[NFL] Pellegrinaggio a Green Bay (da UltimoUomo.com)
Quante volte avete letto della incredibile atmosfera che si respira al Lambeau Field, lo stadio dei Green Bay Packers o che gli azionisti della squadra sono i tifosi oppure quanto rapprenti la squadra di football per una città e per tutto lo stato del Wisconsin.
Franklin Casati su Ultimo Uomo racconta, con l’aiuto di Roberto Gotta, tutto quello che dobbiamo sapere su Green Bay e sui Packers.
Quante volte si è discusso di esportare il modello americano nella gestione delle leghe professionistiche per garantire sostenibilità economica? Una discussione ampia e ben articolata è davvero difficile da sviluppare, anche perché la maggior parte degli analisti fa sembrare il buon Nando un culturista del pensiero e non vede (o fa finta) che il successo di leghe come la NFL si basa sulla competitività delle squadre, rispettando il tetto salariale e dividendo gli utili in modo uguale. Siamo di fronte a una sorta di franchising, con la NFL attenta a selezionare le squadre in base a criteri di sostenibilità economica e popolazione locale. Proprio come una catena di negozi, anche le franchigie possono essere spostate se la zona non è redditizia. I duri e puri vedono in questo modello la fine delle tradizioni e delle rivalità: la morte del tifo e l’addio del legame territoriale con il club. Sono obiezioni che si reggono su un grosso malinteso: le vere tradizioni e le rivalità nello sport americano sono vive a livello di college. Le università non si trasferiscono, sono in ogni città, giocano in categorie diverse e rappresentano le realtà locali. I professionisti no, tranne qualche rara eccezione.
Anomalia Packers
L’eccezione più incredibile dello sport professionistico si trova nel Wisconsin, a Green Bay per essere precisi. I Packers non hanno un proprietario, ma 112.158: ovvero tutti i tifosi che hanno acquisito una quota societaria da 200 dollari. L’ultima vendita avvenne nel 1997 e la rendita di queste azioni è, come dicono in America, zero, zip, nada; però gli azionisti possono partecipare ai meeting e hanno una ricevuta da esporre a casa o in ufficio. I Packers, proprio come se fossero un’organizzazione senza scopo di lucro, non distribuiscono dividendi. E allora come pagare il management, lo staff tecnico, i giocatori e un monte ingaggi di quasi 120 milioni di dollari?
Ci sono ovviamente i grandi sponsor e i diritti televisivi milionari, il merchandising funziona alla grande e nel bilancio della franchigia i biglietti dello stadio contano ancora qualcosa. Meglio un tifoso allo stadio che sul divano: un bello schiaffo in faccia ai puristi che criticano tanto il modello americano. Gli abbonati Packers non cambierebbero il loro posto sugli spalti per nulla al mondo, e non sono rari i casi in cui il diritto di prelazione viene inserito nel testamento per poterlo lasciare in eredità ai figli. La gioia di abbracciare i propri idoli che saltano sugli spalti per festeggiare con i tifosi è impagabile. Una tradizione iniziata nel 1993, quando la safety LeRoy Butler riportò un intercetto in touchdown/fumble e decise di buttarsi tra la folla. Esultanza da quel momento diventata un marchio di fabbrica dei Packers.
Vedere una partita dal vivo al Lambeau Field è un sogno che ogni appassionato di sport dovrebbe poter realizzare prima o poi, magari in una sfida sentita come quella contro i Chicago Bears. Ogni partita casalinga è un’occasione per fare festa di fronte alla statua di Vince Lombardi. Coach Lombardi è la quintessenza del football: 5 i titoli vinti negli anni 60 con i Packers, che però sono solo una minima parte del suo contributo a questo sport. Italoamericano di Brooklyn, sopravvissuto alla grande depressione, riuscì a valorizzare l’etica del lavoro come nessun altro allenatore. Il trofeo del Super Bowl porta il suo nome e a Green Bay la sua famosa frase: «Winners never quit and quitters never win» è un comandamento scolpito nella pietra.
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