Eighteen Plays: l’epopea dei Washington Redskins del 1988

La storia del secondo titolo dei Washington Redskins inizia il 18 novembre 1985, durante un Monday Night contro i New York Giants.
Joe Theismann stava arretrando per lanciare, sicuro della protezione della sua ottima linea dopo che Riggins gli aveva ridato la palla per una flea flicker. Dall’altra parte c’era la difesa dei New York Giants: difesa forte e ben allenata, riconducibile ad un unico concetto: Lawrence Taylor
La storia purtroppo è nota. Come accadeva spesso, Taylor riusciva a trovare un modo per arrivare al QB, e nella caduta la gamba di Theismann restava presa tra il ginocchio di Taylor stesso e Harry Carson. Tibia e perone. Scena bruttissima. Quello fu l’ultimo down giocato da Theismann nella NFL, peraltro immortalato nella sequenza iniziale del bellissimo film sulla vita di Michael Oher, “The Blind Side”.

Joe Gibbs

I Redskins erano allenati da Joe Gibbs, uno dei più grandi geni offensivi di tutti i tempi, che ebbe la sfortuna di allenare nello stesso periodo di Bill Walsh. I due inventarono sistemi di gioco innovativi e redditizi, quali la Ace Formation (Gibbs) e la West Coast Offense (Walsh). L’epoca rinascimentale delle filosofie offensive della NFL, nulla di più e nulla di meno. Perdere definitivamente il proprio QB non è mai una buona notizia, ma uno come Gibbs, come vedremo nel seguito, non è mai scoperto nel ruolo fondamentale.
Jay Schroeder entrò subito nel modo giusto in campo (43 yard su Art Monk nel suo primo gioco), e concluse una prima stagione in maniera convincente per tutti. Schroeder legittimò poi la scelta di Gibbs nella stagione successiva, lanciando per più di 4000 yard in un’epoca in cui quella cifra era assolutamente fuori dalla norma per tutte le squadre che non avessero un QB di nome Marino.

La riserva di Jay Schroeder nel 1986 era Doug Williams, reduce da un buon inizio di carriera con Tampa Bay ma in stallo da qualche tempo. Ormai trentunenne, Williams forse aveva passato già la fase migliore della sua carriera e rischiava di esser ricordato solo per essere stato il primo QB afroamericano titolare nella storia della NFL. Buon carisma, mai stato molto mobile, gran braccio ma tocco discutibile, etichettato come uno in grado di lanciare nothing but fastballs.
La stella di Schroeder nel 1986 era indiscutibilmente in ascesa, e i Redskins erano la sua squadra. Le gerarchie erano quelle, senza discussioni e Schroeder ci tenne a ribadirlo davanti al mondo quando, dopo aver preso un placcaggio molto duro contro i Giants fece bruscamente segno a Williams di tornarsene in panchina, sovrascrivendo addirittura l’ordine dell’head coach.
Williams in seguito avrebbe affermato che quello fu il punto più imbarazzante della sua carriera. Forse fu anche la svolta

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Alla fine della stagione, Williams si accordò con i Washington Redskins per essere ceduto ai Raiders (nothing but fastballs si avvicinava decisamente al loro ideale di QB). Quasi al momento conclusivo, Joe Gibbs lo chiamò nel suo ufficio. Non era per i saluti, ma per dirgli “Tu resterai qui”. Williams era persona troppo mite e disciplinata per spingersi oltre ad un “Why, coach?”. La risposta di Gibbs fu chiarissima “Because I don’t work for the Raiders, I work for the Redskins. Hey listen, I think you’re gonna do something great”. Gibbs aveva la sensazione che il suo momento poteva comunque arrivare nella capitale e voleva approfittarne per il bene comune. La trade venne cancellata.

Training camp: Doug Williams in giallo
Training camp: Doug Williams in giallo

La stagione 1987

Il campionato 1987 inizia quindi con Schroeder come clear starter, fino a quando nella prima partita di campionato la provvidenza, degnamente rappresentata da Reggie White, decide che sì, Doug Williams merita la sua chance ai Redskins. Schroeder esce con una spalla lussata e Williams prende in mano la squadra portandola alla vittoria per 34-24 contro gli Eagles.
Nelle due partite in cui viene impegnato Williams fa girare un po’ di sguardi, ma soprattutto si guadagna una buona parte del suo spogliatoio (a quanto visto Schroeder non era poi un mostro di simpatia…). Con la guarigione di Schroeder ovviamente la QB controversy è lì sul piatto. Gibbs non ne fa un dramma, poichè saggiamente ritiene che avere due QB di livello può anche essere una buona notizia. Come se non bastasse, la stagione del 1987 vede il secondo sciopero dei giocatori dopo la disastrata stagione 1982, ridotta a 9 partite di regular season in totale. Il calendario perde una settimana, e tre partite vengono giocate con giocatori non professionisti.

Alla fine dello sciopero Schroeder è nuovamente titolare. Lo spogliatoio non lo ama, eccezion fatta per Gary Clark con cui ha una intesa superba. Ricky Sanders sta con Williams, ma è una riserva. Art Monk è la figura di spicco del gruppo e saggiamente non si sbilancia. Ma tra prestazioni discutibili e infortuni vari le chiavi dell’attacco durante la regular season passano di mano ancora varie volte. Ciononostante i Redskins vincono la loro division con un record di 11-4, anche per merito dei loro rimpiazzi, vittoriosi in tutte e tre le partite.
La ruota per loro gira nell’ultima partita di campionato contro i Vikings, decisiva per la postseason. Schroeder gioca male, entra Williams e finisce bene il lavoro, vincendo in OT.

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Vittoria contro i Vikings nell’ultima partita di regular season.

Gibbs quindi dichiara la sua scelta: per i playoff il suo titolare sarà Doug Williams.

I Playoff

La stagione è comunque sotto il segno di Elway, che rimasto scottato dal Super Bowl perso nettamente contro i Giants, gioca divinamente e si aggiudica il titolo di MVP della lega.

Il punt return di Green nel gelo del Soldier Field
Il punt return di Green nel gelo del Soldier Field

I playoff non possono che iniziare in una atmosfera mistica: al Soldier Field di Chicago, con una temperatura di -3° F (-20° C), il 10 gennaio 1988 i Redskins vanno a giocarsi il divisional contro i Bears. Chicago si porta sul 14-0. Con pazienza i Redskins agguantano il pari all’intervallo. Williams gioca bene, ma la zampata risolutiva, in un clima non troppo amico delle fibre muscolari degli speedster, arriva proprio dall’uomo più veloce della squadra, se non di tutta la NFL. Darrell Green riporta un punt in TD con un ritorno leggendario, saltando un giocatore dei Bears come un ostacolo e tenendo aderente al corpo il braccio sinistro infortunato. I Redskins espugnano il Soldier Field 21-17!

Il Championship si gioca al RFK Stadium, contro i Minnesota Vikings, altra rivale della NFC Central già sconfitta all’ultima di regular season. La partita si risolve all’ultimo gioco, quando Wade Wilson lancia un incompleto su un quarto down. I Redskins vincono 17-10 in un defensive struggle non poi così esaltante. Sembrano essere quindi le vittime predestinate dei Denver Broncos di John Elway, che per il secondo anno di fila arrivano fino in fondo, superando come ostacolo ancora una volta i Cleveland Browns.

Si arriva quindi al 31 gennaio: Super Bowl XXII, Jack Murphy Stadium, San Diego, California.

I Broncos hanno i favori del pronostico. John Elway ormai è un prodotto finito e guida un attacco multidimensionale: ottimi ricevitori (i Three Amigos: Jackson, Johnson, Nattiel), runner affidabili (Sewell e Winder), linea d’attacco solida. La difesa è buona ma non eccellente: le figure di spicco sono Karl Mecklenburg (LB) e Rulon Jones (DE), gli elementi migliori della secondaria sono Dennis Smith e Mark Haynes. Dan Reeves è un allenatore esperto, dopo un Super Bowl perso malamente contro i Giants sa che l’approccio alla partita dovrà essere più aggressivo e sa che può permetterselo.

I Redskins sembrano solo una squadra molto quadrata, non emerge la figura del gamebreaker, del giocatore che può spezzare la partita in un gioco.
Doug Williams mostra un po’ di insofferenza per essere semplicemente indicato come il primo QB afroamericano a giocare un Super Bowl da titolare: ormai ha il controllo del suo gioco e del suo attacco. Ha molta confidenza nei suoi ricevitori e soprattutto in quella che probabilmente è la migliore OL di tutta la NFL in quel periodo.

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Pronti per il lancio della moneta
Pronti per il lancio della moneta

Per arricchire il piatto, prima dell’incontro, proprio nel tunnel che porta in campo Joe Gibbs va dal suo terzo running back, la matricola Timmy Smith, per dirgli che sarà lui il titolare. Aveva portato palla ventinove volte in regular season e sporadicamente durante i playoff. Aveva davanti giocatori come George Rogers e Kelvin Bryant. Può starci che il rookie si sentisse un po’ in confusione…
Dal canto suo Doug Williams va subito a tranquillizzarlo: “Ragazzino, questo è il mio primo Super Bowl e probabilmente anche l’ultimo. Voglio vincere. Fai le cose per bene, altrimenti vengo a prenderti a calci tu sai dove.”

La partita inizia in maniera a dir poco traumatica, per i Redskins e per tutto il resto del mondo. Dopo un three and out di Washington, al primo gioco offensivo dei Broncos, Elway va direttamente per la giugulare e pesca Ricky Nattiel con un lancio di 56 yard. Un TD al primo gioco offensivo, mai successo prima in un Super Bowl!
Ancora un three and out dei Redskins, e ancora Elway che muove la palla senza apparenti difficoltà, andando anche a ricevere un lancio di Steve Sewell per un guadagno di 17 yard. Vicino alla propria goal line la difesa dei Redskins tiene e riesce a limitare i danni a un FG di Rich Karlis, il barefoot kicker di Denver.
Dopo nemmeno sei minuti Denver ha guadagnato 107 yard in sette giochi e segnato dieci punti. Le implacabili sovraimpressioni televisive ricordano che nessuna squadra ha mai rimontato dieci punti di passivo in un Super Bowl.

Washington cerca adesso semplicemente di capire come stare in campo, guadagnare qualche primo down, provare ad andare sul tabellone anche con un field goal o alla peggio fare un punt da una posizione comoda. Qualsiasi cosa che interrompesse l’inerzia dell’attacco dei Broncos. In effetti la difesa comincia a tenere, Elway non ha più letture facili o ricevitori aperti e deve anche lui accontentarsi di un punt. Nel possesso successivo, con circa due minuti rimasti nel primo quarto, mentre arretra per lanciare Williams scivola e il suo ginocchio destro ha una torsione poco naturale. Il primo pensiero di coach Gibbs è “Accidenti, abbiamo un problema”. Williams deve cedere il posto a Schroeder, ma va sulla sua sideline e comincia subito a riprovare il back pedaling. Anche se in evidenti difficoltà di movimento, non ha nessuna intenzione di lasciare quella partita. In mano a Schroeder meno che mai.

L'infortunio di Doug Williams nel primo quarto
L’infortunio di Doug Williams nel primo quarto

Schroeder raccoglie in tutto un sack e un passaggio droppato da Bryant. Ma la difesa dei Redskins pare essersi aggiustata e per la prima volta Elway viene limitato ad un three and out, che chiude un primo quarto sostanzialmente senza storia. Denver in vantaggio nel punteggio e nella sostanza, Washington ha aggiustato un po’ la difesa, ma l’attacco pare non essere sceso in campo.

Inizia il secondo quarto, con i Redskins che hanno la palla sulle proprie 20 yard. Williams rientra in campo visibilmente claudicante. La difesa di Denver potrebbe metterci molto poco a toglierlo definitivamente dalla partita.

Nessuno immagina che i prossimi diciotto giochi dei Redskins saranno la dimostrazione di forza più devastante mai vista su un campo da football, meno che mai in un Super Bowl.

Primo e dieci, palla sulle 20 yard. Alle spalle di Williams ci sono Clint Didier schierato come H-Back e Timmy Smith come tailback. Sulla sideline destra è schierato Ricky Sanders, il ricevitore più veloce della squadra. firsttdSu un primo down il corner Mark Haynes gioca attaccato a Sanders, come evidenziato dall’immagine.

In questo caso, su un primo down, la difesa reputa plausibile una corsa o un lancio nel corto raggio quindi la posizione di Haynes è in teoria corretta. Ma tutti i Redskins, sia in campo che sulla sideline, notano che la free safety Tony Lilly si schiera in posizione molto interna. Ricky Sanders non è giocatore a cui lasciare un uno contro uno senza un bel cuscinetto di rispetto. Gibbs racconterà che il suo unico pensiero in quel momento era “Oh my God, hurry up snap!”. Parte lo snap e ovviamente Sanders allarga subito verso la sideline e Haynes lo perde di un paio di passi. Williams legge il gioco così come spera coach Gibbs e lancia un arcobaleno perfetto. Sanders non deve nemmeno rallentare, non è rimontabile quasi da nessuno in campo aperto.

Primo touchdown di Ricky Sanders
Primo touchdown di Ricky Sanders

Un gioco, 80 yard, dieci secondi. Denver Broncos 10, Washington Redskins 7

Ancora un three and out per i Broncos, frastornati dal big play precedente. I Redskins rientrano in campo con 12:59 da giocare. Williams pesca Warren per 9 yard, poi Timmy Smith va in mezzo per un guadagno di 19 yard. La sua linea pare teletrasportarlo, Smith lascia girare le gambe, nulla più, e passa intoccato in mezzo alla difesa di Denver. Tony Lilly non riesce a placcarlo, ci mette una pezza Dennis Smith. Ma su un 2nd-and-1 i Redskins prendono 19 yard con la più dichiarata delle up-the-middle. Brutto segno per Denver.

Smith facile up the middle, grazie alla sua Offensive Line
Smith facile up-the-middle, grazie alla sua OL

Nel gioco successivo Gibbs decide di fare la stessa cosa invertendo il lato. Stavolta la difesa di Denver tiene e Smith guadagna solo una yard. Sul 2nd-and-9 seguente Kelvin Bryant va a sinistra per un guadagno di otto yard. Una situazione di 3rd-and-1 vicino alla red zone avversaria offre molte possibilità, specie ad un attacco che stava dimostrando di poter muovere palla sia a terra che in aria.

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Williams decide di mostrare a tutti che quando vuole ha anche un buon tocco: la linea d’attacco gli concede una eternità di tempo, lui se ne prende anche di più e recapita un lob perfetto nelle mani di Gary Clark, lasciato in uno contro uno con la safety, non una marcatura ottimale. Williams prende un rischio, perchè per trovare Clark in campo aperto si ritrova un LB dei Broncos sulle gambe. Ma se il premio è un TD pass di 27 yard, il prezzo può essere pagato.

Cinque giochi, 64 yard, due minuti e quarantaquattro. Washington Redskins 14, Denver Broncos 10.

Stavolta Elway reagisce o almeno ci prova. Uno shovel pass per Sewell, un primo down preso in scramble. Karlis però sbaglia il FG dalle 43.

Washington di nuovo in campo sulle proprie 26 yard, 7:18 da giocare. Primo e dieci: Williams trova Clark in mezzo per un guadagno di 16 yard. La linea offensiva dà ancora tempo e spazio per giocare l’azione in piena tranquillità. Lettura facile, guadagno robusto. La difesa di Denver è palesemente in difficoltà, gli Hogs (nickname storico della OL dei Redskins) stanno dominando le trincee. Ancora 1st-and-10, palla sulle proprie 42.

Tony Lilly insegue vanamente Timmy Smith.
Tony Lilly insegue vanamente Timmy Smith.

Counter play verso destra con Timmy Smith scortato da McKenzie, Jacoby e Didier. L’effetto è quello della porta elettrica che si apre da sola: Smith accelera in totale libertà, la prima maglia arancione che incontra dopo una ventina di yard è quella di Tony Lilly, che però quel pomeriggio non ha ben chiaro il concetto di angolo di placcaggio e non può far altro che tentare goffamente di buttarsi quando ormai Smith è imprendibile. I replay mostreranno il lavoro quasi artistico dei bloccatori. Smith passa in mezzo alle linee senza nemmeno intravedere il sospetto di un difensore. Il lavoro dei due offensive linemen è pura e semplice perfezione.

Due giochi, 74 yard, cinquantuno secondi: Washington Redskins 21, Denver Broncos 10

Elway ormai è spaesato, sta per issare bandiera bianca. Ancora un three and out. Fino a poco prima era sopra di dieci punti, in pieno controllo della partita, adesso si trova sotto nel punteggio, con l’inerzia completamente a sfavore. Di nuovo palla ai Redskins.

Primo e dieci sulle proprie 40 yard. Williams lancia un incompleto, mancando Sanders e rischiando anche di prendere un intercetto da Haynes, che avrebbe avuto spazio per un ritorno.

Tony Lilly perde Ricky Sanders.
Tony Lilly perde Ricky Sanders.

Poco male, all’azione successiva la connection riesce, Williams trova Sanders per 10 yard e un primo down sulle 50. Quindi di nuovo la variante I-Formation della Ace, con il tight end Didier schierato come fullback e Sanders in motion. Dropback di Williams, non un giocatore velocissimo.

Il muro eretto dalla sua linea dura quattro secondi abbondanti anche perchè la difesa chiaramente non può ignorare la play action verso Smith che li sta massacrando e quindi resta un po’ sulla linea.

Williams legge, si aggiusta e vede Sanders chiudere una post contro chi? Ma Tony Lilly, of course. Come il resto della sua difesa, Lilly aveva fatto un passo in avanti in più per andare verso Timmy Smith, per poi tornare tardivamente indietro una volta visto il pallone in aria e Sanders alle sue spalle. In campo aperto non possono lasciarlo solo contro un velocista. Poi è frastornato, già ha sbagliato due placcaggi su Smith costati yard e punti. E’ un mismatch continuo.

Quando la Pass Protection è un'arte.
Quando la Pass Protection è un’arte.

Ma a volte bisogna fermarsi un attimo e capire un po’ di più che cosa succede nelle trincee. Bisogna trovare il replay giusto, e inchinarsi davanti al lavoro della miglior offensive line della NFL, che permette a Williams di avere tempo per arretrare, leggere tutto il campo con calma e trovare il mismatch migliore.

Tre giochi, 60 yard, cinquantadue secondi: Washington Redskins 28, Denver Broncos 10

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Denver è andata. Elway spara lontano un intercetto che pare quasi un punt, vista la posizione di campo che ridarà ai Redskins. Ma Denver è andata.

I Redskins rientrano in campo sulle proprie 21 yard, con 2:14 sul cronometro. Sul 28-10 potrebbe anche starci un po’ di clock management. Infatti la prima azione è una up the middle per Smith che guadagna una yard e porta il cronometro al two minute warning. Sempre per gestire il cronometro, Smith ha di nuovo la palla per una counter. Solito capolavoro dei bloccatori sulla linea di scrimmage, con RC Thielemann che butta letteralmente via Mecklenburg. Smith sta solo facendo girare le gambe, oggi. Prende la sideline sinistra quasi scortato da Tony Lilly, ormai un extra blocker suo malgrado. Il danno viene ora limitato a 43 yard di guadagno, da una situazione di 2nd-and-9.

Quando il Run Blocking è un'arte.
Quando il Run Blocking è un’arte.

Anche qui serve un replay per capire come Thielemann tolga Mecklenburg (uno dei linebacker più solidi della lega) dalla linea di corsa del runner. Williams lancia poi un incompleto verso Warren, che alza la palla rischiando di fare un pasticcio. Il lavoro sensazionale della offensive line sta mascherando il fatto che Williams ormai riesce a malapena a reggersi in piedi, perchè l’infortunio del primo quarto è tutt’altro che rientrato. Semplicemente impediscono ad ogni maglia arancione di avvicinarlo.

Nel gioco successivo Williams trova ancora Sanders, che si libera con una finta di Dennis Smith e guadagna 21 yard prima di uscire dal campo, approfittando nel mezzo di un blocco sonoro di Art Monk su Tony Lilly (…).

Open field blocking: Art Monk piega Tony Lilly
Open field blocking: Art Monk piega Tony Lilly

Ancora sette yard in mezzo verso Ricky Sanders, poichè negli ultimi due minuti di solito si massimizzano le protezioni verso le sideline. Denver ormai gioca tanto per giocare, quello che hanno subito non è gestibile da nessuno nè tecnicamente nè umanamente.
Nel gioco seguente Bryant viene fermato per una perdita di una yard, ma ormai la end zone è prossima e i Redskins stanno andando sul velluto. Dipende solamente da loro. Sul 3-and-4 successivo Williams arretra, al solito senza pressione, e trova Didier in end zone per altri sei punti facili. Il massacro è finito.

Sette giochi, 79 yard, un minuto e dieci: Washington 35, Denver 10

Il resto della partita forse non lo ricordano più nemmeno loro. Altra meta su corsa di Smith, per il 42-10 finale. In quel momento lo scarto maggiore mai avuto in un Super Bowl.

Doug Williams venne votato MVP dell’incontro, con 18 su 29, 340 yard, 4 TD e 1 intercetto. La sua carriera non durò che altre due stagioni, quasi da comprimario, ma riuscì a passare alla storia come il primo QB afroamericano a vincere un Super Bowl, non solo a giocarlo da titolare.

La carriera di Timmy Smith praticamente finì in quel pomeriggio irripetibile. Tagliato dai Redskins, preso dai Cowboys e tenuto a roster per un anno o poco più. Ha giocato praticamente solo quella partita da titolare, ed è l’unico runner nella storia della NFL ad aver corso più di duecento yard in un Super Bowl.

Timmy Smith, re per una notte o quasi.
Timmy Smith, re per una notte o quasi.

Joe Gibbs ha continuato la sua gloriosa carriera di Head Coach nella capitale. Vinse ancora un titolo nel 1991 e riportò di nuovo i Redskins ai playoff negli anni Duemila. Al momento è l’unico allenatore che è stato capace di vincere tre titoli con tre QB diversi: Joe Theismann, Doug Williams e Mark Rypien.

Joe Gibbs, leggenda vivente
Joe Gibbs, leggenda vivente

La difesa dei Washington Redskins gettò le basi per la riscossa, cominciando a fermare Elway dopo i primi due drive del primo quarto, ma venne purtroppo oscurata dall’impresa irripetibile dell’attacco. Quella difesa aveva un gruppo di giocatori eccezionali: Charles Mann,Dexter Manley, Dave Butz e Darryl Grant in linea, Monte Coleman, Mel Kaufman e Neal Olkewicz come linebacker, Todd Bowles (oggi HC Jets), Barry Wilburn, Darrell Green e Alvin Walton nella secondaria. Walton giocò quella partita nel ruolo di “spy”, dovendo gestire il compito non facile di leggere John Elway e reagire.

Il premio di MVP dell’incontro, come detto, venne assegnato a Doug Williams.
Il suo primo pensiero fu per la prestazione leggendaria della sua offensive line: “Man, that was blocking!”.

Il minimo è ricordarli tutti:
Jeff Bostic, centro. 
RC Thielemann e Raleigh McKenzie, guardie. 
Mark May e Joe Jacoby, tackles. 

Jeff Bostic (53) e Joe Jacoby (66) festeggiano in end zone con Clint Didier (86)
Jeff Bostic (53) e Joe Jacoby (66) festeggiano in end zone con Clint Didier (86)

Furono loro le fondamenta della vittoria di questo incontro. Sul loro gioco perfetto venne costruita forse la più grande performance mai vista su un campo di football.
In un quarto di gioco l’attacco di Washington scrisse la storia, con statistiche che sarebbero trionfali per sessanta minuti di football, immaginarsi per quindici.

I numeri possono essere aridi, a volte.
Stavolta no.

Concludiamo con quelli, come tributo alla fantastica impresa dei Washington Redskins,
Campioni NFL 1988

Diciotto giochi
Tempo totale di possesso: 5:47
Tempo di possesso per drive: 1:09
Cinque possessi, 35 punti
Yard su corsa: 129
Yard su passaggio: 228
Yard totali: 357
Yard per gioco: 19,83

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Mauro Clementi

Curioso esempio di tifoso a polarità invertita: praticamente un lord inglese durante le partite della Roma, diventa un soggetto da Daspo non appena si trova ad assistere ad una partita di football. Ha da poco smesso lo stato di vedovanza da Marino. Viste le due squadre tifate, ha molta pazienza.

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