Trubisky, la seconda chance è un fumble (Chicago Bears vs Green Bay Packers 25-41)

Il mio accordo con Huddle Magazine è quello di raccontare i Chicago Bears ai tifosi italiani. Una grande opportunità a livello personale, una gioia da cultore di questo sport. Una missione per la mia fede Bears. A prescindere dai risultati e dalla fatica che si faccia a prendere la penna in mano dopo una nottata di umiliazioni come quella appena trascorsa, l’entusiasmo nel portare a termine questo compito non mi abbandonerà mai. Trovo sempre un profondo motivo di orgoglio nel poter rappresentare, attraverso ciò che scrivo, il pensiero dei sostenitori di questo club di football americano. Sostenitori italiani dei Bears, che negli ultimi anni sono cresciuti a dismisura (al primo raduno dell’aprile 2019 eravamo presenti in 50, forse più, da tutta Italia e la pagina è vicina ai 1.000 supporter) e persino in America si sono accorti di come la nostra fanbase si stia confermando tra le più solide a livello internazionale, probabilmente oggi (a differenza di 3 anni fa) anche sopra a quelle Bears di Inghilterra e Germania. Grazie alle iniziative costanti, grazie al seguito di un pubblico affezionato alle nostre maglie e a noi di Chicago Bears Italia; grazie alla nostra mentalità/testardaggine che si rifiuta di scendere a patti. Portiamo avanti la nostra crociata, talvolta in modo ostinato e irragionevole. E continueremo a farlo perchè siamo Bears.

Per la prima volta da quando seguo i Bears in tantissimi anni, è successo un fatto che non mi era ancora capitato e ve lo racconto. Alle 2:20 di notte, prima del kick-off della sfida che più di tutte attendo durante la stagione, l’inviata della TV americana a bordocampo prende parola per dare alcune indicazioni veloci sullo stato di forma dei giocatori e annuncia che Matt Nagy le ha detto con enfasi che: “Mitchell Trubisky arriva dalla migliore settimana di allenamento da quando gioca coi Bears!”.

Sono rimasto sveglio fino a quell’ora e dopo aver ascoltato la dichiarazione di Nagy, con molta serenità (cosa che mentre giocano i Bears mi manca anche se nella sfida di week 17 siamo col record di 2-13), ho spento il mio dispositivo che stava trasmettendo la partita. E sono andato a “dormire”…

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Una sensazione strana, un gesto che mai averi pensato di fare prima del calcio d’inizio più significativo della mia annata da tifoso. Una decisione che nel suo ideale mi ha portato a capire che non avevo più voglia di essere preso in giro da persone che parlano dicendo ciò che gli viene detto di dire per politica aziendale. Dal conto mio sono sempre stato più ottimista che possibilista, la mia indole mi spinge a crederci anche e soprattutto quando i numeri mi remano contro. Adoro le sfide proibitive, diversamente non potrei tifare per i Bears, o peggio per i Knicks… Ma in questo contesto ho preferito la morale all’intrattenimento che più mi piace, e sul più bello mi sono ritirato. Non per paura di perdere, con questa squadra ci sono abbastanza abituato, ma proprio come forma di protesta personale. Un pò come uno che segue tutta la campagna elettorale e poi, non convinto di nulla, decide di non presentarsi alle urne perchè non si sente rappresentato. Matt Nagy non mi rappresenta. Devo ammettere che John Fox, nella sua retrograda interpretazione del gioco, quantomeno aveva più onestà.

Una scelta che non rimpiango e che ho rivisto pari pari, a distanza di qualche ora, nella prestazione di una difesa che anch’essa ha scelto di ritirarsi, defilandosi senza più voler combattere. Sarà tutto nella mia immaginazione, ma lo spirito con il quale il più testardo dei tifosi e la più incarognita difesa del campionato hanno approcciato alla sfida era esattamente lo stesso, e sono contento così. I zero sack su Rodgers sono la riprova di quanto appena descritto. Vincere ieri notte avrebbe prolungato le dolorose gioie illusorie di una gestione sconsiderata del nostro team. Meglio perdere dunque, anche contro i rivali più odiati, e meglio farlo in prima serata davanti aglio occhi della nazione con una figuraccia mortificante. Così nessuno potrà inventarsi più nulla. Così metteremo fine a questa pantomima ideata dal duo Nagy-Pace.

I Green Bay Packers hanno dimostrato di essere la squadra più forte sul campo e gli sono bastati molto meno di due quarti per farlo. Aaron Rodgers ha gestito la partita in scioltezza, sicuro e determinato, consapevole della sua superiorità. Persino il gioco sulle corse affidato ad Aaron Jones e Jamal Williams lo ha aiutato, forte dell’assenza di Akiem Hicks dall’altro lato del campo che lascia un buco enorme nella stanca e ferita difesa Bears. Non mi sono nemmeno arrabbiato sul fumble di Trubisky riportato in end-zone dalla difesa dei Packers che, sul QB Bears, aveva commesso non una ma ben due face mask (stranamente non viste degli arbitri).

“Per battere un grande quarterback serve un grande quarterback”– erano state le mie parole al The BIC Show di mercoledì scorso – “e Chicago, un grande quarterback, non ce l’ha”.

Ho letto i giornali americani questa mattina, i titoli recitano in coro lo stesso mantra: la panchina di Nagy è pronta a saltare e la poltrona di Pace avrà lo stesso destino. Trubisky, invece, quasi non lo attaccano nemmeno, forse per pietà, sebbene la performance che ha fatto seguito alla miglior settimana di allenamento della sua carriera si possa sintetizzare nella parola “disastrosa”.

La bandiera bianca era già issata sul campo del Soldier Field dopo la penosa sconfitta contro i Vikings, ieri sera ci hanno definitivamente ammazzati. Oggi però rinasciamo sotto nuove spoglie, nella speranza che chi ci prenderà per mano potrà condurci a destini più apprezzabili.

Il più grande Bear di tutti i tempi usava dire “Never die easy”.

#BearDown

alex cavatton firma area 54

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