[Wild Card] Jets vs Colts
Tutta la partita riassunta in una faccia: il largo sorriso e la felicità di Rex Ryan mentre il pallone calciato da Nick Folk passava in mezzo ai pali, il cronometro toccava lo zero e i suoi Jets – e lui – ce l’avevano appena fatta: la sua nemesi, Peyton Manning, era battuta.
Ryan l’aveva messa sul personale durante la settimana. Si era messo in prima linea, sotto le luci dei riflettori, vendendo la partita come la sua sfida personale contro il grande Manning, l’uomo che per lui era diventata quasi un’ossessione; e, facendo questo, era riuscito a mettere nell’ombra la squadra, lasciandola tranquilla a prepararsi per la battaglia. I grandi allenatori, del resto, fanno così.
E poi, ovviamente, vinta la partita, non ha mancato di rendere omaggio al rivale: “Manning è il migliore, e stava quasi per farcela anche stavolta. Contro Peyton non potrai mai fermarlo completamente, ma i nostri ragazzi hanno giocato bene e fatto quello che serviva per riuscire a tenerlo fuori dalla end zone”.
Riuscire a trovare il motivo per spiegare una vittoria – o una sconfitta – di un punto arrivata con un calcio allo scadere non è mai semplice. Si può dire che è merito di Nick Folk, il cui piede non ha tremato nel momento decisivo, ma sarebbe riduttivo. Si può dare onore alla difesa di New York, che è riuscita a concedere un solo big play all’attacco dei Colts in tutta la partita – il touchdown da 57 yards di Pierre Garcon nel secondo quarto – , ma sarebbe semplicistico. Oppure si può puntare il dito sul quarterback sconfitto, sostenendo che non è riuscito come al solito a far girare i suoi uomini, ma basta guardare le cifre finali di Manning e vedere che non sono poi così male (18/26, 225 yards e 1 touchdown) per capire che anche questa spiegazione non regge.
Il wild card game andato in scena ad Indianapolis è stata una partita talmente serrata e combattuta che non può essere spiegata con una sola causa. I Jets l’hanno vinta probabilmente perchè sono stati più solidi e perchè sono riusciti a crescere progressivamente di livello durante la partita. E, stranamente (almeno per una squadra che può vantare la sesta difesa del campionato), l’hanno vinta quasi più con l’attacco che non con la difesa. Che ha pure fatto la sua parte, contenendo Manning, limitando Addai e Rhodes ed annullando completamente Reggie Wayne sulla Revis Island (1 ricezione per 1 yard). Ma, se proprio bisogna scegliere, è giusto che sotto le luci dei riflettori salgano gli uomini dell’attacco, e due su tutti.
Il primo è Ladainian Tomlison. Non è forse giusto, a questo punto, incolpare i Chargers per averlo dato come bollito alla fine dello scorso anno: un po’ tutti erano d’accordo; vedendolo giocare nelle sue ultime apparizioni a San Diego, incapace di trovare i buchi e quasi in imbarazzo contro le difese avversarie, era difficile non considerarlo finito o quasi. Invece il giocatore di quest’anno sembra ringiovanito di cinque o sei anni, e la sua prestazione contro i Colts ne è la testimonianza più eloquente: 16 portate per 82 yard (5,1 di media) con tutti e due i touchdown segnati dai Jets. Il primo di potenza, a sfondare il muro della endzone in faccia alla difesa avversaria, e il secondo di agilità, sprintando ed entrando agevolmente in end zone senza essere toccato.
Il secondo, ovviamente, è Mark Sanchez. E non perchè abbia fatto una partitona, visto che la sua gara non è stata tale: diversi lanci imprecisi, spesso ricevuti solo grazie alla bravura di Edwards e Holmes; un intercetto praticamente in end zone quanto meno evitabile e tutto sulle sue spalle, lanciato nel secondo quarto; un rating finale di 62.4 (18/31, 189 yards, 1 int), ben distante dal 108.7 di Manning. Ma il suo merito è stato quello di essere cresciuto progressivamente lungo la gara, fino a raggiungere l’apice nel momento più importante e fare la migliore cosa della serata quando serviva di più. Il drive finale dei Jets negli ultimi 45 secondi è stato infatti condotto benissimo, e il gioco che ha consentito a Folk di calciare abbastanza comodamente dalle 32 yard (il passaggio profondo da 18 yards per Edwards) è stato quasi tutto farina del suo sacco, come ha rivelato lo stesso Rex Ryan in conferenza stampa: “Più la partita andava avanti e più lui [Sanchez] diventava più preciso. Sull’ultimo passaggio a Braylon Edwards, il ragazzo fatto la chiamata da solo. Shotty [Brian Schottenheimer, OC dei Jets] gli ha solod etto: ‘Va bene ragazzo, fai il lancio che vuoi!’ e lui ha fatto quel bellissimo passaggio. Ecco quanto è cresciuto”.
Un Ryan raggiante, insomma, felice per essersi tolto la soddisfazione di sconfiggere Peyton Manning ed aver passato il primo turno dei playoffs. Un test probante che a lui e ai Jets servirà tutto: sul loro cammino, ora, c’è un certo Tom Brady. Ne vedremo delle belle.
Ryan l’aveva messa sul personale durante la settimana. Si era messo in prima linea, sotto le luci dei riflettori, vendendo la partita come la sua sfida personale contro il grande Manning, l’uomo che per lui era diventata quasi un’ossessione; e, facendo questo, era riuscito a mettere nell’ombra la squadra, lasciandola tranquilla a prepararsi per la battaglia. I grandi allenatori, del resto, fanno così.
E poi, ovviamente, vinta la partita, non ha mancato di rendere omaggio al rivale: “Manning è il migliore, e stava quasi per farcela anche stavolta. Contro Peyton non potrai mai fermarlo completamente, ma i nostri ragazzi hanno giocato bene e fatto quello che serviva per riuscire a tenerlo fuori dalla end zone”.
Riuscire a trovare il motivo per spiegare una vittoria – o una sconfitta – di un punto arrivata con un calcio allo scadere non è mai semplice. Si può dire che è merito di Nick Folk, il cui piede non ha tremato nel momento decisivo, ma sarebbe riduttivo. Si può dare onore alla difesa di New York, che è riuscita a concedere un solo big play all’attacco dei Colts in tutta la partita – il touchdown da 57 yards di Pierre Garcon nel secondo quarto – , ma sarebbe semplicistico. Oppure si può puntare il dito sul quarterback sconfitto, sostenendo che non è riuscito come al solito a far girare i suoi uomini, ma basta guardare le cifre finali di Manning e vedere che non sono poi così male (18/26, 225 yards e 1 touchdown) per capire che anche questa spiegazione non regge.
Il wild card game andato in scena ad Indianapolis è stata una partita talmente serrata e combattuta che non può essere spiegata con una sola causa. I Jets l’hanno vinta probabilmente perchè sono stati più solidi e perchè sono riusciti a crescere progressivamente di livello durante la partita. E, stranamente (almeno per una squadra che può vantare la sesta difesa del campionato), l’hanno vinta quasi più con l’attacco che non con la difesa. Che ha pure fatto la sua parte, contenendo Manning, limitando Addai e Rhodes ed annullando completamente Reggie Wayne sulla Revis Island (1 ricezione per 1 yard). Ma, se proprio bisogna scegliere, è giusto che sotto le luci dei riflettori salgano gli uomini dell’attacco, e due su tutti.
Il primo è Ladainian Tomlison. Non è forse giusto, a questo punto, incolpare i Chargers per averlo dato come bollito alla fine dello scorso anno: un po’ tutti erano d’accordo; vedendolo giocare nelle sue ultime apparizioni a San Diego, incapace di trovare i buchi e quasi in imbarazzo contro le difese avversarie, era difficile non considerarlo finito o quasi. Invece il giocatore di quest’anno sembra ringiovanito di cinque o sei anni, e la sua prestazione contro i Colts ne è la testimonianza più eloquente: 16 portate per 82 yard (5,1 di media) con tutti e due i touchdown segnati dai Jets. Il primo di potenza, a sfondare il muro della endzone in faccia alla difesa avversaria, e il secondo di agilità, sprintando ed entrando agevolmente in end zone senza essere toccato.
Il secondo, ovviamente, è Mark Sanchez. E non perchè abbia fatto una partitona, visto che la sua gara non è stata tale: diversi lanci imprecisi, spesso ricevuti solo grazie alla bravura di Edwards e Holmes; un intercetto praticamente in end zone quanto meno evitabile e tutto sulle sue spalle, lanciato nel secondo quarto; un rating finale di 62.4 (18/31, 189 yards, 1 int), ben distante dal 108.7 di Manning. Ma il suo merito è stato quello di essere cresciuto progressivamente lungo la gara, fino a raggiungere l’apice nel momento più importante e fare la migliore cosa della serata quando serviva di più. Il drive finale dei Jets negli ultimi 45 secondi è stato infatti condotto benissimo, e il gioco che ha consentito a Folk di calciare abbastanza comodamente dalle 32 yard (il passaggio profondo da 18 yards per Edwards) è stato quasi tutto farina del suo sacco, come ha rivelato lo stesso Rex Ryan in conferenza stampa: “Più la partita andava avanti e più lui [Sanchez] diventava più preciso. Sull’ultimo passaggio a Braylon Edwards, il ragazzo fatto la chiamata da solo. Shotty [Brian Schottenheimer, OC dei Jets] gli ha solod etto: ‘Va bene ragazzo, fai il lancio che vuoi!’ e lui ha fatto quel bellissimo passaggio. Ecco quanto è cresciuto”.
Un Ryan raggiante, insomma, felice per essersi tolto la soddisfazione di sconfiggere Peyton Manning ed aver passato il primo turno dei playoffs. Un test probante che a lui e ai Jets servirà tutto: sul loro cammino, ora, c’è un certo Tom Brady. Ne vedremo delle belle.