Qualche riflessione sulla NFL in Italia

In questi ultimi giorni, ma non solo, ho sentito più volte la domanda: perché la NFL non investe all’estero (e in particolare in Italia) per stimolare lo sviluppo di questo sport?

Ci tengo a fare una premessa: le mie considerazioni partono da qui, non è una riflessione sul football in Italia ad oggi (non ne sarei grado), ma sul perché secondo me, l’NFL non investe direttamente sullo sviluppo del movimento nel nostro paese.

Credo che le strade “desiderate” da molti tifosi e appassionati siano sostanzialmente due:

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  1. Un programma di investimenti NFL nelle federazioni esistenti e/o in alcune squadre attive per dare impulso e sostegno al movimento in Italia.
  2. Un programma di sviluppo da zero alternativo/concorrenziale alle leghe esistenti.

In merito alla prima ipotesi sono convinto che non sia una strada percorribile perché la NFL è una lega privata che si fa le regole da sé e si autogoverna, sono convinto che non investirebbe mai in altri mercati senza poter replicare strutture di controllo, in poche parole credo che non sponsorizzerebbe altre leghe senza poterle influenzare e condizionare direttamente.

In merito alla seconda, il discorso è parecchio più articolato, in quanto investire nella creazione da zero (o quasi) di “una filiera di produzione” per un prodotto complesso come il football, richiede investimenti altissimi a fronte di irrisorie probabilità di un successo.

Formare un giocatore di football da zero (o quasi) e farne un campione richiede sforzi incredibili:

1) Attirare migliaia di possibili atleti (adolescenti) investendo in società controllate direttamente.

2) Aiutare le suddette società a selezionare i candidati con le migliori potenzialità.

3) Creare/investire in strutture che possano sviluppare gli atleti sotto molteplici aspetti:

  • crescere fisicamente e atleticamente investendo in staff di preparatori e strutture come palestre e campi gioco/allenamento
  • sviluppare le skill investendo in coach e strutture in cui insegnare il gioco
  • ripetere il tutto per ogni ruolo (C/G/T, QB, RB, TE, WR, DT, LB, CB, S, K, P, LS)
  • investire e/o attirare sponsor per l’acquisto di attrezzature

4) Creare/sviluppare un campionato che metta le squadre in condizione di crescere.

5) Creare/sviluppare/sostenere le crew arbitrali.

6) Creare/sviluppare una lega/federazione/organismo di gestione.

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7) Promuovere e pubblicizzare il campionato per attirare sponsor, far crescere il movimento e chiudere il cerchio per tornare al punto 1.

Tutto ciò facendo concorrenza a: calcio, basket, rugby, nuoto, tennis, sci, atletica, arti marziali eccetera, in un bacino piccolo in termini di potenziali atleti (circa 1.500.000 di maschi in età 10-14 anni) e in calo demografico, in una nazione con evidenti distanze geografiche tra i pochi grossi agglomerati urbani.

Consideriamo un ulteriore ostacolo: il football è uno sport di contatto, non privo di rischi, apparentemente “brutale”, o comunque con fama di sport violento, che per la sua spettacolarità potrebbe sicuramente attirare i ragazzi, ma più difficilmente convincere i genitori a farglielo praticare. Basti guardare al “cugino” rugby, dove per la maggior parte chi si avvicina ha una storia familiare di rugbisti, e/o in zone dove la storia di questo sport è forte, e comunque con una difficoltà incredibile di appeal mediatico e risultati sportivi internazionali di alto livello.

L’NFL dovrebbe inoltre investire senza ritorno per i primi anni, in quanto lo sviluppo completo del movimento e il raggiungimento di buoni risultati in termini di numeri, prestazioni e competitività, necessita di almeno un lustro. Esattamente come succede in USA alla NFL non interessa sviluppare atleti (per quello c’è la NCAA), affina talenti per perfezionare il proprio show. E se non lo fa in casa propria, a maggior ragione non ha interesse a farlo altrove. Il risultato credo che sia esattamente quello che la NFL sta facendo: vendere il proprio prodotto finito in altri mercati continentali. Non dimentichiamo che l’Italia è un sub mercato dell’Europa, quindi non preso in considerazione in quanto mercato nazionale, ma in quanto sotto mercato continentale.

Se poi sulle ali dell’entusiasmo e del successo di pubblico, i singoli sub market (Italia inclusa), saranno in grado di sviluppare movimenti propri, sostenersi i costi di sviluppo e produrre campioni, ben venga, e come attualmente già fa l’NFL si limiterà a raccogliere i frutti migliori e affinarli per allargare il proprio spettacolo. In sintesi: perché interiorizzare i costi quando può limitarsi a massimizzare i profitti?

La NFL è una lega professionistica, il suo obiettivo è creare spettacolo per fare business, non sviluppare nuove generazioni, educarle o altro; vuole prendere talenti praticamente pronti e trasformarli negli attori del proprio spettacolo miliardario, affinché il proprio conto economico cresca.

A mio modesto parere credo siano questi i motivi principali per cui il meraviglioso sogno di un’NFL che guarda al Bel Paese, sia destinato a rimanere tale, l’NFL è un COLD BUSINESS (cit.) e quanto desideriamo non è un modello economicamente sostenibile e vantaggioso, punto.

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5 Commenti

  1. Anni 90 e 2000 NFL investi in europa ..ricordo franchigie di Londra Berlino Parigi Amsterdam e vennero fuori pure ottimi prospetti ma forse nn diede riscontri economici attesi….ora fanno giocare partite…come nba…in altri stati

  2. Ciao Cristin, si la mia idea è proprio che il rapporto tra investimenti necessari e riscontri non sia sufficiente per l’NFL.

    1. Visto che se ne è accennato nei commenti, sarebbe interessante avere un articolo completo sulla NFL Europe. Ricordo con piacere le partite viste a Colonia e ad Amsterdam… Ricordo anche parecchio movimento e spettatori, pensavo che fosse comunque sostenibile (magari in perdita, ma in ottica globale, manteneva comunque alta la visibilità sul prodotto originale).
      Chiaro che adesso, con la partita in terra tedesca, è un altro discorso…

  3. Ma con la nascita dell’European League of Football qualche squadra italiana riuscirà a partecipare?

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