Gridiron Experience Camp: i coach di Cal, Lynch, Tavecchio e il Raiders Italia Booster Club

Huddle Magazine è stato Media Partner del Gridiron Experience Camp. Nella due giorni del camp abbiamo realizzato molti video per raccontarvi cosa accadeva sul campo più qualche intervista. Vogliamo adesso raccontarvi le sensazioni di chi era presente.

Si è concluso domenica il Gridiron Experience di Torino, il camp organizzato con grande scrupolo da Riccardo Merola. Una due giorni di football, sudore e passione sotto lo sguardo attento e i preziosi suggerimenti di coach della University of California, Berkeley e di due ex Golden Bears, il nostro Giorgio Tavecchio e Marshawn “Beast Mode” Lynch.

181 giocatori iscritti di varie fasce d’età, 31 coach vogliosi di carpire quanti più segreti possibile dai coach americani, 16 cosiddetti “ghost coach” italiani, incaricati di affiancare gli americani e tradurre se necessario ai ragazzi le loro indicazioni, diversi litri di importantissima crema solare ed un numero inimmaginabile di bottigliette d’acqua necessarie per idratarsi nel caldo di Torino.

Una piccola premessa prima di iniziare. In Italia, se scrivi di football, nella stragrande maggioranza dei casi lo fai per passione; siamo amanti di questo sport e siamo tifosi sfegatati di una delle 32 squadre NFL. Il Camp di Torino rappresentava per me la perfetta occasione per vedere degli esperti coach impegnati a trasmettere le proprie conoscenze e per incontrare due esponenti della famiglia Silver & Black.

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GRIDIRON EXPERIENCE, FUNDAMENTALS & SKILL CAMP

Riccardo Merola non ha nascosto le difficoltà che l’organizzazione ha dovuto affrontare per mettere in piedi questo evento. Le regole NCAA si sono fatte sempre più stringenti e, per evitare di avere impropri vantaggi nel recruiting di giovani talenti, alle università è fatto divieto di utilizzare il proprio nome e i propri simboli quando partecipano ad attività che mirano a far conoscere e crescere il football americano. La conseguenza più evidente è stata che il Camp ha dovuto cambiare all’ultimo logo e nome, passando dal Torino is Bear Territory dello scorso anno ad un più generico ma comunque efficace Gridiron Experience Camp. Proprio per via delle limitazioni imposte dalla NCAA, poi, i coach di Cal sono dovuti uscire dal campo quando le attività al Camp si sono fatte più competitive (7 vs 7, scrimmage).

Lo scopo del Camp, in ogni caso, era l’insegnamento dei fondamentali e quindi il coinvolgimento dei coach americani è stato massiccio. La scelta degli organizzatori è stata di puntare su degli assistenti del coaching staff dell’università di Berkeley, ed è stata una scelta ragionata e vincente: i ragazzi americani presenti respirano football 24/7 ed hanno una carica di passione ed una voglia di trasmettere le proprie conoscenze davvero intensa.

Erano presenti Burl Toler III come DBs coach (a Cal è RBs coach ma a Torino il ruolo è stato giustamente affidato a Marshawn Lynch), Erik Meyer (Quality Control, Offense a Cal) come QBs coach insieme all’ex QB di Cal J Torchio, Matt McFadden (Graduate Assistant, Offense a Cal) come OL coach insieme a Denis Hallin, Benji Palu (Recruiting Assistant a Cal) come DL coach, Hayden Schuh (Graduate Assistant, Defense a Cal) come LBs coach, Kevin Parker e Devin Regan come coach dei WR, Casey Petree (Graduate Assistant, Offense a Cal) come TEs coach e Andrew McGraw a dare una mano a Lynch con i RB.

Lavorare con ragazzi di varie fasce d’età e con esperienze di football tanto diverse non era impresa facile, ma i coach di Cal e i loro appassionati assistenti italiani hanno fatto davvero del proprio meglio per non trascurare nessuno.

Benji Palu è stato l’animatore dei warmup, con i suoi chiassosi “siete pronti?!” a cui i ragazzi in coro rispondevano con un “SI!” che risuonava come un tuono nello stadio, a dimostrazione del grande entusiasmo degli iscritti. Il secondo giorno coach Benji ha guidato il gruppo in una appassionata Haka, che ha caricato i ragazzi e divertito gli spettatori.

Benji Palu
Andy King Photography

Grazie all’organizzazione ho potuto girare liberamente per i vari campi, avvicinarmi ai gruppi di ragazzi durante i drill e ascoltare i coach all’opera come insegnanti. Grande importanza, come detto, è stata data all’insegnamento dei fondamentali e i ragazzi hanno potuto imparare come posizionarsi correttamente, come proteggere la palla, come placcare nella maniera più sicura ed efficace possibile, come sfruttare il proprio corpo per bloccare o per evitare un blocco, a seconda ovviamente del reparto in cui stavano.

Sono i “noiosi” allenamenti sui fondamentali che fanno la differenza e al Camp di Torino si è voluto trasmettere proprio questo messaggio: durante una azione, in partita, devi leggere il gioco, devi reagire in base a quello che accade, e non hai certo tempo di pensare anche a come posizionare i piedi e le spalle per un lancio, a come correre una traccia, a come affrontare un blocco… queste sono cose che devono venire naturali, e l’unico modo è fare pratica, tanta pratica, a volte anche da soli davanti allo specchio, come spiegava coach Meyer nel suo interessantissimo Clinic destinato agli allenatori e ai QB.

I Clinic… ebbene sì, perché al Camp di Torino le pause erano ridotte all’osso. Mentre i ragazzi mangiavano e si riprendevano fisicamente e mentalmente dai rigori del campo, nelle aule ricavate presso la struttura del CIT Turin di corso Ferrucci i coach americani hanno tenuto delle lezioni ed hanno risposto alle domande e alle curiosità dei coach italiani presenti. Sabato è stato il turno di Meyer e McFadden e domenica quello di Schuh, Petree e Toler. E’ stato davvero interessante sentire con che padronanza questi ragazzi parlano di football e con quale disponibilità rispondessero alle domande e alle curiosità dei colleghi italiani, desiderosi di avere conferme di quanto stanno insegnando nelle rispettive squadre e di approfondire argomenti e carpire segreti da chi lavora per una importante istituzione del college football.

LE STAR: LO SCHIVO LYNCH E IL DISPONIBILISSIMO TAVECCHIO

Per i ragazzi che si sono iscritti al Camp l’occasione di imparare dai coach americani era già motivo sufficiente per partecipare al Gridiron Experience, ma certamente la presenza di Giorgio Tavecchio (già coach dei kicker anche nel 2017) e di Marshawn Lynch ha aumentato l’interesse intorno al Camp.

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Come detto all’inizio dell’articolo, scrivo per passione e nelle mie vene scorre sangue nero-argento, quindi non potevo farmi scappare l’occasione di incontrare due giocatori dei Raiders. A settembre 2017 abbiamo fondato il Raiders Italia Booster Club, che conta ormai una settantina di iscritti, e l’occasione era ghiotta per organizzare un raduno a Torino e stringerci intorno all’orgoglio italiano Giorgio Tavecchio (membro onorario del fan club) e a Beast Mode.

Raiders Booster Club
Andy King Photography

Per essere certi di poter incontrare Lynch il Raiders Italia Booster Club ha preso contatto con l’organizzazione del Camp e Riccardo Merola è riuscito a concordare con Lynch e con il suo amico e portavoce Kevin Parker un Meet & Greet che si sarebbe dovuto svolgere domenica alla chiusura del Camp. A fronte del pagamento di 25 euro da devolvere alla sua fondazione, Lynch si era reso disponibile ad incontrare i fan e a firmare qualche autografo. Torneremo sull’argomento fra pochissimo.

Merola, durante la presentazione all’apertura del Camp, ha chiesto ai ragazzi di non rallentare le operazioni andando all’inseguimento di una foto con Lynch o un autografo, ma di concentrarsi sul football e considerare Lynch per il suo ruolo di coach dei RB e non come una star. Il messaggio dell’organizzazione era ben giustificato; i ragazzi avevano aderito al Camp per imparare qualcosa sul football e correre dietro alla star avrebbe rappresentato una occasione sprecata per loro. C’era poi la legittima preoccupazione di indisporre il particolare Lynch con troppe attenzioni.

Lynch era arrivato al campo in pantofole, ciondolante, in ritardo rispetto agli altri coach e all’apparenza svogliato. Gli organizzatori erano un po’ preoccupati in partenza perché Beast Mode aveva declinato l’invito ad andare a cena con il resto del gruppo la sera prima, e sembrava essersi isolato… “Speriamo non sia stato un errore chiedergli di partecipare”, hanno pensato. Le preoccupazioni sono scomparse subito, non appena Lynch si è infilato le scarpette ed ha preso il comando del suo reparto.

Non lo nego, la presenza di Lynch mi ha portato a dedicare un po’ più della mia attenzione agli allenamenti dei RB rispetto agli altri reparti, e sono stato quindi testimone oculare del lavoro fatto da Beast Mode con i ragazzi. Il probabile Hall of Famer ha insegnato ai ragazzi come proteggere la palla, come posizionare il corpo durante i drill, non ha fatto mancare i suoi consigli ed ha preso sotto la sua ala protettiva i più giovani portatori di palla del Camp, coinvolgendoli, caricandoli e prendendoli in disparte quando necessario.

Lynch Torino
Foto di Maurizio Valletta

Ci sono stati momenti in cui l’uomo si è trasformato in “bestia”, soprattutto in occasione degli 1 contro 1 tra RB e LB quando i difensori non si fermavano al suono del fischietto. Le camere di Huddle Magazine hanno catturato la scena in cui Lynch ha chiesto agli organizzatori di portargli casco e paraspalle, minacciando i LB che non si fossero fermati al fischio che se la sarebbero dovuta vedere con lui. Il sangue nelle vene di Merola e compagni si è ghiacciato per un istante, ma per fortuna le minacce di Beast Mode sono state sufficienti a calmare le esuberanze dei giovani LB.

Lynch Camp
Foto di Monica Audoglio

Se dentro il campo Lynch si è dedicato anima e corpo ai ragazzi, durante le pause si è spesso seduto in disparte, cercando di evitare la gente. Devo essere sincero, ho avuto la tentazione di chiedergli una breve intervista ma ho deciso di lasciarlo in pace, ritenendo sufficiente poter testimoniare il suo impegno in campo. Solo in una occasione ho deciso di avvicinarmi a lui per dirgli che avevamo fondato un fan club dei Raiders in Italia e che ci faceva piacere poterlo conoscere dal vivo. E’ stato gentile nella sua risposta ed ho tolto subito il disturbo per lasciarlo al suo lavoro.

Prima della fine del Camp Lynch ha voluto distribuire dei regali ai ragazzi, ai coach e anche a Riccardo Merola, che potrà esporre con orgoglio la maglia numero 24 dei Raiders, anche se il suo cuore è per i cugini che stanno nella parte sbagliata della Baia di San Francisco.

Merola Camp
Andy King Photography

Giorgio Tavecchio al Camp si è visto poco, dato che l’organizzazione ha preferito spostare per buona parte della due giorni i kicker allo stadio Nebiolo dove avevano a disposizione più spazio per calciare e, soprattutto, i goal post. Quando presente, Giorgio non ha mai fatto mancare un sorriso, un saluto ed una risposta gentile a tutti coloro che gli rivolgevano la parola. Giorgio è un ragazzo speciale e lo ha dimostrato una volta di più nei due giorni a Torino.

IL MEET & GREET SALTATO E L’ABBRACCIO A TAVECCHIO

Il Meet & Greet con Lynch era fissato per le 17 circa, alla chiusura del Camp. Purtroppo un imprevisto ha costretto l’organizzazione ad anticiparlo intorno alle 14.30 e tutto è andato all’aria in un momento.

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Lynch si è recato nella stanza dedicata al Meet & Greet mentre il suo amico KP raccoglieva i soldi all’esterno, ma dopo poco ha cambiato i suoi piani ed ha fatto restituire il denaro a chi aveva già pagato. Ha fatto comunque l’autografo a ciascuno di noi e poi è tornato in campo per assistere alle fasi conclusive del Camp.

Foto Raiders Italia Booster Club

Unica piccola delusione è stata la mancata foto di gruppo con lui, alla quale inizialmente aveva acconsentito quando lo avevo avvicinato.

A chi gli chiedeva una foto o un autografo nelle fasi finali del Camp rispondeva con uno scherzoso ma ferreo “IIIIIMPOSSIBLE”. In alcuni casi ha però ceduto, a dimostrazione che “impossible is nothing” se lo sai prendere per il verso giusto.

Voglio raccontarvi un piccolo aneddoto divertente. Una socia del fan club, Paola, si era messa in viaggio dalla lontana Emilia per arrivare in tempo per il Meet & Greet. Per via dell’imprevisto che ha portato ad anticipare l’incontro con Marshawn Paola non ha fatto in tempo a sfruttare l’occasione che abbiamo avuto noi e così appena arrivata al campo si è messa con coraggio all’inseguimento di Beast Mode. Dopo svariati “impossible” e rapidi cambi di direzione che non sono però stati sufficienti a Lynch per liberarsi della marcatura, il duro RB di Oakland ha allargato le braccia concedendosi ad un tenero abbraccio, ma non sembrava ancora pronto a cedere e firmare il mini helmet della nostra Paola. Ad un mio “Marshawn, come on, she drove for three hours to be here” Lynch ha risposto con un sarcastico “I flew for 24 hours to be here”. Alla fine qualcuno ha proposto uno scambio: un bacio per un autografo. Lynch ha concesso la sua guancia e come nelle favole il bacio della bella ha fatto breccia nel cuore della “bestia” e la nostra Paola ha ottenuto l’agognato autografo.

Per un Lynch fuggente c’è stato un Tavecchio super disponibile. Giorgio si è trattenuto in campo a firmare autografi e fare foto con tutti i suoi fan, incurante del caldo e della fatica accumulata nei due giorni sotto il sole cocente di Torino. Con noi del RIBC ha chiacchierato a lungo, rispondendo alle nostre curiosità su Jon Gruden, sulla deludente stagione 2017 della squadra, sulle polemiche sull’inno nazionale che alcuni tifosi e osservatori ritengono essere la causa della debacle di Washington o addirittura la causa dell’intera stagione fallimentare.

Foto Raiders Italia Booster Club

Abbiamo potuto finalmente consegnare a Giorgio la maglia ufficiale del fan club con il suo nome e il numero 2 ed abbiamo fatto un numero infinito di foto con lui. Mentre firmava le foto commentava e raccontava i “dietro le quinte”… “questa foto è stata scattata dopo che il numero 70 Kelechi Osemele mi aveva dato una sberla fortissima sul casco”… Giorgio si è quasi commosso quando la solita geniale Paola gli ha chiesto di autografare l’articolo della Gazzetta dello Sport dedicato al suo storico esordio con i Raiders e si è sdraiato per terra per studiare come autografare al meglio la pagina senza coprire la foto e l’articolo.

Grazie Giorgio per il tempo che ci hai dedicato, grazie Riccardo per aver organizzato al meglio questo Camp e grazie anche a Marshawn, perché è venuto a Torino per insegnare i fondamentali del football ai ragazzi e in questo ruolo è stato impeccabile e non si è risparmiato. E’ un personaggio particolare fuori dal campo, è schivo… tutti avremmo preferito che da parte sua ci fosse più disponibilità per i suoi fan, ma non mi sento di condannare un ragazzo che è e resta coerente con sé stesso in ogni occasione.

Foto Raiders Italia Booster Club
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Mako Mameli

Appassionato di football americano fin dall'infanzia, gioisce e soprattutto soffre con i suoi Raiders e aspetta pazientemente che la squadra torni a regalargli qualche soddisfazione, convinto che sarà ancora in vita quando Mark Davis solleverà il quarto Lombardi Trophy. Nel tempo libero gioca a flag football e mette in pratica gli insegnamenti di Al Davis lanciando lungo ad ogni down... peccato che abbia una percentuale di completi peggiore di quella di JaMarcus Russell.

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