[SB XLVI] Le pagelle

sb 46Il Super Bowl XLVI non sarà stata una partita spettacolare e con tanti punti, ma ha garantito il giusto tasso di suspense fino alla fine.
Le nostre pagelle non possono che premiare i New York Giants e la loro bravura nel crederci fino alla fine nonostante essere passati in svantaggio. Manning ovviamente migliore in campo, ma non dobbiamo dimenticare il lavoro di Tom Coughlin magari non simpatico ma sicuramente un coach vincente.

 

ravens

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Eli Manning 8,5 – Palla della partita
Ok, ok, adesso non potremo più dire nulla sul fratello minore di Peyton. Pardon, Eli. Prestazione da incorniciare. Non monstre, gli sono mancate un paio di mete, ma precisa e puntuale (30 su 40 fa impressione), come ha dimostrato essere il suo stile. Passaggi che s’incuneano nell’unico spiraglio possibile. Una freddezza quasi autistica nell’evitare la pressione, dentro e fuori dal campo. È un ottimo quarterback. I dubbi non hanno più residenza qui. Ha coronato con una partita eccezionale una stagione eccellente in cui ha sempre dimostrato di essere lui il condottiero di questi Giants. Quell’aria un po’ tonta? Gli resterà sempre. Sono stati goffi anche i suoi festeggiamenti. Ma signori, ha vinto due Super Bowl da Mvp a New York. Giù il cappello: poche chiacchiere, tanta sostanza.
 
Mario Manningham 7
La ricezione sulla linea laterale nel drive del touchdown del sorpasso vale da sola un sette pieno, pienissimo. Non è il ricevitore senza macchia, ma è capace di gesti fuori dal normale, come appunto quella presa sul finire del terzo quarto.
 
Victor Cruz 7
La salsa apre le danze. Rispetto ad altre partite di questa incredibile annata il suo numero 80 splende molto meno. Cosa importa però? Porta a termine la missione ed è suo il marchio più riconoscibile sul Super Bowl numero XLVI. Alzi la mano chi aveva appuntato il suo nome tra i possibili protagonisti del 2011-12. No, non era proprio immaginabile.
 
Hakeem Nicks 7
Si discuteva di sostanza all’altezza di Eli? Eccone un altro esempio lampante. Sembra marginale alla partita. Quasi dannoso per il fumble che grazie alla dea bendata rimane in possesso di New York. Sembra. In realtà scollina le 100 yard di ricezione, nonostante un infortunio che rischia di mandarlo al tappeto prematuramente.
 
Ahamad Bradshaw 6,5
Quel touchdown di una stranezza epocale che sigla il definitivo sorpassò rimarrà una delle segnature più assurde nella storia dell’ultimo atto Nfl. Cosa sarebbe successo ad Ahmad se Brady fosse riuscito a costruire la rimonta in un minuto? Non conta più. È chiaro che avrebbe fatto meglio a fermarsi. La fortuna in ogni modo gli ha strizzato l’occhio (due volte se si considera la palla persa controllata dai suoi compagni), aiutata dai difensori biancovestiti. E lui ha alzato felice il Vince Lombardi da running back numero uno.
 
Jason Pierre-Paul e Justin Tuck 7
La fotografia della partita di Pierre Paul sono i passaggi “murati” a Brady. È il suo strapotere fisico. Se per caso scopre come fermarli, quei palloni, diventa un’arma illegale. Ci manca poco, e guardando la carta d’identità gli uomini di linea d’attacco di tutta la Nfl hanno un comprensibile sobbalzo: 23 anni il 28 febbraio. Tuck dal canto suo firma due sack e contribuisce alla spinta della linea difensiva per i primi due punti della gara.
 
Defensive back e linebacker 6,5
Il punto debole di New York regge decisamente l’urto. Michael Boley mette in fila 10 placcaggi (9 solo). Blackburn approfitta delle condizioni fisiche imperfette di Gronkowski per scippargli l’ovale lanciato leggermente corto da Brady. Tutti resistono nell’assalto finale dei Patriots.
 
Tom Coughlin 8
Eccolo, l’altro grande vincitore. Ridendo (poco) e scherzando (ancora meno) ha infilato il suo secondo anello. Ma poi il “colonnello” Coughlin si è sciolto in ampi sorrisi. La storia premierà la sua scelta di segnare nell’ultimo minuto, anziché inginocchiarsi due volte, mangiare tempo e calciare il field goal… Sempre che avesse davvero detto a Bradshaw di entrare in end zone! Nella Hall of Fame però ci finirà per la capacità di plasmare una squadra a sua immagine e somiglianza. Una formazione dove il talento è molto più distribuito e con picchi inferiori rispetto a tante altre squadre di vertice della Nfl. Il roster è giovane. Li rivedremo?
Patriots
Tom Brady 7
Il suo l’ha fatto. I Patriots sono arrivati a pochi istanti dal loro quarto titolo in gran parte per merito di Terrific Tom. Se il pallone messo dolcemente nelle mani di una sicurezza come Wes Welker cade incredibilmente a terra e con esso scivola via anche la vittoria, non è colpa sua. Andate a rivedere quel che è successo ad Aaron Rodgers nel Divisional Playoff. Con Gronkowski sano forse sarebbe finita diversamente. È sottile il confine tra i meriti dei Giants (tanti) e i demeriti dei Patriots (parecchi). La partita era in pugno. Cosa potesse fare di più Brady però è sospetto.

Aaron Hernandez e Deion Branch 5,5
Hernandez trova la via della end zone e mette insieme un discreto gruzzolo di yard alla fine dei sessanta minuti. Non è arrivata la zampata però, anzi c’è quel drop a 49” dalla fine impossibile da cancellare. E non ci riesce neanche con l’acchiappo in tuffo quando i secondi sono poco più di una manciata. Nemmeno a Deion Branch riesce il colpaccio e la sua prova è di molto sotto traccia

Wes Welker 5
Che peccato. Avrebbe meritato di prendere quel pallone. Sarebbe stato il premio per l’ennesima preziosa stagione del piccolo grande Welker. Invece l’ha bucato. Clamorosamente. Avrebbe chiuso i giochi, avrebbe vendicato la beffa di Tyree. Troppi condizionali.

BenJarvus Green-Ellis 6
L’uomo senza macchia, mai un fumble in quattro anni di carriera, non riesce a guadagnarsi la fiducia per poter provare a scaricare un po’ di peso dal gioco aereo. E così diventa una pedina marginale pur comportandosi bene quando gli viene affidato il cuoio.

Rob Gronkowski 6
In queste pagelle i condizionali e i “se” inevitabilmente abbondano. Il più gigantesco di tutti comunque non può che campeggiare nelle righe dedicate a Gronko. Cosa sarebbe successo con lui al cento per cento? Nessuno può dirlo, ma di sicuro i Patriots hanno perso la loro arma più distruttiva. Gronkowski ha stretto i denti. Ha lottato. Ha fortemente voluto esserci. E ce l’ha fatta. Il suo apporto è stato minimo. Ma se quell’ultimo pallone fosse finito un poco più vicino alle sue manone… SE…

Danny Woodhead 6,5
Non c’è stato solo il touchdown nella Super Bowl di Danny Woodhead. L’altro piccoletto dei Patriots ha trovato il modo di mettersi in evidenza nella partitissima soprattutto con le quattro pesantissime ricezioni effettuate. Avesse anche raccolto di più dalle corse il voto sarebbe stato persino più alto.

Patrick Chung, Jerod Mayo e Brandon Spikes 6,5
Lottano come leoni per impedire ai Giants di macinare troppo gioco e produrre più punti del loro attacco. Chissà cosa hanno provato quando hanno dovuto lasciar segnare i loro rivali per concedere ai compagni una chance di vincere la partita.

Linea difensiva 6,5
Il muro tiene, tiene eccome. Prima di diventare volontariamente mar Rosso al cospetto di un incerto Mosé Bradshaw. Poco prima i loro eclatanti gesti di sconforto sulla sideline dopo che Welker aveva droppato il pallone che avrebbe chiuso il match avevano il sapore della premonizione.

Bill Belichick 5
Belichick ha trovato la sua criptonite. I caschi blu con NY bianco non vanno proprio giù al genio dei Patriots. E così ecco la seconda sconfitta in un Super Bowl. Nessuna trovata innovativa per superare lo scoglio in cui si era già incagliato nel 2008. Anzi, forse un po’ di confusione nel finale. Perché, infatti, bloccare i Giants e chiamare timeout sul primo down a poche yard se si è già deciso di farli segnare per provare il drive della disperazione? Non era meglio tenersi il minuto di pausa e i 60” in più lasciandoli passeggiare in end zone da subito? La mossa in ogni modo ancora una volta si è rivelata perdente, come era già successo a Mike Holmgren con i Packers contro i Broncos nel 1998. Il voto alla stagione di Belichick è comunque altissimo, perché ha giocato il quinto Super Bowl in dieci anni e il talento a disposizione era al di sotto di altre contendenti. Ma la partita in sé è stata insufficiente.

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