La sfida tra deluse è a tinte viola (Minnesota Vikings vs Chicago Bears 19-13)

Week 6. I Vikings rialzano la testa dopo la sconfitta contro i Chiefs, mentre i Bears la riabbassano dopo il successo di Washington. Come da pronostico il derby della NFC North si tinge di viola, ma il successo lascia in ogni caso degli strascichi importanti in casa Vikings.

La formazione ospite ottiene il risultato e questo è ciò che conta (anche se non per tutti), ma prendendo in analisi la modalità della vittoria rimangono diversi dubbi sulla gestione del potenziale di questo team. Sotto la lente finisce il running game che, debole, raccimola solo 46 yard con due giocatori su quattro a portar palla addirittura in negativo. Storicamente i Vikings hanno spesso ammazzato i Bears sulle corse, con l’Adrian Peterson o il Dalvin Cook di turno a rimarcare prestazioni da cornice. Domenica però la manovra offensiva si è “data alla macchia” e lo ha fatto contro una squadra che, di fatto, oggi subirebbe persino contro squadre della EFL. L’altro fronte d’attacco soffre l’assenza del fenomeno Justin Jefferson, non un comune atleta ma un piacere agli occhi col suo stile scintillante; senza JJ basta il minimo sindacale ed un piccolo sforzo finale per regolare i derelitti Bears.

19 punti segnati alla peggiore difesa del campionato, uno in meno di quanti i Bears ne avessero concessi a degli inguardabili Commanders pochi giorni prima. Non un bel segnale. Non tanto per la partita di Chicago, quanto per affrontare il futuro imminente. I Vikings possono e devono fare meglio di così perchè i mezzi ci sono; la stessa cosa, purtroppo, non vale per i Bears ai quali nemmeno il più grande dei miracoli basterebbe.

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La mia stima per il mondo Vikings è sempre stata nota e forse nel mio giudizio c’è del condizionamento. Solo vedere le formazioni che hanno schierato in campo nel Minnesota durante gli ultimi lunghi anni mi lascia molto amaro in bocca perchè sulla carta, questi team, erano spesso da Super Bowl. Poi la colpa è del QB, poi la colpa è del capo allenatore, poi la colpa è della gestione, ed ecco che i destini vichinghi si intrecciano in un nulla di fatto con quelli degli orsi.

Bears e Vikings sono quelli che chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane. Proprio loro.

Il senso di incompiutezza che attanaglia ciclicamente queste organizzazioni, per una ragione o per l’altra, è imbarazzante. Accanito e velenoso, talvolta beffardo quasi da far accarezzare un Girone Dantesco. Immaginate due cotolette che vengono cotte da capo ogni volta e in men che non si dica si carbonizzano senza nemmeno sfiorare quell’amorevole doratura tanto cercata. Non importa quante volte si friggano queste bistecche, diventeranno sempre nere. Come le domeniche dei loro cuochi (o tifosi)…

Per tali ragioni, e per il fatto di condividere un nemico comune, siamo diventati amici. Due sfigati che non trovano spazio nel mondo che vale e allora vanno per conto loro; e per quanto questa cosa possa sembrare assurda, vi stiamo raccontando una pura verità.

Finita la terapia di gruppo, ognuno torna ai suoi problemi. Passiamo ai Bears.

Lo scempio della secondaria di Washington non va in onda ogni settimana e di questo Chicago dovrebbe esserne consapevole. Ma con ogni probabilità non è così. I Bears perdono l’ennesima opportunità di poter quantomeno mostrare un briciolo di orgoglio e se non basta neanche una toppa col numero 51 cucita sulla maglia in onore di uno dei più grandi difensori della storia a stimolare l’ambiente, allora vuol dire che questa generazione è totalmente bruciata. Come le cotolette di prima insomma!

Fields è una statua in mezzo al campo, ma non in senso celebrativo, è proprio un pezzo di bronzo che non si muove. Statico, si addormenta con la palla in mano incapace di leggere giochi di qualsivoglia genere. Si fa pure male ad una mano ed esce: entra Bagent e al primo pallone fa una cappellata che costa la partita ai Bears. Però il tatuaggio dell’orso che ha sul braccio è veramente bello!

I Vikings portano blitz a profusione, ne è consapevole persino mia nonna che non ha nemmeno idea di come si scriva la parola football. Eberflus però pare essere ignaro della cosa e non prende alcuna misura alle strategie avversarie. Risultato: 13 punti e altra sconfitta, che sommate al suo record fanno 19.

Ora, a livello personale l’invidia è un sentimento che non mi appartiene. Mai. Però devo ammettere che ad osservare questa gente che durante gli orari di lavoro fallisce imperterrita sbagliando sempre tutto, ogni singola cosa, senza essere mai redarguita a dovere dal proprio capo beh, un pò di invidia francamente mi sale. Sarà perchè quando sbaglio io/noi ho sempre tutti addosso.

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Al draft abbiamo passato su giocatori importanti, compreso il primo selezionabile in assoluto, per rinforzare la linea offensiva. La stessa linea offensiva che ha concesso una miriade di sack a chiunque la abbia guardata negli occhi. E intanto Justin Fields si è fratturato una mano e salterà la prossima partita e forse non solo. Non che l’assenza di Fields sia un dramma per quanto visto fin qui, però in teoria Fields doveva essere il giocatore centrale del progetto e tanto ha fatto schifo lui quanto chi lo circonda.

All’interno di questo disastro, mi prendo il lusso di salvare un solo nome: T.J. Edwards. La sua velocità e la sua potenza sono le sole cose che mi piacciono di questi Chicago Bears.

Guardo come gioca Roquan Smith, o Khalil Mack quando una domenica a caso polverizza i Raiders con 6 sack (6 in una partita son tanti ragazzi, concedetemelo…) oltre a 2 fumble forzati e capisco soltanto che chi dovrebbe capirci qualcosa non ci capisce niente (sì Ryan, sto parlando con te). Mi dicono: “Eh ma Mack aveva un contrattone, era giusto scambiarlo”. (Per una quarta scelta???), come se i soldi dello stipendio di Mack li pagassero loro… e ogni partita in difesa, da quel momento in avanti, si è trasformata in un incubo. Ma pazienza, che volete che vi dica.

Chi paga lo scotto, alla fine, sono sempre i tifosi. Il boicottaggio a questo punto pare essere l’unica arma da utilizzare contro una società che, con furbizia, continua a far finta di non capire per proprio comodo…

PS: le spiegazioni sul boicottaggio le diamo al The BIC Show mercoledì sera alle 21:15!

BearDown!, perchè nè risultati, nè cattive gestioni cambieranno mai il nostro amore incondizionato per questa squadra.

alex cavatton firma area 54

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