Chi usa più e meglio la play action nella NFL
Oggi vogliamo proseguire l’argomento che Emanuele Sortino ed Alberto Cantù hanno trattato nell’ultima puntata del loro podcast “The Bootleg“, cioè la play action.
Ma proseguire come? Come dice il nome della mia pagina Facebook, con le Stats&Analytics. Dopo la precisa spiegazione tattica del come e perché viene giocata una play action, posso immaginarmi che nella testa possano nascere delle nuove domande tipo: ma ogni quanto viene fatta questa giocata? in che situazione? porta davvero dei benefici? ecc… ed è qui che i numeri entrano in gioco.
Bene, partiamo dal principio e vediamo con quale frequenza se ne fa ricorso. La squadra che in percentuale ha utilizzato di più la play action nel 2020 per la costruzione della propria offense sono stati i Rams di Sean McVay, seguiti a ruota dai Bills e dai Titans. Queste squadre si avvicinano ad un 20% totale, tenendo presente che in questo grafico sono stati presi in considerazione tutti i giochi dell’attacco, corse comprese.
Sul fondo invece troviamo Steelers, Colts e Saints con percentuali sotto il 10% e guidate da 3 quarterback di esperienza come Big Ben, Rivers e Brees.
Ora entriamo nel vivo di quanto e come la Play action viene utilizzata nei giochi di passaggio andando a confrontare la percentuale di utilizzo con l’epa per play.
L’EPA (Expected Points Added) è una metrica che misura l’impatto di un singolo gioco rispetto al risultato atteso, creando un valore che cerca di valorizzare e differenziare le singole situazioni superando le classiche statistiche del box score (approfondimento). Nel grafico vedete delle linee rosse tratteggiate che indicano la media NFL, pertanto tutte le squadre al di sopra della linea orizzontale hanno avuto una performance migliore rispetto alla media e viceversa quelle sottostanti. Le squadre migliori sono Tennesse, Buffalo, Green Bay ed i Lions. Nessuno probabilmente avrebbe indicato l’offense di Detroit tra le più performanti in play action, ma Stafford si è trovato a suo agio in questo tipo di situazione. Da qui mi viene in mente uno spunto per la nuova stagione. Come si inserirà Stafford nell’attacco di McVay che ha utilizzato la play action per oltre il 30%?
Tra le peggiori invece, oltre agli Steelers (a Pittsburgh non la conoscono) troviamo i Patriots del dopo Brady e curiosamente tutta la NFC East in blocco.
Scavando nuovamente possiamo differenziare utilizzo ed epa/play suddividendoli per singolo down. Ovviamente durante il primo si registrano le percentuali più alte, in quanto il pass rate rimane tra i più equilibrati e la giocata risulta più imprevedibile. Dopo i picchi del 50% nel primo down sempre di Rams e Titans, si va incontro ad una riduzione nel secondo (tranne per Henry e compagni) e ad un vero è proprio crollo nel terzo con nessuna squadra che mediamente va oltre il 10%.
Dopo avere visto alcuni spunti sulla frequenza vediamo se davvero la play action è un bug come Alberto l’ha definita nella puntata. Per provare a rispondere a questa domanda proviamo a vedere il rendimento dei singoli quarterback suddividendo i giochi con play action e senza. In questo caso nel grafico abbiamo orizzontalmente il numero di passaggi tentati e non la percentuale, mentre verticalmente sempre la nostra Epa/Play. Appare subito evidente come la play action aumenti l’efficienza di moltissimi quarterback (i punti blu rispetto a quelli rossi) trovandosi quasi tutti al di sopra dello zero e con molti giocatori concentrati nella parte alta del grafico. Molto curioso il caso di Drew Lock, che passa da un Epa/Play dei migliori in blu ad uno dei peggiori in rosso.
Nonostante abbiamo trattato superficialmente l’argomento, i numeri ci hanno fornito già delle risposte in merito alla stagione 2020 e tolto alcune curiosità.
Come spesso accade, la soluzione di alcuni interrogativi porta ad aprirne inevitabilmente dei nuovi, i quali rimangono ancora lì sul tavolo. Per esempio, fino a che percentuale di utilizzo rimane “imprevedibile” questa azione in modo da mantenere un buon rendimento? Quali ulteriori aspetti rendono così difficile gli aggiustamenti difensivi? Quanto influisce un determinato running back e che correlazione c’è tra il successo di una corsa nei giochi precedenti e la successiva esecuzione di una play action?
Se una volta le analytics erano argomento di discussione solamente tra i “nerd”, credo che oggi tutti gli appassionati dovrebbero approfondire questi aspetti per comprendere meglio il gioco affiancandoli alla visione dei filmati, nonostante qualche scettico rimarrà fedele al prendere decisioni e posizioni solamente con scelte istintive. La NFL ha investito parecchio tramite le Next Gen Stats raccogliendo dati esclusivi con il tracking dei giocatori in campo e con lo sviluppo di nuovi modelli di performance, mentre le franchigie hanno creato figure specializzate ed inserito nei vari processi di valutazione l’analisi dei dati.
Da sostenitore di tale approccio ricordo che vale sempre la locuzione “cum grano salis” anche nel mondo delle analytics, perché i limiti ci sono anche in questo contesto.