe finito con il TD e quello di New England successivo sarebbe stato un 3&out. Poi Manning avrebbe tentato di raggiungere la End Zone, accontentandosi forse di lasciar calciare il suo potente kicker. E se i Broncos dalla loro ci mettono una notevole isteria ed un bipolarismo estremo, New England certo non può sorridere fino in fondo.
Nel primo tempo Tom Brady è sembrato la classica macchina da lanci. Tutti precisi, tutti facili, nessuno troppo prevedibile. Wes Welker immarcabile, a muovere la catena per i suoi. Le corse affidabili, con tre giocatori (Woodhead, Ridley, Shane Vereen) a ruotare e garantire vigore atletico. Avessero spinto sull’acceleratore, forse sarebbero stati bissati i 52 punti di Buffalo. E’ mancata la volontà di rischiare, cosa che andrebbe limita.

man braLa difesa vista nel secondo tempo è, sack e fumble su Manning a parte, di un pressapochismo epocale. Marcatura larghe, poca presenza mentale, talmente dipendente dalla pass rush da lasciare praterie sul medio raggio. E se l’attacco è coordinato che meglio non si può, la difesa ha bisogno di un restauro totale. Ma gli errori di McGahee hanno cancellato gli abomini del reparto arretrato di casa nella serata del Massachussetts, probabilmente ritardando l’arrivo delle contromisure da attuare. Altri errori, siamo sicuri, Willis McGahee non li farà.a partita più attesa si è quindi rivelata la più delicata. Da una parte i Patriots, in forma ma con difetti preoccupanti in difesa, dall’altra i Broncos ed i loro alti e bassi a seconda del punteggio.

Gli occhi di Peyton Manning probabilmente non sono fiduciosi, ma sembrano sicuri di tornare a Foxborough ai Playoff e strappare le certezze traballanti dei Pats dal volto di Brady. Nel frattempo c’è una division da vincere, e sarà meglio iniziare a prendere W con continuità, insegnare a questa squadra cosa vuol dire essere dei vincenti e non giocare solo quando si è irrimediabilmente sotto nel punteggio.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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