La AAF sospende le operazioni

Ci piacerebbe iniziare questo articolo dicendo che “Con un comunicato ufficiale la Alliance of American Football ha deciso di sospendere le operazioni”, ma anche volendo non possiamo farlo.
Non esiste, infatti, alcun comunicato ufficiale della AAF sulla decisione presa dal proprietario de facto Tom Dundon, sebbene siano arrivate conferme verbali da Bill Polian, uno dei due fondatori della AAF.
Vediamo di fare un po’ di chiarezza su quanto successo nelle ultime ore, partendo dal fatto compiuto e confermato che la AAF ha effettivamente sospeso le proprie operazioni a due giornate dal termine della stagione regolare.

A metà della scorsa settimana avevano iniziato a circolare delle indiscrezioni secondo le quali il proprietario della AAF Tom Dundon, non riuscendo a trovare alcun accordo con la NFLPA per permettere ai giocatori delle practice squad NFL di giocare nella Alliance of American Football, avrebbe potuto decidere di chiudere i rapporti con la lega provocandone la chiusura.
Tom Dundon, proprietario della franchigia NHL dei Carolina Hurricanes, era venuto in soccorso della AAF con un investimento di 250 milioni di dollari dopo la seconda settimana di gioco, ottenendo in cambio il comando delle operazioni dal duo Polian-Ebersol che l’avevano fondata e portata avanti sino a quel punto. Inizialmente sembrava un avvenimento positivo, ma l’avvento di Dundon ha portato più di qualche problema, non tanto per le due idee quanto per il fatto che aveva ottenuto il controllo assoluto su tutto ed ogni sua decisione poteva essere presa in autonomia, anche quella di sospendere le operazioni.

La “mission” pensata da Polian ed Ebersol per la AAF era di far diventare la AAF una lega complementare alla NFL in grado, cioè, di fornire giocatori rodati alla stessa, permettendo a quei giocatori tagliati dalle franchigie o non draftati, di tenersi in attività o accumulare un po’ di esperienza ad un livello vicino a quello NFL. Il punto su cui Dundon ha lavorato fin da subito, invece, puntava ad una collaborazione diretta con la NFL, che avrebbe inviato i propri quarterback delle practice squad (opzione poi ampliata a tutti i componenti delle practice squad) alla AAF. Un cambio di “flusso” significativo, perché dovendo operare con giocatori sotto contratto NFL, bisognava coinvolgere la NFLPA in quanto il contratto collettivo non contemplava un’opzione simile.

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La NFLPA si era sin da subito messa di traverso, non perché non volesse dare ai giocatori l’opportunità di fare esperienza, ma perché non essendoci norme contrattuali adatte, non voleva intavolare una discussione che avrebbe potuto minare le trattative già in corso per il rinnovo previsto dopo la stagione 2020.
A questo punto Dundon avrebbe deciso di forzare la mano minacciando di chiudere la AAF, minaccia che alla NFLPA non ha solleticato nemmeno il mignolo del piede destro. Non ottenendo i risultati sperati, Dundon ha deciso di girare l’interruttore e ritirare il proprio finanziamento, rendendo praticamente impossibile alla AAF il proseguimento della stagione.

E qui veniamo alle questioni spinose. La AAF è fallita? No, ha semplicemente sospeso le operazioni. In una mail inviata ai propri dipendenti, la AAF ha dichiarato che saranno pagati gli stipendi fino a week 8, e che si sta lavorando per ottenere qualcosa per week 9 e 10. La week 9 è formalmente annullata, mentre la week 10 è TBD (to be determined), cioè una decisione non è ancora stata presa.
E’ difficile, tuttavia, che la lega riprenda le operazioni, sia perché Dundon ha ritirato il suo investimento (si parla, per lui, di una perdita di 70 dei 250 milioni di dollari che aveva investito nella lega), sia perché le franchigie hanno già lasciato liberi i giocatori, ai quali è stato anche comunicato che i costi del ritorno a casa sono totalmente a loro carico, e che ovviamente non riceveranno più un soldo dei 70mila dollari non garantiti di contratto.
Secondo quanto dichiarato da Bill Polian alla ESPN, lui e Ebersol stanno cercando, a questo punto, di chiudere la stagione 1 per poi tirare le somme ed organizzare la stagione 2 con un business plan modificato e più semplice da perseguire.

Ancora una volta, comunque, dopo la magra figura rimediata nel momento dell’ingresso di Dundon come investitore, si registra l’assoluta inadeguatezza del dipartimento informativo della Alliance of American Football che, se vorrà riprendere il cammino, dovrà rifondare da zero, perché in un’efficiente ed attendibile informazione risiede molta della credibilità di un’organizzazione, quale che essa sia.
Impedire ai reporter di assistere alle partite di preseason, ad esempio, non è stata una bella mossa, così come un media center un po’ più organizzato e funzionale rispetto a quello presente sul sito ufficiale era il minimo sindacale da attendersi da un’organizzazione che vuole essere complementare alla NFL. Inoltre, come detto ad inizio articolo, al momento in cui pubblichiamo queste righe siamo ancora in attesa di un comunicato ufficiale della AAF sulla vicenda. Senza sapere né leggere né scrivere, in assenza di comunicati ufficiali chiunque potrebbe essere autorizzato a presentarsi negli stadi dove si dovrebbero giocare le partite di week 9.

Un altro esempio di organizzazione “creativa” è la questione della finale. Inizialmente prevista a Las Vegas, un paio di settimane fa era stato deciso di spostarla a Frisco, Texas, per sfruttare l’entusiasmo dei Texani (30mila persone di media alle partite dei San Antonio Commanders). Si viene a sapere oggi, però, che non c’era nessun contratto firmato tra la AAF e l’universita di Nevada las Vegas, proprietaria del Sam Boyd Stadium. Il sito web dello stadio, però, aveva già messo in vendita i biglietti per la partita, in un corto circuito informativo che lascia piuttosto basiti.
E’ comunque un vero peccato che si interrompa una stagione che stava diventando davvero avvincente, riparametrando le proprie aspettative sul gioco rispetto alla NFL o alla NCAA, con diverse squadre in grado di garantire un buono spettacolo nella postseason che avrebbe dovuto iniziare tra tre settimane.

Per non sbagliarsi, comunque, Steve Spurrier, head coach degli Orlando Apollos si è autoattribuito il titolo di campione AAF 2019 dichiarando: “We’re all disappointed, but on the other side, we got to be the champs, right? We’re 7-1 and the next teams are 5-3.”

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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Un Commento

  1. Un vero peccato, allungare la stagione del football, anche se con un livello indubbiamente inferiore, avrebbe giovato all’intero movimento, bello anche “testare” nuove città prive di football professionistico, spero che in futuro ci siano altre iniziative per perseguire lo scopo.

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