Com’è stato il draft dei Miami Dolphins

I Miami Dolphins sono arrivati all’annuale appuntamento con il draft in una situazione un po’ diversa da quella a cui avevano dovuto abituarsi negli ultimi anni. Innanzitutto, l’ottima stagione trascorsa li ha portati a trovarsi a scegliere in una posizione decisamente avanzata (la 22) se confrontata con quelle del recente passato. E il lavoro quasi sotto traccia fatto in free agency li ha messi in condizione di poter adottare un approccio al draft se non di tipo “Best Player Available” (prendiamo il migliore giocatore disponibile, a prescindere dal suo ruolo) quantomeno molto vicino.

Il periodo di mercato di quest’anno ha segnato infatti un netto cambio di strategia a Miami. Se fino all’anno precedente il proprietario Stephen Ross non aveva remore (anzi) nel far sfoggio delle sue notevolissime possibilità finanziarie, staccando assegni pesanti per accaparrarsi il miglior free agent disponibile (primo fra tutti Ndamukong Suh), quest’anno il management ha adottato un approccio molto più pragmatico. Niente grosse spese, niente corsa a vincere l’Oscar del Mercato (cit.), niente nomi di spicco; invece, rinnovi dei giocatori chiave in casa ed innesti mirati di giocatori precisi nei punti deboli individuati. Quasi una rivoluzione.

Ed è così che le spese maggiori sono state sui rinnovi. Ri-firmato Kenny Stills (WR – 4 anni, 32 milioni), ri-firmato Kiko Alonso (LB – 3 anni, 29 milioni), ri-firmato Andre Branch (DE – 3 anni, 24 milioni), esteso Reshad Jones (S, 5 anni, 60 milioni) e contatti avviati (tuttora in corso) per estendere anche Jarvis Landry, forse il miglior ricevitore a roster.

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landry miami dolphins

A questo clima completamente cambiato non è ovviamente estranea la volontà di coach Gase, il vero motore alla base del radicale cambio di cultura che sta attraversando tutta l’organizzazione di Miami: prima pensiamo a trattare bene i nostri ragazzi e poi andiamo fuori a vedere cosa c’è di meglio.

Così i pezzi più importanti arrivati da fuori sono stati giocatori non di primissima fascia ma funzionali al progetto: vedi ad esempio William Hayes (DE, ex-Rams) a dare profondità alle rotazioni in linea difensiva e in grado di presidiarne le estremità; i due TE Anthony Fasano (ex-Titans ma anche già transitato ai Dolphins) a ricoprire il ruolo di TE-che-blocca-bene-ma-non-solo lasciato vacante da Dion Sims, salpato verso i parecchi dollari garantiti dai Bears, e Julius Thomas (ex-Jaguars) già ben conosciuto da coach Gase che lo aveva allenato a Denver e per il quale le aspettative sono le stesse – alte – che due anni fa avevano accompagnato l’arrivo a Miami di Jordan Cameron, altro TE-che-gioca-da-ricevitore; Nate Allen (S, ex-Raiders) per solidificare il posto vicino a Jones che lo scorso anno Isa-Abdul Quddus pareva in grado di gestire prima che un brutto infortunio gli chiudesse la stagione e forse anche la carriera; Ted Larsen (G, ex-Bears) a rimpolpare una linea d’attacco perennemente in rifacimento e, ultimo ma non ultimo, Lawrence Timmons (LB, ex-Steelers) preso per rivitalizzare il pacchetto di linebacker che lo scorso anno viveva troppo solo sul recuperato Alonso.

In ottica draft, tutto ciò ha consentito ai Dolphins di iniziare la serata di giovedì 27 aprile con tranquillità, sapendo di avere diversi buchi da riempire ma non uno nettamente più grosso degli altri. Insomma: questa è la nostra board, sappiamo chi ci piace, il migliore di questi che ci arriva lo prendiamo.

Ed è così che, “with the twenty-second pick of the 2017 NFL draft the Miami Dolphins select… Charles Harris, DE, Missouri”. Era un giocatore molto alto nelle preferenze dei Dolphins, che non pensavano durasse fino alla scelta 22 e che per prenderlo hanno rinunciato anche a un paio di proposte di trade. Harris va a collocarsi in un punto chiave del roster di Miami, cioè la linea difensiva: primo, perché “non hai mai abbastanza pass rushers nella NFL” e quelli buoni vanno presi subito; secondo, perché Cameron Wake ha 35 anni e non potrà durare in eterno; terzo, perché il reparto lo scorso anno è stato uno di quelli che ha manifestato più di altri la necessità di un “upgrade”. Harris non è il giocatore perfetto (se lo fosse non sarebbe mai arrivato alla 22esima scelta) ma secondo i Dolphins ha le doti giuste per affiancare da subito il #91 e per prenderne in futuro il posto una volta che Wake deciderà di appendere il caso al chiodo (e non dovrebbe mancare molto).

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Al secondo giro, i Dolphins sono andati ancora di difesa; e, visto l’andamento dello scorso anno, non poteva essere altrimenti. Anche qui, alla scelta numero 54, hanno preso un giocatore che non pensavano di trovare ancora libero, e cioè il linebacker Raekwon McMillan, da Ohio State. Che un linebacker sarebbe stato scelto in questo draft era abbastanza scontato e molti avevano pensato che, al primo giro, essendoci ancora Reuben Foster libero, la scelta di Miami sarebbe caduta su di lui. In realtà le perplessità sulle commozioni cerebrali subite da Foster hanno pesato molto e così il linebacker è arrivato al secondo giro. McMillan viene dato come un giocatore estremamente atletico, in grado di giocare in tutte e tre le posizioni. È altamente probabile che si giocherà da subito il posto di linebacker esterno opposto ad Alonso, con Timmons nel mezzo, ed è nelle aspettative di tutti che sia anche in grado di guadagnarselo, scalzando l’ormai anzianotto Koa Misi. In prospettiva futura, poi, le aspettative sono anche maggiori.

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Nel terzo giro Miami non aveva scelte, avendo ceduto il pick ai Vikings lo scorso anno, quindi per scegliere hanno dovuto attendere la prima delle compensatory picks, cioè la numero 33, 97esima totale. E con questa sono andati ancora di difesa, scegliendo Cordrea Tankersley, un cornerback dalla Clemson University. Si tratta di un giocatore che i Dolphins avevano analizzato e che piaceva molto, quindi che hanno scelto ben consapevoli di quello che facevano. Giocatore molto ben dotato fisicamente, a molti ha ricordato proprio Byron Maxwell, il cornerback ex-Seahawks ed Eagles attualmente in forza ai Dolphins. Guarda caso, Maxwell ha ancora un anno di contratto e questo, più di ogni altra cosa, spiega perfettamente il motivo della scelta di Tankersley.

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Senza scelte al quarto giro, Miami al quinto giro è finalmente andata su un giocatore d’attacco, scegliendo al numero 164 la guardia Isaac Asiata da Utah, dopo aver scambiato scelte con Philadelphia per salire di due posti e prenderlo. Asiata va a iniettare un po’ di gioventù in uno spot – quello di guardia – critico per i Dolphins: la partenza di Branden Albert, spedito ai Jaguars, ha dirottato Laremy Tunsil (prima scelta lo scorso anno) al suo ruolo naturale di left tackle, ma ha aperto un buco nello spot di guardia dove lo scorso anno giocava proprio Tunsil. Asiata quindi avrà la possibilità di giocarsi il posto con il nuovo arrivo Larsen e il rifirmato Jerome Bushrod, che lo scorso anno non aveva demeritato. Anche per lui le aspettative sono buone tanto che diversi analisti hanno etichettato Asiata come la miglior scelta del draft dei Dolphins in termini di valore.

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Con la seconda scelta al quinto giro Miami è tornata sulla difesa, scegliendo alla numero 178 Davon Dochaux, DT da LSU. E, neanche venti pick dopo, alla 194 (10 scelta del sesto giro) ha raddoppiato con Vincent Taylor, DT da Oklahoma State. Qui si inizia ad andare più su giocatori da sviluppare che su prospetti sicuri, ma come detto già prima è un fatto che la rotazione nella linea difensiva dei Dolphins avesse bisogno di una revisione. Dochaux e Taylor sono due prospetti interessanti, che avranno l’opportunità di studiare alla Suh Academy (guarda caso, ambedue hanno dichiarato di averlo come modello…) e, in prospettiva, di ritagliarsi uno spazio al suo fianco.

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A chiudere il draft più sbilanciato sulla difesa della storia dei Dolphins, al settimo giro (237 assoluto) è arrivato un po’ a sorpresa un ricevitore da Virgina Tech, Isaiah Ford, che viene definito come uno che corre le tracce molto bene e ottimo prototipo di slot receiver (cioè il lavoro sporco che Jarvis Landry – una volta firmato il contrattone che arriverà – forse non sarà più il caso che faccia). Non che nel ruolo di ricevitore i Dolphins fossero proprio carenti, anche in tema “prospetti”, ma al settimo giro ci sta un po’ di tutto.

Infine, per quanti riguarda i giocatori rimasti non scelti e arruolati a fine draft, Miami ne ha firmati 14. Fra di essi, tanti nomi sconosciuti ma anche qualche sorpresa, come il ricevitore “di casa” Malcom Lewis, ex-Miami Hurricanes e il running back De’Veon Smith da Michigan.

Questa la lista:

OT Eric Smith, Virginia,
RB De’Veon Smith, Michigan,
WR Malcolm Lewis, Miami,
WR Drew Morgan, Arkansas, 6-0,
WR Francis Owusu, Stanford,
WR Damore’ea Stringfellow, Ole Miss,
DE Cameron Malveaux, Houston,
DE Joby Saint Fleur, Northwestern Oklahoma State,
LB Praise Martin-Oguike, Temple,
LB Chase Allen, Southern Illinois,
CB Torry McTyer, UNLV,
CB Larry Hope, Akron,
CB Maurice Smith, Georgia,
P Matt Haack, Arizona State,

Tirando le somme, gli analisti sono stati abbastanza concordi nell’assegnare buone valutazioni complessive al draft 2017 dei Dolphins. Niente scelte appariscenti ma giocatori con potenziale da buono a ottimo e, soprattutto, funzionali a un progetto che si delinea sempre più chiaramente. Il tratto in comune a molti di loro è apparso subito chiaro: personalità definite (i cosiddetti “maschi alfa”), con una forte passione per il football e desiderosi di mettersi alla prova e di giocare; e tutti impressionati ed entusiasti del primo incontro con coach Gase. Magari ci sta anche un po’ di sana paraculaggine, ma se il buongiorno si vede dal mattino allora questo draft, passati i canonici tre anni, potrebbe essere ricordato come un successo.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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