Lettera aperta ad Aaron Rodgers

Buondì Aaron,

Il primo frame che la mia immaginazione proietta nel cervello quando tento di ripercorrere, rivivere o spiegare il mio rapporto con il football americano sei tu, tu con la cintura di campione dei pesi massimi della WWE – a quei tempi la WWE sapeva ancora disegnare cinture che non sembrassero giocattoli: no, questo non coincide con il mio primo ricordo della NFL, è semplicemente l’immagine che più mi è rimasta impressa in tempi in cui stavo disperatamente cercando alternative a quel calcio che mi aveva stufato.

Mi sono sentito in dovere di inserire questo ampolloso preambolo per provare a farti comprendere l’importanza che hai avuto e che hai nella mia vita e, soprattutto, per mettere in chiaro fin da subito che ti sarà difficile trovare qualcuno che ti sostenga ciecamente tanto quanto lo faccia io; purtroppo, e ne sono consapevole, l’ammirazione e l’affetto che provo nei tuoi confronti mi rendono assolutamente non oggettivo quando si parla di te e, ancora purtroppo, ultimamente di te si parla per i motivi sbagliati. Non temo confronti quando mi trovo costretto a spiegare come mai ti ritenga il miglior quarterback della NFL, ho migliaia di prove su YouTube con cui stordire il mio interlocutore, ma a fronte degli ultimi eventi sono arrivato ad un punto in cui non ho più nulla da dire: non mi resta che abbassare lo sguardo e scuotere sconsolatamente il capo.

Ti ho sempre difeso.
Nel Championship Game del 2014 non avete sicuramente perso per colpa tua, quelli erano tempi particolari e quando si giocava a Seattle noi tutti eravamo testimoni di fenomeni paranormali che, in qualche modo, favorivano costantemente i Seahawks.
Nel 2016 non avevi un gioco di corse ed una difesa contro dei Falcons che hanno messo a ferro e fuoco la NFL per un anno, eccezion fatta per quel quarto e mezzo al Super Bowl.
Contro i 49ers più di un anno fa? Colpa della difesa, immagino, mentre a gennaio a costarti la vittoria contro i Buccaneers ci ha pensato un mix di fattori come sfortuna – è una scusa? Non mi interessa -, infortuni, passaggi mentali a vuoto di qualche tuo compagno di squadra e sì, sono consapevole che sono tutte scuse, ma non m’interessa: il mio modo di supportarti, Aaron, prevede anche questo.

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Sei uno dei pochi giocatori di cui mi interessa sentire la voce perché, quando parli, non sei mai banale: malgrado la pandemia e tutte le sue implicazioni, ascoltarti per mezz’ora al Pat McAfee Show il mercoledì pomeriggio durante la passeggiata quotidiana è stata una delle poche cose per le quali ricorderò il 2020 come un’annata tutto sommato decente.
Sei profondo, tranquillo, sarcastico ed in un modo o nell’altro dici sempre le cose giuste, come se avessi un discorso pronto per ogni evenienza, ma soprattutto le tue parole trovano risonanza in me, pizzicando inspiegabilmente alcune corde che mi hanno permesso di stabilire un rapporto empatico con te, malgrado le nostre esistenze non abbiano assolutamente nulla da spartire, a parte qualche pelo facciale: è anche per questo che sei il mio giocatore preferito.
Sai essere la persona più rilassata e gioviale del mondo così come sai offenderti – trasformandolo poi in motivazione – per banalità che tantissime persone non percepirebbero: cose del genere, negli anni, mi hanno permesso di trovare in te, Aaron, un punto di riferimento nella vita reale, altroché il football americano.

Vederti giocare, osservare le tue espressioni facciali durante la huddle, scorgere il tuo sorriso quando, con una decina di secondi d’anticipo, ti rendi conto che il tuo prossimo lancio sarà un touchdown sono alcune delle piccole cose che hanno conferito al football questa importanza nella mia vita trasformandolo, anzi, in una vera e propria ossessione.
L’unica maglietta che ho è la tua, e malgrado questo fatto la dica lunga sulla mia condizione economica di studente squattrinato, credo che sia giusto così: la gioia che ho provato quando i miei amici me l’hanno regalata per il mio diciottesimo compleanno sfocia in risata quando realizzo che la mia migliore amica, per qualche motivo, voleva regalarmi quella di Suh ai Lions.
Il mio supporto trascende numeri e titoli vinti in quanto nasce da un sincero interesse – e per la trentesima volta, affetto – per la persona dietro la maglia, ma qualcosa sta cambiando.

Aaron, non è che non ti voglia più bene o che tu non sia più importante per me, sia chiaro, ma queste ultime settimane mi hanno obbligatoriamente spinto a riflettere.
Gutekunst avrebbe dovuto metterti al corrente della decisione di scalare il tabellone per assicurarsi il tuo successore Jordan Love, la riluttanza del front office nell’ampliare l’arsenale a tua disposizione non smetterà mai di sbalordirmi così come fatico a comprendere i motivi per i quali la tua opinione non sia maggiormente tenuta in considerazione nei loro processi decisionali – soprattutto in un’era in cui Roethlisberger ha sistematicamente tirato le orecchie ai propri compagni in radio, Manning ha di fatto gestito ed allenato i Colts, Wilson ha causato attacchi di panico al proprio front office semplicemente sibilando malcontento e Brady, dopo almeno un lustro di telenovela passivo-aggressiva con co-protagonista Belichick, è svernato in Florida: a fronte di ciò la tua frustrazione è totalmente comprensibile, voglio che questo sia chiaro.

Devi anche capire, però, che storie del genere possono macchiare la tua reputazione anche agli occhi di chi ti ha sempre sostenuto: mi preme ribadire, anche se l’ho appena fatto, che personalmente ritengo che la maggior parte della colpa sia da attribuire al front office dei Packers che, forse, non si è mai pienamente reso conto della fortuna di poter contare su di te… tranne che in sede contrattuale, occorre dirlo.

Ciò che mi sta mettendo seriamente in difficoltà sono i tuoi modi, fatico tremendamente a sostenerti dinanzi a report secondo i quali avresti fatto recruiting al contrario dicendo a vari free agent di escludere a priori i Packers dalla loro lista di possibili destinazioni che intanto «tu non ci saresti stato», o quelli secondo cui avresti detto a chi di dovere che non giocherai più un singolo snap a Green Bay con Gutekunst come general manager: questo, sinceramente, è spingersi oltre.
Posso umanamente comprendere la tua tristezza dopo il taglio di Jake Kumerow, tuo amico nella vita reale nonché ricevitore che ritenevi pronto a contribuire, ma devi avere la lucidità di comprendere che stiamo pur sempre parlando di Jake Kumerow, non di Davante Adams, e che i tagli per giocatori che sedimentano nei bassifondi della depth chart sono all’ordine del giorno, non certamente un attacco nei tuoi confronti: gli americani liquiderebbero tutto con un eloquente ed esaustivo business side of the thing.
Il soddisfacimento delle tue pretese contrattuali che di fatto storpiano lo spazio salariale di Green Bay sono accettabili in quanto business side of football, la brillantezza di un individuo che si esprime ai tuoi livelli va retribuita in un certo modo, così come bisogna accettare che un amico che non ha particolarmente contribuito al successo della tua squadra possa essere il casus belli di una crisi diplomatica di quest’entità.
Serve coerenza, Aaron, non doppi standard.

Ma ti rendi conto che per un paio di giorni i palinsesti televisivi di alcune emittenti sono stati infestati di discussioni su Jake Kumerow? Non ti senti male solo a pensarlo?
C’è chi dice che questo triste braccio di ferro altro non sia che un elaborato stunt per metterti in una miglior posizione per ricevere un rinnovo contrattuale che ti garantisca il genere di certezze – economiche e non – che tanto brami per il futuro: se così fosse sarei profondamente triste, posso capire le tue ragioni, ma mettere sottosopra una società per un rinnovo è eccessivo e può causare, in alcuni tifosi, un risentimento nei tuoi confronti che non condivido ma che capisco.
Forse il problema pure in questo caso sono gli standard che hai stabilito negli anni, ci hai abituati troppo bene: potremmo vedere l’intera situazione come uno dei tuoi highlight nei quali malgrado circostanze tutt’altro che favorevoli o stimolanti tu, con la tua creatività e pura genialità, riesci a portare a casa il touchdown esibendoti in un’impossibile fuga dalla pressione e scaricando in un modo che solo tu puoi immaginare lo sferoide a qualche ricevitore non selezionato con una scelta alta al draft.
Ecco, forse è proprio questo il punto: mi hai abituato così bene che malgrado la legittimità della tua rabbia e l’orrido lavoro di gestione delle relazioni del tuo front office mi aspetto che una delle tue magie sistemi tutto, che tu esca da questa situazione con la stessa brillantezza con la quale ti appropinqui alla panchina dopo uno dei tuoi capolavori.

Qual è la soluzione a questo pasticcio?
Sinceramente non lo so, dimmelo te Aaron.
Una trade, dopo questo spettacolo grottesco, mi lascerebbe un amaro in bocca simile a quello che avrei provato una decina d’anni fa – nel caso fossi stato un tifoso dei Packers – nel vedere Favre con la maglia dei Vikings, mentre un’altra stagione di guerra intestina e malumori in Wisconsin sarebbe un qualcosa di avvilente a cui solo un Super Bowl potrebbe dare senso, ma in condizioni del genere vincere un Super Bowl è pressoché impossibile.
Il mio sogno sarebbe stato quello di vederti concludere la carriera dove l’hai iniziato, ma mi rendo conto che con l’arrivo di Jordan Love ed in luce del tuo livello di gioco, ciò è semplice utopia: colpa di Brady, immagino, che ci ha dimostrato che eccellere a più di quarant’anni d’età non sia poi così difficile se si vive la vita in un certo modo e chi di dovere, dopo un’annata “mesta” per i tuoi standard ha pensato che, in qualche modo, il passare degli anni potesse annacquare la tua abilità atletica.
Un rinnovo? Mi sembra impossibile – anche se dentro di me continuo a sperarci – che tu e Gutekunst, dopo tutto quello che è trapelato, riusciate a sedervi allo stesso tavolo e trovare un accordo soddisfacente per entrambe le parti che non renda “inutile” l’innesto di Love.

Non credo che basti un qualcosa del genere per cambiare il giudizio che ho su di te e farti scivolare nella mia personalissima classifica dei quarterback – e non -, ma mi hai deluso, da una persona della tua intelligenza mi aspettavo di più, molto di più: è chiaro che alcune indiscrezioni siano uscite perché volute far uscire e malgrado non sia nessuno per giudicare i comportamenti altrui, credo di aver il diritto di essere deluso, soprattutto dopo averti difeso da tutto e tutti per anni.
Ah, Aaron…

Puoi cambiare squadra, puoi ritirarti, puoi fare quello che vuoi senza dover rendere conto a nessuno delle tue decisioni, ma da una persona come te mi aspetterei sempre una certa condotta, una certa classe: un tuo addio, dopo tutte le vicissitudini delle ultime settimane, potrebbe degradare la leggenda attorno al tuo nome e ciò sarebbe un peccato, un enorme peccato.
Ripeto, puoi cambiare squadra, lo hanno fatto Brady, Manning, Favre, Montana, Namath, Flacco – dai – e pure Unitas, ma dopo questo braccio di ferro…
No, Aaron.

Continuando a sperare indefesso in un inconcepibile miracolo ed in una risoluzione pacifica dei tuoi contrasti con il front office dei Packers, ti saluto.
Spero tu possa rispondere a questa lettera con una stagione simile a quella dell’anno scorso, possibilmente trascorsa indossando qualcosa di verde-oro: puoi fare di meglio Aaron.
In ogni caso, ci sentiamo presto Aaron.

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Mattia

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Mattia Righetti

Mattia, 27 anni. Voglio scrivere per vivere ma non so vivere. Quando mi cresce la barba credo di essere Julian Edelman. Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango malissimo.

Un Commento

  1. Mi stupisco che ti stupisca Mattia, è venuto fuori quello che Rodgers è sempre stato: il più talentuoso QB attualmente in attività ma anche un inguaribile narcisista. Infatti la grande differenza tra lui e Brady è sempre stata questa: benché più forte Rodgers non è mai stato un vero uomo squadra pur paradossalmente portando sulle sue spalle tutto il peso di GB. D’altra parte sono stati proprio questo carisma e questa sicurezza nei suoi mezzi a renderlo in assoluto il giocatore più amato di tutti e una vera miniera d’ora per gli sponsor e la NFL 😉 .

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