[NFL] Week 7: Miami Dolphins vs Buffalo Bills 21-23
La vendetta di Dan Carpenter.
Tagliato in offseason dai Dolphins per un rookie, scartato da altre due squadre nello spazio di poche partite ed infine approdato a Buffalo, il kicker si è preso la sua rivincita alla prima occasione, in barba a quelli a cui “piace fredda”. A 33 secondi dalla fine, con un calcio da 31 yards (dopo averne messi altri due, uno da 39 e uno da 20), ha così condannato la sua ex squadra alla terza sconfitta di fila e dato ai suoi compagni la terza vittoria. E tutto ad accorciare molto la classifica nella AFC East.
I Bills, beninteso, non hanno vinto solo per i calci di Carpenter. Hanno vinto perchè hanno giocato complessivamente bene, regolari e solidi durante tutta la partita e, seppure senza grossi acuti, non hanno sbagliato quasi nulla. E hanno vinto anche perchè i loro avversari hanno fatto più o meno l’opposto, giocando bene la parte centrale e molto male l’inizio e la fine, entrambi fatali. L’inizio è quello che ha permesso a Buffalo di andare subito sopra 14-0 e obbligato Miami a giocare tutta la partita in rimonta, la fine è quello che ha impedito di portare a termine il recupero e consentito ai Bills di vincere allo scadere.
Onore ai Bills, dunque. Come detto, poco di quello che i giocatori di coach Doug Marrone hanno fatto in campo è stato spettacolare, ma quello che ha impressionato è stata la costanza di rendimento durante tutta la partita. Come un disco che inizia suonare ad un volume che rimane sempre lo stesso fino alla fine; o, magari, salendo leggermente di tono nel finale, come ha fatto in questo caso Mario Williams. Il suo sack su Ryan Tannehill a metà del quarto periodo, ridicolizzando il tackle Tyson Clabo per piombare a tutta forza sul quarterback impotente è di quelli che saranno visti e rivisti nel tempo. E fa il paio con quello seguente in cui, a tre minuti dalla fine, ha strappato il pallone a Tannehill dando il via al drive che darà la vittoria ai Bills. Ce n’è a sufficienza per dare al defensive end ex-prima scelta assoluta un simbolico titolo di MVP. Alle sue spalle, l’ennesima menzione d’onore va a Thad Lewis, che continua a stupire in positivo. Non siamo al punto di rimpiangere di aver speso una prima scelta su EJ Manuel, perchè il potenziale dei due quarterback è comunque ben diverso, ma Lewis (quarto anno nella NFL e primo a Buffalo, con i primi due passati tutti sulla sideline) sta bene impressionando per come tiene il campo: contro i Dolphins, alla sua seconda partita da titolare, ha chiuso con 21 completi su 31 tentativi (65,6%) e, anche se in presenza di 1 intercetto e nessun touchdown, sembra chiaro che il ruolo più importante in campo, in attesa del rientro di Manuel, consente una discreta tranquillità al coaching staff. Al quale va fatta una doverosa terza menzione: il roster di Buffalo non è forse all’altezza di quello di altre squadre NFL, ma l’impressione è quella di una squadra che se la può giocare alla pari con tutti. Sintomo chiaro di una squadra bene allenata.
Per i Dolphins, d’altro canto, questa sconfitta è pesante, per diversi motivi. Perchè arrivata in casa, contro una rivale divisionale, sulla carta considerata come inferiore e in una partita che, proprio per questo motivo, andava vinta. Perchè arrivata dopo la giornata di riposo, quindi dopo aver avuto due settimane di tempo per prepararsi alla sfida e studiare i problemi emersi. E perchè annulla del tutto l’effetto dell’ottima partenza con tre vittorie di fila: effetto soprattutto psicologico ma anche di classifica, visto il sorpasso operato dai Jets ed i problemi – inattesi – dei Patriots di quest’anno.
E dire che contro Buffalo alcuni dei problemi più grossi che tormentano coach Joe Philbin erano apparsi quasi risolti: il running game, ad esempio, ha funzionato insolitamente bene e, per la prima volta quest’anno, Miami ha guadagnato più di 100 yard sulle corse. Che non sarà chissà che cifra ma, per chi viaggiava a meno di 70 yards di media, è comunque qualcosa. Daniel Thomas (12 corse per 60 yards) è andato meglio di Lamar Miller (9 corse per 43 yards) ma nel totale di quest’ultimo c’è anche una singola corsa da 30 yards che, oltre ad essere il gioco di corsa più lungo della stagione, all’inizio del secondo quarto ha propiziato il touchdown del 7-14 con cui i Dolphins hanno iniziato la rimonta (bel passaggio da 7 yards di Tannehill – il primo dei suoi 3 – per il TE Charles Clay).
E se il gioco di corsa ha funzionato vuol dire che anche la linea offensiva ha giocato bene. In efftti, per gran parte della gara il reparto ha funzionato bene, non solo aprendo dei bei varchi per Thomas e Miller ma anche proteggendo efficacemente Tannehill al quale non deve essere sembrato vero di non subire neanche un sack per quasi tutta una partita. Già… quasi. Perchè proprio alla fine c’è stato il crac.
A 10 minuti dalla fine, palla in mano e avanti 21-20 sembrava che la rimonta dei Dolphins fosse completata. Bastava far correre il cronometro, con il running game che stava funzionando, mettere magari un calcio e poteva essere fatta. Invece, per colpe della linea o meriti di Mario Williams (o, probabilmente, entrambi) tutto è finito come si sa. Ryan Tannehill si è preso altri due sack (totale annuale: 26), i Dolphins hanno perso un’altra partita e i processi, in un ambiente come Miami tanto esigente quanto provato da anni di mediocrità, sono subito ripresi, noncuranti di tutto il positivo che questa squadra ha comunque fatto e sta facendo.
Nel frattempo è stata trovata una soluzione tampone inviando una settima scelta ai Ravens per il LT Bryant McKinnie, che non sarà più il giocatore di qualche anno fa ma forse, nella linea di Miami, qualcosa può ancora dare. E poi, di fronte alle immagini del sack concesso da Clabo, qualcosa andava fatto, anche solo per tenere buona la piazza. Già contro i Patriots probabilmente più in difficoltà dell’ultimo decennio si vedrà se è stata solo una mossa disperata.
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