Uno sguardo al 2020: Carolina Panthers

Per i Carolina Panthers il 2020 doveva segnare un nuovo inizio, un nuovo viaggio che ha come destinazione finale il ritorno nel giro delle grandi. Una grande responsabilità per Matt Rhule, al suo esordio in NFL.

COME DOVEVA ANDARE…

I Panthers hanno da quest’anno intrapreso quello che i tecnici chiamano “rebuild” cioè una ricostruzione partendo dalle fondamenta. Da Rivera a Rhule è cambiato tantissimo, come roster, come coaching staff, come filosofia, come strategia, un percorso che (si spera) porterà i suoi frutti nel giro di 3-4 anni. Rhule ha fama di ricostruttore nel college football e il suo primo anno è stato ovviamente avaro di gioie ma comunque non per questo meno interessante. Avendo il lusso di non dover pensare a come “doveva andare” ha avuto modo di sperimentare e osservare giocatori oltre che filosofie tattiche traendo dati utili per continuare il progetto. Se vogliamo parlare di risultati gli analisti (compreso il sottoscritto) avevano previsto un 5-11 come più rosea previsione, giocandosi al massimo il terzo posto nella NFC South, difficile oggettivamente pensare a qualcosa meglio di così.

…E COME E’ ANDATA

E in effetti è andata così: 5-11, terzo posto nel girone e tanti dati utili raccolti perfettamente come da pronostico. Quello che esce da questa stagione sono alcuni rimpianti ma anche diversi motivi per essere ottimisti per il futuro. Rimpianti perché si poteva fare addirittura meglio, questo 5-11 sta un po’ stretto se pensiamo che 6 sconfitte su 11 sono finite con uno scarto non superiore a un TD, di cui 4 addirittura non superiore al Field Goal. Diverse volte i Panthers si sono dimostrati il peggior avversario di se stessi, fallendo TD e FG in momenti topici che avrebbero potuto dare un record molto più dignitoso, senza pensare al fatto di aver giocato quasi tutta la stagione senza McCaffrey, costretto alla sideline per infortunio prima alla caviglia e poi alla spalla. Seppur fosse vero che non c’erano velleità di post-season i tifosi Panthers avrebbero legittimamente potuto ambire a qualche sorriso in più. Questi rimpianti portano comunque, a sferoide prolato fermo, a essere ottimisti per il futuro. Al netto di un record negativo i Panthers sono stati capaci di vincere, o in diversi casi, di mettere in seria difficoltà squadre più attrezzate (vedi vittoria contro Cardinals e sconfitta di misura contro Kansas City) a riprova che c’è un buon potenziale su cui basarsi e con i giusti accorgimenti e dandosi il giusto tempo, si può pensare a essere competitivi nel medio termine.

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COSA HA FUNZIONATO…

Se andiamo a vedere i ranking di fine stagione i numeri dei Carolina Panthers non sono scoppiettanti: 24th per l’Offense per punti fatti, 18th per punti subiti, 21th per yard ottenute, 18th per yard subite e se mettiamo insieme tutti i dati e tiriamo la riga, la risultante parla di una squadra mediocre, e non poteva essere diversamente. I freddi numeri dicono che quest’anno poco ha funzionato sia in attacco che in difesa, quindi per cercare le belle notizie dobbiamo uscire dalla dimensione macro e soffermarci sulla micro e parlare più che altro di CHI ha funzionato. Sia in attacco che in difesa le note liete non mancano di certo, i Panthers sono tra le poche squadre che vantano una coppia di ricevitori oltre le 1000 yard, con DJ Moore e Robby Anderson, ai quali aggiungiamo un terzo che ha superato quota 1000 yard in combined, Curtis Samuel, WR “prestato” anche alle corse che si è rivelato un jolly spesso fondamentale. Aviazione sicuramente promossa quindi. Menzione d’onore anche Mike Davis che si dovuto prendere la responsabilità di fare le veci di CMC, cosa che non sarebbe facile per nessuno ma il buon Mike, con testa bassa e tanto lavoro, ha strappato applausi portandosi a casa anche lui 1015 yard in combined.

Dall’altra parte della LOS il primo nome che viene in mente tra i promossi è sicuramente Jeremy Chinn, geniale, bisogna dirlo, intuizione di Matt Rhule che lo ha preso al 3° round dell’ultimo draft e da subito è stato il playmaker difensivo. Un rookie che gioca già da veterano, che può essere usato ovunque (ha fatto anche snap da DE) e che al primo anno ha già messo insieme numeri clamorosi. 117 tackle totali (primo della squadra) 1 Sack, 1 INT, 2 FF e 2 FR entrambi trasformati in TD. C’è chi pensa che il DROY sarebbe dovuto andare a lui ma inutile piangere sul latte versato, i Panthers hanno in mano un fenomeno e su di lui devono puntare. Altro nome da elevare tra i top di gamma è Brian Burns, che al secondo anno si è guadagnato un posto nella elitè del suo ruolo, con ben 9 sack a referto. In entrambi i reparti a sprazzi si è visto un ottimo Football, drasticamente cambiato nella filosofia tattica con un play calling aggressivo, al limite dello spregiudicato, tutt’altra musica rispetto al Football conservativo di Rivera, e per questo apprezzato alla Panthers Nation.

…E COSA NON HA FUNZIONATO

I fattori negativi di quest’anno sono tutte conseguenze delle dinamiche in atto. Sia in attacco, ma soprattutto in difesa i protagonisti in campo sono cambiati, così come chi li mette in campo, ovvio che serve tempo, e per tanti giocatori serve esperienza intesa come partite giocate. Serve pazienza, come tutte le ricostruzioni per fare in modo che la Rhule Philosophy dia i suoi frutti. Certo, ci sono alcuni nomi che vanno nell’elenco dei bocciati senza la scusa della giovane età. In attacco la grande scommessa Teddy Bridgewater si può considerare persa: 3733 yard per 15 TD / 11 INT non sono sufficienti per ripagare il generoso contratto né per assumerlo al titolo di Franchise QB, nulla da dire sulla dedizione ma di certo i limiti sono evidenti. Unica attenuante è una Offensive Line molto incostante, come da ormai da molti anni e anch’essa tra i bocciati di quest’anno. A chiudere tra le note negative per l’attacco il clamoroso buco alla posizione TE, Ian Thomas è lontanissimo da essere l’erede di Greg Olsen.

In difesa la generosità dei singoli in diversi casi non è sufficiente per salvare il reparto, sia linebacker che defensive back non hanno brillato, soprattutto nel primo caso dove Tahir Whitehead ha mostrato tutti i suoi limiti, certo: i tifosi nero-blu-argento quanto si parla di MLB hanno standard elevatissimi, dopo anni a veder le gesta di Luke Kuechly e non si chiede a nessuno di emularlo ma almeno le basi sulla pass coverage… Pass coverage in generale indigesta a tutto il back field e sulla quale bisognerà lavorare.

E ADESSO?

Teoricamente il secondo anno di rebuild year vuole confermare chi ha performato l’anno precedente aggiungendo ulteriori tasselli ma sempre in un contesto senza ambizioni e pretese, che non prevedono ulteriori stravolgimenti. I rumors d’oltreoceano però parlano di un David Tepper che ha molta fretta e che è in grado di fare anche gesti inconsulti per bruciare le tappe della ricostruzione. Il nome caldo è proprio alla posizione QB dove si è capito che Bridgewater ha deluso e non sarà presumibilmente più lui in cabina di regia la prossima stagione. Sono in tanti a confermare che il vulcanico Owner è pronto a fare carte false e svenarsi per portare a casa addirittura Deshaun Watson, ma a quale prezzo? C’è ansia nella fan base che invece vorrebbe che si facessero le cose con più giudizio e magari per il QB pescarlo al Draft e farlo crescere, aggiustando la linea, mentre in difesa andare forte su un MLB di peso e rinforzare la secondaria. Quale sarà l’approccio del front office, che ha appena accolto Scott Fitterer come nuovo GM, non è dato sapere ma è facile pensare che i Panthers faranno parlare di se in questa Off Season.

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Alessandro Calabrese

Appassionato di Football Americano e tifoso dei Carolina Panthers dal 2006. Ex giocatore, da 3 anni Coach in II Divisione FIDAF

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