Il Riassunto di Week 13 NCAA

La definizione di “settimana di quiete prima della tempesta finale” a priori si addiceva bene a questo weekend, e, se eccettuiamo Oregon, essa potrebbe essere accettata anche posteriori. Certo che quella fatta non è un’eccezione da poco… Ma ci arriviamo.

Partiamo, come consuetudine vuole, dalle passeggiate di salute. Ad aprire questo gruppo di partite ci sono, come era logico attendersi, le vittorie di Auburn e Alabama, rispettivamente contro Samford e Western Carolina: non propriamente due partite “di cartello” per prepararsi all’Iron Bowl di settimana prossima. Banchettano allegramente anche Notre Dame, che regola Boston College 40-7, Wisconsin (45-24 su Purdue) e Minnesota, che grazie alla ditta Morgan-to-Bateman, non fa fatica a liberarsi dell’impalpabile Northwestern. LSU continua il suo cammino verso i playoff demolendo ciò che restava dei Razorbacks di Arkansas, grazie all’ennesima prestazione quasi immacolata di Joe Burrow, e al sempre più protagonista Clyde Edwards-Helaire. Proseguono indisturbate le corse di Boise State e di Appalachian State, rispettivamente nella Mountain West e nella Sun Belt Conference. Meno indisturbata, invece, è la corsa di Cincinnati, che, dopo la brutta prova di settimana scorsa contro USF, si riprende parzialmente, superando 15-13 gli Owls di Temple e assicurandosi così la vittoria della AAC East: una vittoria settimana prossima contro la n.18 Memphis garantirebbe ai ragazzi di coach Luke Fickell un posto ai New Year’s Six bowl. Nella AAC da segnalare anche l’upset di SMU, affondata dalla triple option dei Midshipmen di Navy.

Detto ciò, proseguendo con un po’ di più ordine, cerchiamo di affrontare i temi caldi.

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Il primo, ovviamente, riguarda quello che era a tutti gli effetti il “game of the week”, ossia la partita di Columbus tra i Buckeyes e i Nittany Lions. Appurata la vittoria di Ohio State, un paio di cose, comunque, vanno dette. La prima è senz’altro che Chase Young, dopo la squalifica di due turni, è rientrato alla sua maniera: 3 sack, buoni per superare il record in stagione singola dell’ateneo, e buoni, specialmente l’ultimo, per mantenere vergine il record dei suoi Bucks’. Se c’è un uomo che possa togliere l’Heisman trophy dalle mani di Joe Burrow, è probabilmente lui. Buona anche la prestazione di Fields (16/22, 188 yds, 2TD), nonostante 2 fumble sanguinosi, e ottima quella del runningback J.K. Dobbins, che si è preso gioco di quella che prima di sabato era la quarta rushing defense della nazione. Positiva, comunque, la reazione dei Lions dopo il touchdown del 21-0, che tutto faceva presagire meno che potesse ancora esserci storia nella gara: rimonta, seppur parziale, guidata dal freshman Will Lewis, che si è visto gettato tra i leoni dopo l’infortunio rimediato da Sean Clifford sull’abbraccio tutt’altro che tenero del linebacker di OSU Malik Harrison. Per i Buckeyes l’ultimo ostacolo prima dei playoff è rappresentato dei Wolverines di Jim Harbaugh, che, dopo un avvio di stagione con più bassi che alti, a partire dal match con Penn State hanno decisamente cambiato marcia. Nella vittoria di sabato contro Indiana 20/32 per 366 yard e 5 touchdown-pass per Shea Patterson, 3 dei quali serviti a Nico Collins, che ha chiuso con 165 yard ricevute. Per chiudere il discorso sulla Big10, si ferma la striscia di 4 vittorie consecutive dei Fighting Illini, che, dopo essere stati la miglior squadra della nazione per turnover margin pagano due intercetti e un fumble nella sconfitta su Iowa.

Nella SEC la partita da guardare era quella che vedeva impegnati i Bulldogs e gli Aggies. Il match è stato d’altri tempi, brutto, sporco e cattivo, deciso da un Rodrigo Blankenship da 4/4 (compreso un calcio da 49 yard) che si congeda dal Sanford Stadium nel migliore dei modi, divenendo, tra l’altro, il miglior realizzatore della storia di UGa, con 418 punti. Per la seconda settimana di fila Georgia è stata brava nel riuscire a scavare un minimo di solco tra sé e l’avversaria ed è stata eccellente nel resistere, nel quarto periodo, al tentativo di disperata rimonta. Squadra solida, che fonda il suo successo sulla difesa, la quale, nel 19-13 di sabato, ha concesso la miseria di 274 yard complessive all’attacco di Jimbo Fisher. Texas A&M per la quarta volta, dopo Clemson, Auburn e Alabama, rimedia una bella figura, ma nulla di più, in una stagione in cui ha sempre fatto trenta e mai trentuno. Tra le altre cose, nella SEC, è giusto segnalare la rivincita di Jarrett Guarantano, quarterback che finalmente si è ripreso Tennessee dopo un avvio di stagione disastroso: 23/40 per 415 yard e 2 TD nel 24-20 su Mizzou, vittoria che vale l’eleggibilità a un bowl per i Vols, dopo l’1-4 con cui erano partiti.

Arriviamo alle note dolenti, ossia a ciò che è accaduto nella Pac12, e più precisamente a Tempe, Arizona. I Ducks di Justin Herbert per tre quarti di gara sono stati respinti con perdite dalla ritrovata difesa dei SunDevils, prima dell’exploit finale – bello ma inutile – che ha portato la gara al 31-28 che si legge sul referto. Il rientro di Jayden Daniels ha portato nuova linfa ad un’Arizona State che arrivava da quattro sconfitte filate, ed è stato proprio il freshman l’uomo copertina, chiudendo con 22/32 per 408 yard e 3 TD, l’ultimo dei quali un missile telecomandato da 81-yard per Brandon Aiyuk nel momento di massima difficoltà dei suoi. Male Oregon, sia in attacco, di cui si è detto, che in difesa, che era fino ad ora stata il vero punto di forza della squadra di Mario Cristobal (14 punti di media concessi a gara). Nell’altra division, ma sempre in Arizona, vincono agevolmente gli Utes del duo Huntley-Moss, che, a questo punto, restano l’unica squadra della conference con ambizioni di playoff. Da segnalare inoltre il 52-35 con cui si è conclusa la stracittadina USC-UCLA, nella quale i Bruins non sono mai riusciti a trovare un modo per arginare il passing game dei Trojans: Kedon Slovis ha chiuso con 515 yard, valide per battere il record della scuola in gara singola. Difese in sciopero anche al Martin Stadium di Pullman, Washington, dove i padroni di casa di Wazzu hanno superato i Beavers di Oregon State per 54-53 (!) grazie al touchdown a 4 secondi dalla fine del runningback Max Borghi. Altra bella partita, anche se con un punteggio più ortodosso, è stata quella tra Cal e Stanford, vinta dagli Orsi Dorati grazie ad uno scramble del QB Chase Garbers a un minuto dal termine, che ha portato al touchdown del 24-20 finale.

Nella BigXII succede tutto e niente: vince Baylor dominando Texas, che ha aggiunto ai già noti problemi difensivi un attacco del tutto anemico. Nonostante le belle prove di West Virginia e Kansas, riescono a spuntarla rispettivamente Oklahoma State (orfana, oltre che del ricevitore Tylan Wallace, anche il quarterback Spencer Sanders) e Iowa State. Vince, pur senza convincere troppo, Oklahoma, anche se il 28-24 finale non rende giustizia a dei Sooners che hanno guadagnato ben 307 yard complessive in più dei loro avversari, TCU. Ottima la prestazione del runningback Jalen Hurts (173 yds e 2 TD), meno quella del quarterback Jalen Hurts (11/21, 145 yds, 2TD e 1INT). Oklahoma pareva essere totalmente fuori dal discorso playoff, ma la sconfitta dei Ducks li ha chiaramente rimessi in corsa, e in caso di sconfitte di Alabama con Auburn, Georgia con LSU e Utah con Oregon – improbabile, ma non impossibile – potrebbero rientrare nelle magnifiche 4.

Ultima, ma non ultima, la ACC, dove, glissando per rispetto del nostro amico Guido sulla prestazione degli Hurricanes, vanno segnalate la vittoria per 39-27 di Wake Forest su Duke e la non competitiva tra Virginia Tech e Pitt, che ha visto gli Hokies demolire i Panthers 28-0 nell’ultima gara al Lane Stadium del leggendario difensive coordinator Bud Foster, che lascia gli Hokies nel migliore dei modi: senza subire punti e concedendo solo 177 yard a Kenny Pickett e compagni.

Chiudiamo con due parole su quella che è stata, a posteriori, la vera “partita della settimana”, ossia lo scontro nella Ivy League tra Yale e Harvard, partita difficilmente riassumibile. Basta dire che a vincere è stata Yale (che si porta a casa il titolo di conference) dopo essere stata sotto di 19 punti nel corso della gara e, soprattutto, di 14 fino agli ultimi 90 secondi di regolamentari. Due overtime son serviti per portare la W al college di New Haven, in una delle partite più particolari nella storia lunga 144 anni di questa rivalità. Durante l’intervallo c’è stata una protesta studentesca sul bollente argomento dei cambiamenti climatici, con annessa invasione di campo, che ha logicamente prolungato la pausa. I due supplementari hanno protratto ulteriormente la sfida che si è conclusa nella penombra del Yale Bowl (impianto privo di sistema di illuminazione) un quarto d’ora dopo il tramonto. Un terzo supplementare, probabilmente, non si sarebbe potuto giocare.

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