[SB XLV] SuperBowl Memories (le mie…)

sb 45Un racconto sull’attesa della partita che vale un anello e il Vince Lombardi Trophy.
Come ogni anno ci siamo.
Una delle poche tradizioni di un paese che non ne ha troppe altre sta per officiare il proprio rito annuale. Il grande evento coi numeri romani sta per essere servito al miliardo e mezzo di spettatori che domenica prossima calibreranno la propria giornata sulle sei pomeridiane della costa orientale. Pittsburgh Steelers contro Green Bay Packers. Non sono coinvolto come tifoso, mi auguro solo di vedere una bella partita combattuta. E se possibile senza infortuni per nessuno.

Domenica sarà il mio ventisettesimo SuperBowl in diretta (o quasi) consecutivo. Il primo, che non si scorda mai. I Redskins che sconfissero i Dolphins 27-17 al RoseBowl di Pasadena. John Riggins che si trascina dietro Don McNeal nell’azione che finì nella cover di Sports (Power And Glory).

Il primo (e unico) SuperBowl da tifoso: il XIX, allo Stanford Stadium di Palo Alto. Un inizio promettente, ma poi i Fortyniners, troppo più forti, ci schiantarono 38-16. E il grande Marino, solo 23 anni all’epoca, non avrebbe più avuto una seconda chance. Sport crudele.

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I ricordi sono tanti, ormai. Alcuni anche legati a momenti tragici della vita personale, ma altri che nel tempo si sono accumulati, hanno costruito una specie di epos tutta particolare, limitata allo sport che adoro sopra ogni altro con pregi e difetti.

Il SuperBowl nella mia testa è una serie infinita di istantanee.
Il “tutto troppo scontato” di Brady e dei Patriots degli ultimi anni, che mi lasciavano lì a rodermi le mani di invidia sportiva, ma tanto di cappello. La storia impossibile di Kurt Warner, da fattorino al supermarket al tetto del mondo in un anno e mezzo, e le lacrime dell’immenso Dick Vermeil dopo la partita. I Cowboys di Jimmy Johnson negli anni 90, una macchina perfetta in attacco e in difesa, mai in difficoltà. I trionfi di Joe Montana, sia quelli facili che quelli strappacuore. La strategia impeccabile di Joe Gibbs e dei suoi Redskins. Bill Parcells e i Giants, capaci di vincere sia dominando che per un errore altrui all’ultimo secondo in una delle più belle partite mai viste. John Elway, che a 37 anni e con una immeritata nomea di perdente arriva a chiudere la carriera con due trionfi di fila, giocando una delle azioni più famose dell’intera storia del football (vedere qui). Gli Steelers, che non mollano mai nulla e ci sarà un motivo se nessuno ha più titoli di loro.

E le lacrime vere di chi perde. Venendo dominati dagli altri, così che se ne prende consapevolezza nel tempo, come una morte lenta. O con pochi secondi sul cronometro, come il fulmine dal cielo. Negli ultimi anni molte partite si sono risolte così. Veri e propri heartbreakers. E finchè non sono direttamente coinvolto come tifoso (campa cavallo…) sono quelli che gradisco di più.

E allora pronti per domenica, solita configurazione domestica. Cercherò di accumulare qualche ora di sonno in più nel pomeriggio e da un certo momento in poi si inizierà ad immettere il giusto quantitativo di caffeina che mi terrà sveglio per tutta la notte, accucciato sotto la coperta sul divano. Non è facile che mi perda quella partita. Quando negli ultimi anni è diventata un po’ più “complessa” come accesso televisivo, non mi sono perso d’animo. Prima con Internet, a vedere Peyton Manning che massacra i Bears piano piano. Il top nel 2008, quando mi gustai l’indimenticabile Giants-Patriots in trasferta insubre, a casa di G, trattenendo l’urlo del trionfo alle 4:20 di mattina al TD finale di Burress. Abbraccio muto con M, ma con sguardi che dicevano anche troppo. E la sera, poche ore prima dell’incontro, in una passeggiatina per una Milano abbastanza fredda, cercavo di spiegare a V che non ci vedevo nulla di anormale nel prendere il treno alle 7 di mattina da Roma, andare a Milano, tirare notte per vedermi la partita con gli amici sperando che il cugino Gastone almeno per una volta perdesse, e ritornare con comodo a Roma il giorno dopo usando una giornata di ferie.
Non mi è parsa convintissima. Sarà…

Mauro

T.Shirt e tazze di Huddle Magazine Merchandising

Mauro Clementi

Curioso esempio di tifoso a polarità invertita: praticamente un lord inglese durante le partite della Roma, diventa un soggetto da Daspo non appena si trova ad assistere ad una partita di football. Ha da poco smesso lo stato di vedovanza da Marino. Viste le due squadre tifate, ha molta pazienza.

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